Donne ch’avete intelletto d’amore è una canzone che si estende fra il capitolo XVIII e il XIX della Vita Nova di Dante Alighieri.
Composta da una parte in prosa che introduce e commenta il successivo componimento in versi, essa riveste un’importanza che va al di là del valore lirico e artistico in sé.
Donne ch’avete intelletto d’amore infatti, inaugura uno stile e una materia del tutto nuovi, rompendo con la tradizione passata.
Al centro c’è Beatrice, che comincia a delinearsi come l’immortale e incorporea figura di donna angelicata che guiderà il poeta fiorentino nel Paradiso.
Analizziamo il testo del componimento poetico dal punto di vista metrico, stilistico, linguistico e critico.
Donne ch’avete intelletto d’amore: testo e parafrasi del testo di Dante
Testo | Parafrasi |
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Donne ch’avete intelletto d’amore, i’ vo’ con voi de la mia donna dire, non perch’io creda sua laude finire, ma ragionar per isfogar la mente. Io dico che pensando il suo valore, Amor sì dolce mi si fa sentire, che s’io allora non perdessi ardire, farei parlando innamorar la gente. E io non vo’ parlar sì altamente, ch’io divenisse per temenza vile; ma tratterò del suo stato gentile a respetto di lei leggeramente, donne e donzelle amorose, con vui, ché non è cosa da parlarne altrui. Angelo clama in divino intelletto e dice: «Sire, nel mondo si vede maraviglia ne l’atto che procede d’un’anima che ’nfin qua su risplende». Lo cielo, che non have altro difetto che d’aver lei, al suo segnor la chiede, e ciascun santo ne grida merzede. Sola Pietà nostra parte difende, che parla Dio, che di madonna intende: «Diletti miei, or sofferite in pace che vostra spene sia quanto me piace là ’v’è alcun che perder lei s’attende, e che dirà ne lo inferno: O mal nati, io vidi la speranza de’ beati». Madonna è disiata in sommo cielo: or voi di sua virtù farvi savere. Dico, qual vuol gentil donna parere vada con lei, che quando va per via, gitta nei cor villani Amore un gelo, per che onne lor pensero agghiaccia e pere; e qual soffrisse di starla a vedere diverria nobil cosa, o si morria. E quando trova alcun che degno sia di veder lei, quei prova sua vertute, ché li avvien, ciò che li dona, in salute, e sì l’umilia, ch’ogni offesa oblia. Ancor l’ha Dio per maggior grazia dato che non pò mal finir chi l’ha parlato. Dice di lei Amor: «Cosa mortale come esser pò sì adorna e sì pura?». Poi la reguarda, e fra se stesso giura che Dio ne ’ntenda di far cosa nova. Color di perle ha quasi, in forma quale convene a donna aver, non for misura: ella è quanto de ben pò far natura; per essemplo di lei bieltà si prova. De li occhi suoi, come ch’ella li mova, escono spirti d’amore infiammati, che feron li occhi a qual che allor la guati, e passan sì che ’l cor ciascun retrova: voi le vedete Amor pinto nel viso, là ’ve non pote alcun mirarla fiso. Canzone, io so che tu girai parlando a donne assai, quand’io t’avrò avanzata. Or t’ammonisco, perch’io t’ho allevata per figliuola d’Amor giovane e piana, che là ’ve giugni tu diche pregando: «Insegnatemi gir, ch’io son mandata a quella di cui laude so’ adornata». E se non vuoli andar sì come vana, non restare ove sia gente villana: ingegnati, se puoi, d’esser palese solo con donne o con omo cortese, che ti merranno là per via tostana. Tu troverai Amor con esso lei; raccomandami a lui come tu dei. |
O donne che sapete che cos’è l’amore, io voglio parlare a voi della mia donna, non perché creda di esaurire le lodi dovute a lei, ma [perché voglio] parlare per sfogare la mia interiorità. Io intendo dire che considerando il suo valore, Amore si fa sentire in me così dolcemente, che se io a quel punto non perdessi il coraggio, con le mie parole farei innamorare tutti. E non voglio parlare in modo adeguato all’altezza del soggetto, così da diventare insicuro per la paura; ma tratterò della sua nobiltà in modo superficiale rispetto a lei, con voi, donne e fanciulle esperte d’amore, poiché non è argomento di cui si possa parlare con altri. Un angelo si lamenta con l’intelligenza di Dio e dice: «O re, nel mondo si vede un miracolo incarnato che si manifesta in un’anima [Beatrice] e che risplende fin quassù». Il cielo, che non ha altro difetto se non che manca di lei, la chiede al suo Signore, e ogni