Di te m’inebrio. Calabria. Appassionante, decadente, strabiliante
- Autore: Giuseppe Viggiani
Il verbo inebriarsi, in tutte le sue varie accezioni, rimanda a termini diversi, come passione, entusiasmo, rapimento, tutte sensazioni fisiche ed emotive al contempo.
Il sentiero fra boschi e cielo, nell’immagine di copertina, guiderà il lettore in un percorso d’amore… per luoghi, persone ed ideali.
La dedica è struggente ed esprime il profondo senso di perdita, dell’amico scomparso e delle illusioni infrante. Bellissime immagini di luoghi incontaminati accompagnano il racconto, arricchendolo e completandolo.
Sin dalle prime pagine, si avverte, nel periodare, la profonda conoscenza dei luoghi e del mestiere di scalatore. Silenzio, echi lontani, il mare all’orizzonte; l’aquila reale, imponente e vicina, quasi presagio …Immagini ed emozioni irripetibili, eterne!
Ammirazione e stupore, lo sguardo si perde seguendone il volo, migrano, i rapaci, padroni del cielo! E l’uomo, rispettoso e rapito, fermo in paziente silenzio, scrutando cielo e orizzonte, in lunghe attese, inebriandosi di voli, corteggiamenti, rituali.
Non solo il cielo regala emozioni, lo spettacolo continua, fra un frinir di cicale e la lenta e ordinata passeggiata delle tartarughe, nel ristoro dell’ombra fra mezzogiorni infuocati.
Una natura in tripudio, dove fauna e flora si fondono, in un magico canto al Creato!
E poi le fiumare, la loro forza scatenante, che tutto annienta e tutto porta via, le fiumare e la loro memoria, che al mare tutto riconduce.
Alberi divelti, alberi appesi alle rocce, il volteggiar di falchi e l’ampio volo dei gabbiani, rivelatori della presenza di Nettuno!
Un paesaggio aspro, mutevole, per frane, smottamenti e fiumare, la natura cangia, si tramuta, una strada muore, un lago nasce!
Luoghi romiti e mirabili, dove Flora e Fauna sono incontrastate signore.
….Finché il miraggio si attenua; uomini signori dei luoghi, attenti e vigili, a riconoscer nuove presenze, si accorgono del gruppo curioso, manifestando il loro potere.
Ma l’escursione continua, fra lecci, faggi e prati fioriti, con nuovi incontri e rinnovate emozioni; un’amorevole coppia di aquila reale nutre i suoi piccoli.
Quando si giunge a La casa di Aldo, l’andamento del racconto sembra farsi più lento, più meditativo, quasi ad omaggiarne il privilegiato rapporto con la Natura e le sue molteplici forme.
E’ lui che ora prende la parola, a raccontar di avvistamenti ed emozioni, lui e la Natura, in comunione!
E il viaggio continua, fra lecci, pini loricati e rocce brulle, accompagnati dal frullio d’ali delle coturnici, che si rispecchiano nella pozza d’acqua dove tartarughe palustri prendono refrigerio.
Aldo racconta di paesaggi lontani nel tempo, di voli e canti d’uccelli che non si incontrano più, quando gli stagni son divenuti banchine per barche da diporto!
E la foce, luogo mirabile, paradiso di uccelli selvatici, le cui grida sembrano chiamarlo e riconoscerlo, circondandolo per rendergli omaggio, ed accoglierne l’anima, nel suo ultimo volo!
Dieci anni son passati; i pensieri si confondono, non ci sono telecamere, non ci sono soste, il nido abbandonato, la cascata scomparsa, il bosco tagliato. Segnali e presagi.
Il bosco si dirada sempre di più, per il taglio dissennato che uomini ingordi e poco lungimiranti stanno apportando a vaste aree boschive.
Emerge forte, in queste pagine, lo sconforto e lo sdegno per lo scempio che si sta facendo della natura, per scopi di lucro ed urbanizzazione.
Amarezza e rabbia; l’animo, aperto e attento al “genius loci” si ribella alla nuova violenza, l’udito, avvezzo al frinir di cicale e al brusio delle fronde, rigetta lo stridio ed il frastuono di seghe ed escavatori; la vista, ferita dai mutati orizzonti, non riconosce la fisionomia dei luoghi.
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