Di chi è la colpa
- Autore: Alessandro Piperno
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2021
Uno scrittore romano affermato, Alessandro Piperno, che nei suoi precedenti romanzi ha dato prova di conoscere a fondo i meccanismi della scrittura, di sapersi muovere con l’abilità dell’accademico (è professore di francese) nel mondo della letteratura europea, di cui si serve a piene mani nelle citazioni che riempiono le pagine dense e ricche dei suoi romanzi. Non fa eccezione il suo nuovo libro, salutato dal pubblico con curiosità e interesse. Di chi è la colpa (Mondadori, 2021) è un successo, lo sento dire dai tanti amici che l’hanno letto, ma anche se concordo in linea di massima con un giudizio largamente positivo, tuttavia ho colto nel romanzo qualche nota che non mi ha convinto, qualche difficoltà che lo scrittore mostra nell’architettura complessiva del romanzo a farsi capire fino in fondo. Forse perché il libro è troppo lungo, pieno di dialoghi, personaggi, descrizioni, divagazioni, riflessioni che talvolta rischiano di far perdere il lettore nel labirinto dei tempi della storia, dove si incrociano passato e presente delle due vite, ben separate, che hanno caratterizzato la vita del narratore.
Troviamo il bambino protagonista in una casa in periferia, con i genitori, diversi, lontani. Un bambino timido, che subisce a scuola episodi di emarginazione e violenza a cui non sa reagire. La madre è una donna solida e razionale, severa, apparentemente priva di radici, di amicizie, di parentele. Il padre è una sorta di bellimbusto, incapace di un vero lavoro, un fallito che mette la famiglia a rischio, incapace di provvedere al suo decoroso mantenimento.
Un giorno questa situazione subisce un radicale mutamento: ci si veste con eleganza per partecipare a una cerimonia ebraica, Pesach, di cui, apprende con sorpresa il ragazzo, sua madre è un membro importante anche se autoemarginato. È in quell’occasione che lo sbalordito narratore incontra le due persone che caratterizzeranno la seconda parte della sua vita: la cugina Francesca, bella, misteriosa, fascinosa, colta, e lo zio Gianni, una sorta di capoclan che diventerà il mentore, l’arbitro di eleganza mondana e di savoir faire, il protettore potente del giovane nipote quando un avvenimento drammatico ne trasformerà radicalmente l’esistenza.
Sua madre infatti muore, cadendo dalla finestra, in seguito all’ennesima lite con il marito, che viene accusato di averla spinta. Dopo questo giallo inquietante e scandaloso, il narratore/autore, si noti la difficile separazione fra le due voci, viene praticamente adottato dallo zio Gianni, che lo forgia a sua immagine, insegnandogli un modo di vivere altro borghese e rendendolo parte della grande famiglia Sacerdoti, dove ipocrisia, dissimulazione, doppia morale non mancano, insieme a una grande ricchezza e a un potere sociale indiscusso.
Dopo un viaggio a New-York, dove lo zio mecenate ha accompagnato tutti i nipoti, il giovane narratore fa in tempo a innamorarsi perdutamente di Francesca, spregiudicata e insolente, e a vivere una vera e propria educazione sentimentale, che lo renderanno del tutto omologo al gruppo dominante della nuova famiglia. La scuola cattolica dove viene iscritto sarà l’occasione per Piperno di raccontarci una Roma opulenta, ignorante, dissipata: entrano in scena altri personaggi, l’aristocratica Sofia, con cui il protagonista stabilisce una relazione intima, di cui ci viene fornito un ritratto straordinario, tra birignao aristocratico, erre blesa e turpiloquio da camionista; la coppia frequenta anche Federico Montenuovo, nobile proprietario di un casale presso l’Argentario dove i rampolli della Roma dei ceti privilegiati passano giornate oziose, alla vigilia degli esami di Maturità; Patrizio, cafone e ricchissimo, arrampicatore e sgradevole, passa dalle saune ai locali alla moda, Gilda, Jackie O’, occhieggia senza ritegno le giovani pulzelle romane dai nomi delle antiche matrone, Flavia, Lavinia, Lucrezia.