santo chiede la grazia di averla. Solo la Pietà prende le nostre parti, in quanto Dio, riferendosi alla mia donna parla così: «O miei eletti, ora sopportate serenamente che ciò che desiderate [Beatrice] sia per quanto voglio, là [sulla terra] dove c’è qualcuno che aspetta di perderla, e che dirà nell’inferno: O dannati, io vidi colei che i beati desideravano avere con sé». La mia donna è desiderata nell’alto dei cieli: ora voglio farvi sapere della sua virtù. Affermo che qualunque donna voglia sembrare nobile, deve andare con lei, che quando cammina per strada, getta nei cuori non nobili un impedimento, per cui ogni loro pensiero diventa di ghiaccio e muore; e chi sopportasse di starla a guardare diventerebbe nobile, oppure morirebbe. E quando lei trova qualcuno che sia degno di sostenere la sua vista, quello sperimenta la sua virtù, poiché tutto ciò ella che gli dona si trasforma in beatitudine, e lo rende umile a tal punto che dimentica ogni offesa. Dio le ha fornito anche una grazia superiore, poiché chi le ha parlato non può morire dannato. Amore dice di lei: «Come può un essere mortale essere così bello e puro?». Poi la guarda attentamente, e conclude fra sé e sé che Dio intende fare di lei qualcosa di straordinario. Ha un colorito quasi simile alle perle, nella giusta misura che si conviene a una donna: essa rappresenta quanto di bello può produrre la natura; si misura la bellezza usando lei come metro di paragone. Dai suoi occhi, non appena lei li muova, escono spiriti infiammati d’amore, che feriscono gli occhi a chiunque la guardi in quel momento, e penetrano in modo che ciascuno raggiunge il cuore: voi le vedete Amore raffigurato nello sguardo, là dove nessuno può guardarla fissamente. Canzone, io so che tu parlerai con molte donne, quando ti avrò resa pubblica. Ora, dato che ti ho costruita come espressione giovane e diretta di Amore, ti ammonisco di chiedere cortesemente: «Indicatemi la strada, poiché io sono indirizzata a colei delle cui lodi sono adornata». E se non vuoi muoverti inutilmente, non restare dove ci sia gente non nobile: ingegnati, se puoi, di mostrarti solo a donne o a chiunque altro sia nobile, i quali ti condurranno là [da Beatrice] per la via più breve. Tu troverai Amore insieme a lei; raccomandami a lui meglio che puoi. |
Donne ch’avete intelletto d’amore: spiegazione del componimento
Per parlare e tessere le lodi di Beatrice, Dante si rivolge ad un pubblico selezionato, quello delle donne dal cuor gentile, le uniche in grado di comprendere ciò che sta per dire.
Ad ogni modo, fin da subito, il poeta si dice consapevole del fatto che l’arte poetica non sia sufficiente ad esprimere la perfezione di Beatrice.
La donna è talmente straordinaria che i Beati in cielo la vorrebbero insieme a loro in Paradiso, ma Dio li esorta ad attendere.
Essa deve restare ancora sulla Terra a svolgere la propria missione salvifica verso gli uomini.
La virtù dell’amata è così grande da annientare con un solo sguardo i "cor villani" e nobilitare coloro che sono degni di guardarla.
Beatrice è bellissima e una sua occhiata va dritta al cuore del poeta, quasi lo trafiggesse.
Nella parte finale, Dante si congeda e affida al componimento l’incarico di esprimere all’amata i suoi sentimenti una volta che sarà stato pubblicato.
Metrica e figure retoriche
Donne ch’avete intelletto d’amore è una canzone di endecasillabi composta da 5 strofe (14 versi per ognuna).
Lo schema rimico è ABBC ABBC CDD CEE.
La struttura consta di tre parti:
- Proemio (prima stanza);
- Trattazione (seconda, terza e quarta stanza);
- Congedo (quinta stanza).
Queste le figure retoriche presenti:
- Personificazione (o Prosopopea). È quella che si incontra con maggior frequenza nel testo (es. Amore; Canzone; Pietà si può intendere anche come Metonimia)
- Perifrasi (Tu girai parlando v.57)
- Metafora (es. io vidi la speranza de’ beati, v.28 - sta per io ho visto Beatrice; voi le vedete Amor pinto nel viso, v.55)
- Iperbole (es. farei parlando innamorar la gente, v.8; Lo cielo, che non have altro difetto / che d’aver lei, vv.19-20)
- Apostrofe (es. Donne, verso 1; Sire, verso 16)
- Antitesi (es. mal nati… / beati, v.27-28)
- numerose Anastrofi (es. i’ vo’ con voi de la mia donna dire, v.2; in sommo cielo, v.29; d’un’anima che ’nfin qua su risplende, v.18).
