Dove sei stata
- Autore: Giusi Marchetta
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Rizzoli
- Anno di pubblicazione: 2018
Avevo amato la professoressa Giusi Marchetta, autrice di un libro sul tema della lettura dei più giovani, “Lettori si cresce”, e ora la ritrovo autrice di un romanzo impegnativo sulla memoria di un difficile passato, sul rapporto tra figli e genitori, autoritari, assenti, camorristi, sulla difficoltà di crescere, di confrontarsi con la durezza della realtà da adulti. “Dove sei stata” non ha punto interrogativo, ma questo è sottinteso in tutto il dispiegarsi della narrazione.
L’io narrante, Mario, torna dopo dieci anni da Torino, dove sta costruendosi una professione di avvocato, nella casa della sua infanzia, all’interno della Reggia di Caserta, di cui suo padre, è da sempre il capo dei guardiani. Il Capitano, questo il soprannome che gli è stato attribuito per la sua autoritaria intransigenza sui sistemi di sicurezza della grande estensione intorno alla costruzione vanvitelliana, ha avuto un incidente che lo costringe a muoversi con le stampelle e Mario viene chiamato al suo capezzale. Ha lasciato la compagna Camilla e il gatto Scully, pensa di trattenersi il tempo necessario ad organizzare la degenza del padre, che non ne gradisce la presenza. Ma i fantasmi sono in agguato, primo fra tutti quello di sua madre, Anna, che quando era appena un bambino era fuggita dalla gabbia del suo matrimonio infelice, abbandonandolo senza spiegazioni e senza ritorno. Ritrova nella scuola-orfanotrofio che sorge all’interno del territorio della reggia la sua maestra, suor Marta, che era stata la migliore amica di sua madre.
Mario vuole sapere se ha ancora rapporti con Anna, ma lei gli propone una specie di ricatto: qualche cosa gli dirà, a patto che lui, da avvocato, prenda su di sé il caso dell’affido di Gianluca, un bambino di dieci anni la cui madre è caduta da un balcone o è stata gettata dal marito, Vincenzo Capuano, esponente di una potente famiglia del posto, in odore di camorra. La trama si complica, fatti vecchi e nuovi aggiungono ansia al già provato Mario, afflitto da crisi di panico a cui risponde con l’uso di tranquillanti, mentre nei lunghi giorni che passa all’interno del recinto della Reggia, si trova a fare i conti con un passato che non passa, con rapporti che non aveva mai davvero inquadrato, con persone abbandonate e ora ritrovate in circostanze diverse.
Il fascino del romanzo sta soprattutto nella insolita ambientazione: il Bosco Vecchio, pieno di insidie, la Peschiera, luogo maledetto, dove l’acqua profondissima nasconde segreti oscuri, le statue che rimandano a veri personaggi, come la Lavandaia, o a quelli mitologici, Diana e Atteone, il Giardino inglese, campi pieni di ciclamini, la Castelluccia, una sorta di fortezza costruita perché i piccoli Borboni potessero fare esperienza della guerra giocando: tutti questi luoghi, lontani dal flusso dei turisti, sono stati lo scenario in cui si è svolta la difficile infanzia di Mario, che ora si ritrova a percorrere gli stessi sentieri, a guardare la stessa acqua stagnante, a ripercorrere con il ricordo le lacrime ingoiate, la violenza del padre, i cervi che in una notte lontana aveva visto come in un sogno, dai vetri di casa, abbracciato alla madre che lo aveva svegliato proprio per mostrargli quella sorta di miracolo.
Un libro pieno di poesia, di sogni, di rimpianti, di voglia di sapere, anche se sapere fa troppo male: le figure del dottor Staffieri, della suora Marta che un tempo era la giovane Margherita, della sfortunata Esterina, della assistente sociale Viola, del giudice dei minori, del vice capitano Capobianco, hanno tutti una loro precisa identità e sono i tasselli che compongono il complicato puzzle che Mario tenta di ricostruire, per dare un senso al suo presente, per non vivere di ricordi sbagliati, per diventare finalmente l’uomo adulto che può guardare in faccia le realtà così come è stata, e non come nella sua infanzia infelice se l’è raccontata.
Giusi Marchetta lavora sul tempo, introduce pezzi di passato e li contestualizza, lavora sul linguaggio che diventa sempre più affilato nello scorrere delle pagine del libro, approfondisce i sentimenti dei personaggi, ne svela la parte più intima, le contraddizioni, gli sbandamenti. La grande assente, Anna, resta sullo sfondo ma è presente nella coscienza di tutti i protagonisti, perché pone il tema di fondo dell’amore materno, troppo mitizzato anche nelle narrazioni contemporanee, ma in realtà molto difficile da analizzare nella sua complessità. Giusi Marchetta pone molti interrogativi alle nostre coscienze, smonta stereotipi, affronta il disagio delle famiglie che pensano di poter affrontare un affido con sensibilità, rivede la posizione del diritto processuale che ha bisogno sempre della interpretazione della coscienza, guarda alle suore che si occupano dei minori con indulgenza, esprime un punto di vista originale su temi di cui la cronaca è costretta a confrontarsi, non ultimo quello del femminicidio, che ha tanti risvolti:
“Ci sono molti modi per ammazzare una persona. Con la violenza quotidiana, inflitta a lei e ad altri, esibita, nascosta, adibita a professione, con l’isolamento, il tradimento, la svalutazione continua, l’indifferenza, l’incomprensione…Ci sono molti modi per ammazzare una persona. O di farla andare via”.
Nelle pagine di “Dove sei stata” ci sono tanti aspetti del nostro presente ma anche del nostro passato che ci accomunano in una sorta di rivisitazione della nostra personalità, il rapporto con i ricordi di infanzia che sono spesso fallaci, la mitizzazione di rapporti che non erano davvero come li avevamo immaginati, la scoperta di persone migliori, di rapporti che possono essere ricostruiti su nuove basi. Una serie di parole chiave, acqua, madre, padre, figli, tornare, restare, espiare, cadere, con cui Giusi Marchetta intitola alcuni dei capitoli, sintetizzano la complessità dell’impianto narrativo del romanzo, servendosi anche di citazioni colte ma opportune, una fra tutte quella di Sylvia Plath, tratta dalla poesia La pagliuzza nell’occhio:
“Quello che voglio indietro è ciò che ero / prima che il letto, prima che il coltello/ prima che la spilla e l’unguento/ mi inchiodassero in questa parentesi”.
Dove sei stata
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Romanzo bellissimo che spicca nel panorama nebbioso della contemporanea produzione italiana almeno per me, lettrice accanita ed affatto propensa ad affidarmi a suggerimenti pseudo critici o a classifiche di best sellers. Dall’ambientazione in senso letterale e metaforico, dall’ intreccio allusivo e coinvolgente, dal dispiegarsi di possibili risposte a interrogativi sempre taciuti per paura, per pudore, è stato un crescendo di emozioni. La forma, nella sua paratassi lessicalmente essenziale, è perfettamente contestuale, convincente la struttura grafica.