Ma oltre a un efficacissimo spaccato che ricostruisce una Roma anni ‘90 del secolo scorso in cui pezzi di società vengono narrati con il piglio del grande narratore, dotato di una capacità straordinaria nell’uso della lingua che passa da un registro all’altro, dal parlato quotidiano infarcito di forme dialettali e turpiloquio a una raffinatissima lingua letteraria, Piperno ci dice anche molto altro. Nella parte finale del romanzo, il capitolo intitolato “Diritto al risarcimento”, lo scrittore che fa parlare il suo protagonista in prima persona, che per tutto il corso della narrazione ha espresso solo il suo personale punto di vista, incontra finalmente, dopo quasi quaranta anni, Francesca, che ha scelto di vivere in Israele. E lei, mentre i due si aggirano nel cimitero del Verano, di fronte alle grandi cappelle gentilizie ornate della stella di David, gli dirà finalmente la verità, accusandolo di aver abbandonato la propria identità di ragazzo curioso, entusiasta, delicato per diventare “un damerino snob e schifiltoso. Uno stoccafisso arrogante. Un Sacerdoti della peggior risma".
"Cos’è stato? Il lavaggio del cervello di zio Gianni? Quel fasullo!”
Fare i conti con se stesso e il proprio passato, affrontare le proprie radici familiari, confrontarsi con due ceppi familiari opposti, con un passato atroce da rimuovere, rivedere il proprio rapporto con la scrittura e la professione di scrittore, con la società, con il sesso, con gli amici, con la propria vera vocazione e la propria città: c’è tutto questo nel romanzo, c’è dramma e ironia, c’è ricchezza e miseria, c’è emarginazione e inclusione, c’è un rapporto difficile con la religione e con l’ebraismo, con la giustizia.
La capacità psicologica di introspezione rende alcune pagine di questo libro davvero preziose, anche se qualche ridondanza nelle parti descrittive non sempre gioca a favore della sua efficacia.
Mi piace da ultimo ricordare la citazione da Tolstoj che Piperno pone in esergo al suo romanzo: “Dove si giudica, non c’è giustizia”, che sembra riassumere in appena sei parole il succo della storia nella sua parte più intimamente profonda.
Di chi è la colpa
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Complimenti a Elisabetta Bolondi per aver scritto di un libro complesso e pieno di sottotrame come Di chi è la colpa di Alessandro Piperno. A un certo punto giustamente lo scrive la "veterana" di Sololibri che un libro sostanzialmente fatto di due parti, in cui nella prima si parla di una famiglia che ora verrebbe chiamata "disfunzionale", un figlio adolescente che giorno dopo giorno si deve adattare al silenzio dei suoi genitori e agli improvvisi scatti di rabbia del padre, peraltro amatissimo dal figlio che racconta la storia in prima persona e di cui non conosciamo il nome di battesimo. Un amore quasi viscerale , dal momento che l’adolescente ha timore di avvicinarsi alla madre, che porta con sé i germi di una disperazione che si è acuita di giorno in giorno e la seconda parte del libro dove il narratore fa un viaggio a New York con i nuovi parenti, capeggiati dallo zio Gianni Sacerdoti, scapolo e amante del lusso che nel corso del tempo si trasformerà in un uomo morigerato e religioso, consapevole di aver viziato troppo questo "nuovo" nipote, figlio dell’amatissima Gabriella Sacerdoti, che da giovane era un piccolo genio. Stiamo parlando, ovviamente, della madre dell’adolescente "viziato", Gabriella appunto che avrebbe potuto lavorare nel mondo accademico dell’Università di Roma, una ragazza tanto intelligente quanto passionale, che si innamora di un non ebreo, bellissimo, pieno di progetti futuri un po’ fumosi, di natura passionale anche lui come la futura moglie, che per lui mette da parte la sua famiglia con un taglio netto, definitivo. Ecco che Elisabetta Bolondi lo scrive chiaramente che due libri in uno, per non parlare delle divagazioni del Narratore rendono la lettura di questo romanzo quasi "proustiano" di non facile accessibilità, dove l’attenzione per le sfumature è essenziale per non perdere il filo di una trama che si fa via via più complicata, con le diverse mutazioni caratteriali del Narratore stesso.
Solo l’abitudine della Bolondi di leggere moltissimo e da sempre riesce a sbrogliare la matassa, nondimeno avverte il lettore di trovarsi in un romanzo pieno di colpi di scena, dove anche lo stile di scrittura varia nel tempo ( l’ossessione del tempo che passa portando novità ma anche sciagure, spiegano l’amore assoluto di Alessandro Piperno per le opere e la vita di Marcel Proust).