Con un racconto semiserio, Francesco Grasso svela i retroscena e le sue avventure alla ricerca di una location per la presentazione dei suoi libri.
Quando iniziai a interessarmi delle presentazioni letterarie ritenevo, nella mia ingenuità, che il luogo ideale per gli incontri pubblico-autori fossero le librerie. Per darvi un’idea di quanto io fossi sprovveduto, ero convinto che i librai vedessero con favore lo svolgersi di eventi di questo genere tra gli scaffali dei loro negozi. Mi figuravo - chissà perché - che la prospettiva di ospitare una presentazione, un’anteprima, un dibattito letterario intrigasse i librai sia sul fronte culturale sia - più prosaicamente - su quello del business, come modo per attrarre lettori/clienti al di qua delle loro vetrine.
Scoprii presto che mi sbagliavo. Molte librerie cui mi rivolsi ignoravano finanche cosa fossero le presentazioni letterarie.
I librai con il chiodo fisso
Ricordo la titolare di un noto bookshop capitolino che rimase ad ascoltarmi con sguardo vitreo per una ventina di minuti, mentre io le raccontavo della mia opera fresca di stampa e di quanto mi avrebbe fatto piacere presentarla presso di lei: la tipa aspettò che io tacessi per riprendere fiato, poi mi gelò col devastante commento:
«Mi ripete il titolo del libro che vuole ordinare?»
Le librerie munite di soli scaffali
Ancora più notevole la replica di un impiegato di una libreria di una nota grande catena a Roma zona EUR, che infranse ogni record d’ospitalità replicando:
«Sì, potremmo forse farle tenere una presentazione qui, ma lei dovrà procurare sedie per tutti».
I librai con il fiuto per il business
Esistono poi librai capaci - in effetti - di comprendere l’opportunità di business di cui parlavo, interpretandola purtroppo al contrario. Costoro chiedono all’autore di remunerare (sic!) la loro disponibilità, come se la libreria in questione fosse la camera di un motel a ore. Ricordo che quando m’imbattei per la prima volta in un libraio appartenente a questa categoria, prima di mandarlo doverosamente a quel paese, tentai di spiegargli che avrebbe ottenuto un legittimo ritorno economico dalla vendita di copie del mio romanzo, domandandogli retoricamente se magari non fosse proprio questa (il commercio di libri) la sua attività. A posteriori, non avrei dovuto sorprendermi tanto: in Italia, è noto, i lettori si stanno rapidamente estinguendo (Steven Spielberg ha acquistato il DNA della specie per il prossimo parco tematico, dopo quello dei dinosauri), mentre gli aspiranti scrittori sono moltitudini: è perciò forse comprensibile che alcuni imprenditori del settore (editori, librai) vogliano riposizionarsi sul mercato vendendo servizi agli scrittori anziché ai lettori. Attenzione, ho detto “comprensibile”, non “tollerabile”: quando m’imbatto in uno di questi imprenditori capovolti, non posso esimermi da mandarli al posto su citato. Sorry.
I librai nati stanchi
Un’altra categoria professionale in cui mi sono imbattuto nel mio tour è quella dei “librai nati stanchi”. Queste simpatiche persone (lo dico senza ironia, dopotutto sono gli esemplari con cui alla fine sono riuscito a combinare qualcosa) accettano talvolta di ospitare eventi letterari nel loro shop e finanche di fornire le sedie, purché:
- l’evento non coinvolga troppe persone, altrimenti si fa baccano e qualcuno potrebbe destarsi dalla siesta;
- l’evento venga schedulato lontano dall’orario di chiusura, diversamente si rischia l’atroce circostanza di dover restare aperti uno o due minuti in più;
- tutta la pubblicità, il volantinaggio e la diffusione della notizia siano a completo carico dell’autore;
- le copie dell’opera da presentare vengano portate dall’autore, perché ordinarle in conto vendita dalla casa editrice è un compito terribilmente spossante, come si può pretenderlo da commercianti già così stressati?
Un libraio appartenente a questa categoria, un sessantenne peraltro molto gentile, nel cui negozio ho effettivamente tenuto una presentazione, ebbe il coraggio di rivelarmi, qualche giorno dopo l’evento, che molti clienti gli avevano chiesto di acquistare il mio romanzo, ma che lui purtroppo non aveva potuto venderne, giacché non gli era rimasta neppure una copia.
«Perché non ne ha ordinate?» gli chiesi, allibito. «Avrebbe potuto almeno telefonarmi, sarei accorso a portargliene!»
Oggi, a posteriori, temo di averlo inquietato. Avrei dovuto piuttosto rassicurarlo, promettendogli che i suddetti clienti erano ormai da considerare persi: così facendo si sarebbe rimesso a dormire soddisfatto.
I librai in pausa estiva
Mi piace anche citare la proprietaria di una libreria di una nota località balneare siciliana, cui chiesi la disponibilità per un evento nel mese di luglio.
«Una presentazione in estate?» replicò scandalizzata. «Le presentazioni si fanno in inverno! D’estate la gente va al mare, non in libreria!».
Le feci presente che, in siti turistici, è proprio la bella stagione il periodo ideale per organizzare eventi culturali. Le citai innumerevoli esempi a sostegno di quanto affermavo. Finché la gentile signora chiuse la discussione facendomi capire che a voler andare al mare era proprio lei e che insomma non la scocciassi più con noiosi tentativi per farla guadagnare.
In conclusione, da queste esperienze ho tratto la convinzione (personale, of course) che le location migliori per le presentazioni letterarie non sono affatto le librerie. Penultima verità: sono molto meglio le biblioteche pubbliche, i circoli culturali, i club sportivi, ma anche i cocktail bar, le vinerie, le trattorie d’amici o, perché no, le abitazioni private, a volte anche più spaziose e adatte al pubblico di un angusto bookshop con la puzza sotto il naso.
- Sei uno scrittore? Raccontaci nei commenti la tua esperienza nell’organizzazione delle presentazioni dei libri!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Dove organizzare la presentazione di un libro?
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