Di armonia risuona e di follia
- Autore: Eugenio Borgna
- Genere: Psicologia
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2012
Un traguardo di maturità civile potrebbe essere questo: superare il pregiudizio che accompagna la malattia mentale. La follia ha risvolti meno eclatanti di quelli spacciati, di solito, dai media e hanno tutti a che vedere con le infinite sfumature del dolore.
Anna: “Non voglio guarire, si voglio guarire, ma non guarisco. I bambini vengono a casa, e io non so più che cosa fare. Non bolle nemmeno più l’acqua. Tutta una confusione. E’ una disperazione, è un caos”.
Raffaele: “Sono stato a letto tre giorni, sentivo voci che mi parlano e mi dicevano cose assurde: erano i cantautori più famosi ed era la regina Elisabetta (…) Quando accadevano, queste cose mi sembravano più reali del reale, anche se a tratti mi rendevo conto che erano cose assurde”.
Il nuovo saggio che Eugenio Borgna dedica alle espressioni della sofferenza interiore (“Di armonia risuona e di follia”, Feltrinelli, 2012) è pieno di racconti così, estratti da esistenze comuni e straordinarie, legature di un filo rosso chiamato a tracciare le immagini, le coordinate, le diverse “realtà” della follia. Per metterla in slogan: la malattia mentale vissuta e quella rappresentata.
E’ sulla scorta di questo obiettivo che lo psichiatra “fenomenologico” - già autore per Feltrinelli dei basilari “Malinconia” e “Come se finisse il mondo”- si muove, una volta di più, tra gli abissi delle fratture dell’anima; col sostegno di quelle opere (letterarie, pittoriche, filosofiche, poetiche) che, col tempo e nel tempo, hanno riconsegnato un’immagine “altra” e più autentica della psicosi e/o della neuropatia.
Come in una fulgida e lancinante galleria di ritratti (“clinici”) si susseguono dunque, nelle pagine di Borgna, i pensieri e gli scritti di Kierkegaard e di Nietzsche, di Paul Celan e di Virginia Woolf, di grandi mistiche come Teresa D’Avila e grandi registi come Ingmar Bergman: psicologie fiammeggianti, acuti narratori dello straniamento interiore per averne sperimentato fardello e affanno in prima persona.
“Solo se si seguono sentieri diversi da quelli abituali - scrive lo psichiatra - è possibile guardare alla follia con occhi rinnovati dalla esperienza mai finita del dolore, dalle letture dei testi non solo psicopatologici ma poetici e filosofici, dalle intuizioni improvvisamente riemergenti della vita dal mettere fra parentesi ideologie, e tradizionali modi di pensare”.
L’esperienza psicopatologica - nelle sue molteplici discendenze e diramazioni - ci è prossima più di quanto ci piaccia pensare: è un “altro” modo di stare al mondo, di “essere” nel mondo; caso per caso, volta per volta, può essere tutto/niente, bene/ male, frattura interiore, anticamera di percezione artistica e dis-percezione individuale, accesso creativo e abisso di dolore.
Questa nuova indagine di Borgna ha il coraggio, una volta di più, di accompagnarci sulla soglia, quindi fra i meandri, delle “ferite dell’anima”, senza parafrasi né infingimenti, ma assegnando al “vissuto” del dolore il sostegno della comprensione, passo inalienabile per un suo possibile superamento. Una lettura irretente, piacevolmente trasversale (un po’ clinica, un po’ filosofico/letteraria), che riflette e fa riflettere, e con la quale sarebbe utile venire a patti, per rischiarare alquanto alcune delle nostre zone d’ombra ontologiche, prima ancora che psicologiche.
Di armonia risuona e di follia
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