- Sono presenti latinismi e, in minore misura, provenzalismi e sicilianismi.
Frequenti i riferimenti alle poesie di Guido Cavalcanti e di Guido Guinizzelli (es. i’ vo’ con voi de la mia donna dire al verso 2 somiglia all’incipit del sonetto Io voglio del ver la mia donna laudare e Lo cielo, che non have altro difetto / che d’aver lei… ai versi 19-20 rimanda a Al cor gentil rempaira sempre amore entrambi di Guinizzelli).
La svolta poetica di Dante: il Canto XIV del Purgatorio e il De Vulgari Eloquentia
È Dante stesso ad indicare Donne ch’avete intelletto d’amore come la canzone della svolta nell’ambito della sua complessa poetica in continuo divenire.
Nel Canto XIV del Purgatorio vv. 50-57, il poeta fa affermare al rimatore Bonagiunta da Lecce, seguace di Guittone d’Arezzo
“i’ veggio qui colui che fore trasse le nove rime, cominciando Donne ch’avete intelletto d’amore”
al che l’aurore della Divina Commedia risponde:
"I’ mi son un che quando/Amor mi spira, noto, e a quel modo/ch’è ditta dentro vo significando"
.
A questo punto il suo interlocutore prosegue:
"Oh frate, issa veggio [...] il nodo/che l’Notaro (n.d.r. Jacopo da Lentini) e Guittone e me ritenne/di qua dal dolce stil novo ch’io odo".
In pratica, il poeta vecchio stampo, adesso che nel Purgatorio finalmente può avere una visione diretta della verità, capisce qual è il "nodo" che ha frenato i poeti siciliani e i guittoniani di qua dal "dolce stil novo" di cui sente Dante discutere e del quale Donne ch’avete ne è primo e concreto esempio.
Dante cita ancora il suddetto testo nel De Vulgari Eloquentia, stavolta come esempio di verso, composto di soli endecasillabi, da usare nello stile tragico.
Donne ch’avete intelletto d’amore: analisi della canzone
La nuova concezione dell’amore e della donna - Ma cosa cambia, in sostanza, da questo momento in poi in Dante e, nello specifico, lo distingue dagli autori a lui coevi o di poco precedenti?
Anche se gli influssi di Guinizzelli e Cavalcanti sono ancora più che evidenti Donne ch’avete, per la prima volta, assume per contenuto una nuova materia ed esprime una mutata direzione del sentimento amoroso che, come dice il critico Charles Singleton:
"s’innalza a un livello superiore a quello trobadorico" poiché "tende alla perfezione dell’amore celeste".
La definizione che ne dà Dante stesso nel passo del Purgatorio sopra citato rimanda al misticismo.
Nella canzone si assiste ad un progressivo distacco dall’amor cortese e alla contemporanea ascesa verso un amore totalmente spiritualizzato che avvicina a Dio.
Inoltre Dante non celebra la donna amata per riceverne in cambio un premio, ad esempio il saluto, ma lo fa per il puro piacere di lodarne la bellezza fisica e soprattutto, morale.
Questo mutato atteggiamento, sinonimo di sentimento del tutto disinteressato, porta con sé la naturale conseguenza di un cambiamento di stile.
Quando Dante, nel mezzo della conversazione con Bonagiunta, utilizza la formula di "dolce stil novo" si riferisce solo ed esclusivamente alla sua poesia, sottolineandone la novità che la distingue e la distanzia da quella di Guinizzelli e Cavalcanti.
Ma non solo, perché all’amore inteso come caritas corrisponde uno stato d’animo pacificato, lontano e finalmente libero dal connubio poc’anzi inscindibile amore/dolore, tipico della poetica influenzata da Cavalcanti.
Da qui deriva anche la scelta di rivolgersi non più direttamente a Beatrice, e neanche a tutti nel senso di chiunque, bensì solo ad una platea ristretta di interlocutori, ovvero a quelle donne che, sapendo cosa sia l’amore e cosa significhi amare, sono le uniche capaci di poterlo capire.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Donne ch’avete intelletto d’amore” di Dante: il componimento poetico che loda Beatrice
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