Diario della Grande Guerra. 15 giugno 1914-31 dicembre 1916
- Autore: Mario Roatta
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mursia
- Anno di pubblicazione: 2022
Sei metri lineari di atti, carteggi, appunti, diari e fotografie: per volontà dello stesso estensore, l’archivio documentale del generale Mario Roatta è rimasto occultato a Roma e reso inaccessibile per mezzo secolo dopo la sua morte. Solo qualche anno fa Francesco Fochetti ha ottenuto dai familiari il permesso di riordinare e rendere pubblico quel patrimonio storico.
Il ritrovamento, grazie alle informazioni raccolte dallo stesso dirigente archivista e all’assenso dei discendenti, è un’importante scoperta, che ha meritato la Dichiarazione di notevole interesse storico per il materiale, ora a disposizione dei ricercatori. Fochetti sta procedendo al riordino e ha già curato la pubblicazione delle note diaristiche di Roatta relative ai giorni dell’armistizio del 1943, vissuti da Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito (Diario. 6 settembre-31 dicembre 1943, Mursia, 2117). Nel 2018, sempre la casa editrice milanese ha riproposto il memoriale difensivo del 1955 Sciacalli addosso al S.I.M. e ora aggiunge questo diario di alcuni mesi della Grande Guerra, affrontata da ufficiale subalterno: Diario della Grande Guerra. 15 giugno 1914-31 dicembre 1916, volume in prima edizione nel 2022, per quasi quattrocento pagine e con cinque inserti di fotografie inedite in bianconero, della guerra in Carnia e della missione militare in Albania.
Il presidente della Società italiana di storia militare, Virginio Ilari, insiste nella prefazione sul valore di un documento notevole non tanto per l’annotazione quotidiana delle vicende di un giovane capitano su vari fronti, ma per i commenti e le integrazioni successive, inizialmente a distanza di tredici anni dalla Grande Guerra e definitivamente nei primi anni Cinquanta, quando si trovava in Spagna, esautorato da ogni carica militare.
Nato a Modena nel 1887, seguì la carriera del padre, ufficiale di origine piemontese. Frequentata l’Accademia, sottotenente di fanteria nel 1906, dopo la scuola di guerra Mario entrò col grado di capitano nello Stato Maggiore dell’Esercito. Dal 1915 combatté sul fronte italiano e francese, ottenendo la promozione a tenente colonnello nel 1917 e meritando tre medaglie d’argento al valor militare. Tra i due conflitti mondiali fu addetto militare a Varsavia e Berlino (nel 1939), resse per cinque anni il Servizio Informazioni Militari (SIM), con l’intermezzo del comando delle truppe volontarie fasciste nella guerra civile spagnola. Tra i due incarichi alla testa del Regio Esercito, comandò il corpo di occupazione in Croazia. Accusato dopo l’armistizio di complicità nella morte dei fratelli Rosselli in Francia, crimini di guerra in Jugoslavia e della mancata difesa di Roma dai tedeschi nel settembre 1943, evase alla vigilia del processo e riparò nella Spagna di Franco nel 1945. Rientrato in Italia nel 1966, morì due anni dopo.
Come si apprende dallo stesso Roatta, gli appunti della Grande Guerra sono stati scritti sotto l’impressione immediata degli avvenimenti ed erano destinati a uso personale, per ricordare fatti e individui “come li aveva vissuti e conosciuti”. Per questo vi si ritrovano tracce della più grande libertà di giudizio sulla conduzione delle operazioni militari da parte dei Comandi italiani, con critiche nei confronti di superiori eccellenti.
L’inizio del conflitto, il 24 maggio 1915, lo trova convalescente dal morbillo. Il 9 giugno è al fronte, nella 17a Divisione in Cadore. Annota l’atteggiamento ostile della popolazione di un territorio già austriaco e l’avanzata guardinga, quasi svogliata dei nostri, che gli sembrano poco disposti a battersi. Incontra i primi prigionieri dell’esercito imperiale, fanti e artiglieri di fortezza: trova che abbiamo “un contegno molto più militare”. Non si avanza, sente dire che la resistenza avversaria è accanita, “ma le nostre perdite attestano qualcosa di diverso (un morto e alcuni feriti)” e ritiene che “il nemico” siano solo pochi gendarmi.
Prima, ha registrato la pessima organizzazione della mobilitazione italiana. Nell’agosto 1914, a guerra avviata dalle Potenze Centrali (alle quali ci legava ancora la Triplice Alleanza), l’Italia si era dichiarata neutrale ed erano state richiamate solo due classi, in aggiunta alla seconda categoria dell’ultima di leva. Annota però che vi erano state grandi difficoltà per vestire quella poca gente, “tanto eravamo mal ridotti e mal preparati”. I richiamati di alcuni Reggimenti di cavalleria rimasero a lungo con la sola uniforme di tela e senza gambali; centinaia di fanti ebbero uniformi turchine anziché grigioverdi. “Non eravamo assolutamente in grado di compiere una qualsiasi mobilitazione”. Sostiene che se Austria e Germania non avevano insistito per averci al fianco è perché non ci consideravano guerrieri irresistibili, ma ignoravano le pessime condizioni militari dell’Italia, perché sarebbero bastate poche divisioni austriache per metterci fuori causa in poco tempo.
Di particolare interesse le pagine sulla missione albanese, anche sotto gli aspetti geografici e sociali.
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