Con la sua opera più nota, Due di due, Andrea De Carlo ha costruito un gioco di specchi fra due personaggi complementari: Mario, timido e irresoluto, che dopo vari tentativi troverà la stabilità tanto agognata, e Guido il carismatico creativo, incapace di stare fermo a lungo nello stesso posto.
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Il racconto della loro amicizia si snoda per circa vent’anni, dal periodo della contestazione fino agli anni ’80; la vicenda inizia fra i banchi di un liceo di Milano, frequentato dai due ragazzi, che condividono un forte desiderio di libertà inappagato, oltre a una certa insofferenza per il mondo costruito dagli adulti. In particolare per la loro città, considerata caotica, grigia e inospitale. Guido si dimostra da subito il più audace dei due, e sarà il primo a emanciparsi dalla gabbia piccolo borghese che sentono stringersi sul loro futuro: viaggerà per il mondo vivendo le avventure più disparate, mentre Mario, non ancora pronto a staccarsi dal suo ambiente, rimane fermo, macerato dai dubbi.
Cogliendo l’occasione di un’eredità inaspettata, acquista nei pressi di Gubbio un terreno con due case abbandonate. Con l’aiuto di un amico e della sua compagna le rimette a nuovo, e inizia a coltivare la terra, sognando di poter diventare completamente indipendente dal resto del mondo. Mario e Guido torneranno a frequentarsi, anche se a periodi alterni, e mentre il primo diventerà un agricoltore di prodotti biologici e padre di famiglia, l’altro avrà successo come scrittore, una condizione che però non coinciderà affatto con la felicità tanto inseguita.
I due volti di un solo uomo
“Lo so come ti senti. È come essere dietro un vetro, non puoi toccare niente di quello che vedi. Ho passato tre quarti della mia vita chiuso fuori, finché ho capito che l’unico modo è romperlo. E se hai paura di farti male, prova a immaginarti di essere già vecchio e quasi morto, pieno di rimpianti.”
Sono battute estratte dalle prime pagine di Due di due, e di certo descrivono il personaggio di Guido meglio di mille discorsi: il suo carisma innato attrae l’ancora insicuro e acerbo Mario come una calamita, ma il loro rapporto non è così sbilanciato come parrebbe all’inizio: ognuno cerca nell’altro quel qualcosa che gli manca, e andando avanti con gli anni sarà Mario, dall’esistenza ormai solida e matura a consigliare Guido, che non riesce ad adattarsi al successo improvviso, né alla vita coniugale. La verità è che incapace di adattarsi alla realtà, troppo preso com’è dalle sue ossessioni, e talmente affascinato dalle molteplici possibilità dell’esistenza, da non riuscire a fare scelte definitive. Perché la vita deve darsi una forma prima o poi, o si rischia di perderne il senso, e di buttarsi via.
L’irregolare amicizia fra i protagonisti, fatta di continui cicli di presenza e assenza, di vicinanza (soprattutto intellettuale) e distanze a volte continentali, è ben lungi da essere un manicheo gioco intellettuale sul doppio che è in ognuno di noi, ma è semmai un continuo interscambio fra personalità più affini di quel che possono sembrare, due metà mai del tutto complete anche quando sono insieme, due singoli individui che riescono comunque a vivere a distanza, pur provando nostalgia dell’altro. Comunque sempre legati, sempre amici; insomma si tratta di qualcosa di vero, complesso e contraddittorio com’è qualsiasi autentico rapporto umano che si modifica nel tempo. C’è un che di sotterraneo, indefinibile, irrazionale, e quindi profondissimo, che lega in modo indissolubile Mario e Guido, a dispetto degli stili di vita opposti, o delle distanze chilometriche.
Guido Laremi è quella scomoda parte di sé con cui ogni individuo irrequieto ha dovuto fare i conti presto o tardi, e rappresenta quella ribellione a un destino già scritto che sa di scoperta, sogno, utopia, e ne fa col suo vitalismo esasperato uno dei personaggi più indimenticabili della letteratura italiana degli ultimi decenni.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Due di due” di Andrea De Carlo: la storia di uno solo e indivisibile
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