Donne e dee nel Mediterraneo antico
- Autore: Paola Angeli Bernardini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2022
La presenza e l’interazione del genere femminile nel grande mare che ha visto nascere le civiltà dell’antichità, quasi un millennio prima di Cristo: dal racconto — soprattutto nella mitologia e letteratura greca — alla realtà della vita comune. È il contenuto del saggio Donne e dee nel Mediterraneo antico (il Mulino, 2022) di Paola Angeli Bernardini, grecista e docente emerita nell’Università marchigiana di Urbino, che segue quelli dedicati in precedenza alla cultura ellenistica e a Pindaro. Suo, per il Mulino, Il soldato e l’atleta. Guerra e sport nella Grecia antica (2016).
L’attenzione agli aspetti più importanti del mito e della vita di tutti i giorni nell’Ellade si concentra sulla presenza dell’elemento femminile sulle acque del Mediterraneo. Non rarefatta in confronto a quella maschile e nemmeno di poco conto, come si riteneva fino a qualche decennio fa.
Odisseo viaggia, naviga, affronta pericoli e avventure, ma Penelope resta a casa ad aspettare. Si è sempre considerato il genere femminile meno resistente alle fatiche e ai disagi di viaggi e spostamenti, tanto più per mare. E sembrerebbe confermarlo la scarsità delle fonti archeologiche, epigrafiche e letterarie sul rapporto donne/mare, ma un’accurata indagine interdisciplinare favorisce ripensamenti e apre nuove prospettive. Si pensi alle eroine del mito, alle loro vicende alle onde: Dee dell’Olimpo e Nereidi, ninfe omeriche, poi Elena, Arianna, Fedra, Medea, Io ed Elettra. Gli esempi potrebbero continuare a lungo, perché dalla mitologia e dalla realtà storica dell’antica Grecia emergono ruoli inaspettati della donna, vicende a volte sorprendenti, passioni, tragedie non solo amorose, che si consumano in acque ora ospitali, ora profondamente ostili.
Il Mediterraneo era luogo di scambi, di interazioni e di contaminazioni. Al centro la Grecia, protesa nel mare, con i suoi litorali frastagliati, i porti-rifugio in posizione strategica e le mille isole, punto di partenza per i commerci e la colonizzazione verso est e ovest. Un grande bacino, percorso anche allora da imbarcazioni che andavano avanti e indietro per attuare scambi, condurre avventure, fondare colonie, portare guerre, esercitare la pirateria, compiere pellegrinaggi.
Un affollamento continuo di battelli e di uomini di etnie diverse. Infatti, la rappresentazione del Mediterraneo antico non deve oscurare il contributo delle altre culture che si affacciavano su questo vasto anfiteatro — egizia, mesopotamica, fenicia, siriaca, libica — sebbene nella ricostruzione di Paola Angeli Bernardini vengano privilegiate le fonti greche e favoriti gli Elleni, data la nostra maggiore consuetudine con questo popolo, la sua storia e produzione culturale giunta fino a noi. La novità del lavoro consiste nel guardare non soltanto agli eroi, ai navigatori, nocchieri, comandanti, navarchi, ma anche e soprattutto alle figure femminili, heroides mitiche e personaggi della letteratura e dell’arte, oppure donne attive nella realtà di tutti i giorni. Mobilità in senso proprio, non metaforico, non riferito all’abusato “la donna è mobile”, che stigmatizza l’incostanza come tratto comune del carattere femminile.
Il mito consegna l’immagine di eroine che vivono storie intense navigando in lungo e in largo, loro stesse oggetto spesso di desiderio da parte di dei o uomini e vittime di rapimenti e violenze. A nuoto o in groppa ad animali fuggono attraverso le acque, inseguite, stuprate, ma in alcuni casi protette e difese.
Oltre al mito e alle protagoniste del racconto eroico (a volte ricco di connotati sessuali), che copre oltre due terzi di questo saggio (undici capitoli su quindici), assume rilievo anche il ruolo delle donne comuni nella realtà mediterranea loro contemporanea. Se ritroviamo donne nella mobilità marittima mediterranea antica, vuol dire che non era interdetta alle popolane, sebbene meno frequente, intensa e non legata a situazioni mitopoietiche di quella delle più ricche. Nella seconda parte del volume vengono coinvolte figure femminili che hanno affrontato il mare spontaneamente o per costrizione, spinte dalla necessità o in cerca di evasione, per profitto o per sopravvivenza.
Per prime, dimostrano dimestichezza con il Mediterraneo le donne abituate al comando e anche le sacerdotesse, ma l’autrice non trascura altre categorizzazioni femminili. Si pensi alle naviganti senza alternativa, al seguito dei coloni. Lasciavano una vita per lo più povera e non stupisce che fossero disposte ad aggregarsi a chi cercava terra e futuro altrove, pronte a dedicarsi ai lavori più umili e faticosi.
Un’altra categoria di donne non aveva scelta: occupavano i gradini sociali più bassi: le nutrici, le serve, le schiave, le prostitute. Per loro, affrontare i rischi della navigazione era un obbligo, imposto da altri.
Donne e dee nel Mediterraneo antico
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