Di figlio in padre
- Autore: Manuel De Sica
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2013
“Entra in Arte!”. Con questo consiglio l’impiegato in Banca d’Italia (nell’animo una vocazione inarrestabile d’attore) Umberto De Sica decise il destino del figlio Vittorio quando quest’ultimo nel 1923 si trovò di fronte a una scelta epica. Il giovane Vittorio, che possedeva il sacro fuoco della recitazione avrebbe dovuto accettare di lavorare in banca o piuttosto
“entrare in Arte con una grande attrice russa che mi offre per ora un posto di comparsa?”.
Questo episodio è uno dei tanti che costellano il volume, “un mix tra biografia, aneddoti e saggistica” scritto dal figlio primogenito di Vittorio De Sica, Manuel, compositore, autore di musica sinfonica, da camera e di più di cento colonne sonore composte per il cinema.
“I miei film migliori rimarranno in tutte le cineteche del mondo”
Da qui è partita l’idea dell’autore di creare nel 1994 l’Associazione Amici di Vittorio De Sica della quale è presidente, che si occupa di recuperare, restaurare, preservare e conservare le opere paterne “quei film che papà credeva sarebbero stati eterni”.
“Motore... partito... ciak... azione!”
È la frase d’inizio che conduce il lettore alla scoperta dell’uomo De Sica (1901 - 1974) che si considerava un regista – operaio, per il quale “recitare era una passeggiata” e che ha scritto una pagina immortale del cinema.
“Sono nato a Roma nel 1949 a Villa Margherita, l’anno successivo all’uscita nelle sale (e immediato rientro) di Ladri di biciclette”.
In omaggio alla madre, l’attrice catalana Maria Mercader (1918 – 2011) (“uno spirito nomade”), De Sica volle battezzare suo figlio con il nome di Manuel “con l’ispanico accento sulla e”. El primero (come lo chiamava la nonna materna), figlio maschio di Vittorio, “ero un figlio clandestino, in quanto nato da un’unione clandestina”. De Sica era sposato con l’attrice Giuditta Rissone dalla quale aveva avuto una figlia legittima, Emilia detta Emi (”è quella che ha più spiccato il senso della comicità”,) quindi Vittorio oppresso da un forte senso di colpa nei confronti di Emi “si costrinse a trascorrere, per tanto tanto tempo, una notte da lei e una da noi”. Un tour de force necessario, perché le due famiglie di De Sica dovevano restare separate, una a Roma Nord ai Parioli, l’altra a Roma Sud all’Aventino in un grande appartamento dove Vittorio, Maria Mercader e Manuel si erano trasferiti dopo la nascita nel 1951 del secondogenito Christian.
De Sica e la Mercader (“una donna bellissima, madre a modo suo; ma soprattutto, una vera compagna di vita e di cinema di mio padre”) si erano conosciuti a Cinecittà quando un violento incendio negli stabilimenti cinematografici aveva costretto i due attori a fuggire dai rispettivi teatri di posa nei quali stavano girando. Quando i loro occhi s’incrociarono
“nel cuore di papà eruppe un incendio amoroso mille volte più violento di quello in atto”.
Da quel momento Maria Mercader che aveva la “mirada fuerte”, “l’occhio lungo”, attrice per caso, necessità e non per vocazione, avrebbe dedicato tutta la sua vita a De Sica seguendolo ovunque, nel bene e nel male. Di Vittorio Maria amava la bontà, l’ingenuità e soprattutto la gentilezza. Un uomo dal talento eccezionale che ha interpretato più di cento film, (4 Oscar, Orso d’Oro a Berlino, Palma d’Oro a Cannes), tutto per mantenere le sue tante tribù oltre ai debiti di gioco (il vizio del gioco era il demone di Vittorio, il suo lato in ombra) e che seppe utilizzare la parte più profonda del suo genio realizzando film che resteranno impressi per sempre nell’immortale pellicola del tempo:
- I bambini ci guardano (1943) “uno dei più profondi saggi sulla sensibilità infantile a contatto con il mondo degli adulti”,
- Sciuscià (1946) primo Oscar a un film straniero,
- Ladri di biciclette (1948),
- Miracolo a Milano (1953),
- Umberto D. (1952), il film più amato dedicato al padre, definito dalla critica straniera “il film dei film”, dramma della dignità calpestata,
- L’oro di Napoli (1954),
- Il tetto (1956),
- La ciociara (1960), acclamatissimo,
- Matrimonio all’italiana (1964) dove la coppia Marcello Mastroianni/Sophia Loren fornisce “una delle prove più autentiche della loro arte recitativa”,
- Il giardino dei Finzi Contini (1970), la cui colonna sonora è stata scritta da Manuel,
- Il viaggio (1974), l’ultimo diretto da De Sica.
Memorabili le interpretazioni di Vittorio che dovette subire tra il 1943 e il 1956 insuccessi e ostracismi politici in Italia, mentre la critica estera gli rendeva omaggio, basti pensare alla fortunata serie di pellicole Pane e amore incentrata sulla figura del Maresciallo dei Carabinieri Antonio Carotenuto, tombeur de femmes dal cuore d’oro, mentre l’unica interpretazione drammatica di De Sica è quella de Il generale Della Rovere (1959) di Roberto Rossellini. Da I bambini ci guardano, il regista
“ha narrato, supportato dalla forza e dall’originalità della penna di Cesare Zavattini, la condizione umana fin dentro le sue più sottili venature”.
“Il mio primo rapporto con papà non è stato facile. È stata la musica molti anni dopo ad avvicinarci”
confessa Manuel in questa biografia che è anche un’autobiografia scritta “per liberarmi da una serie di angosce” che possiamo considerare come la trasposizione letteraria della mostra Tutti De Sica che si può visitare a Roma presso l’Ara Pacis fino al 28 aprile prossimo. “Il narratore più grande? De Sica!”. Parola di Cesare Pavese.
- Vedi anche: Intervista a Manuel De Sica
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Ho conosciuto Manuel De Sica, nel marzo del 2005, dopo una Sua conferenza a Siena e ne serbo un piacevole ricordo.
Domani 9 maggio, spero di rivederLo per la presentazione del
Suo libro, all’Hotel Continental di Siena
La recensione che ho letto è ben scritta, essenziale nei particolari, molto aderente al volume. Direi che è valida per forma e contenuti e desta curiosità in coloro che ancora non hanno comprato il libro.
Grazie per averla scritta e per l’attenzione al mio misero giudizio critico.
M. Teresa Santalucia Scibona