E se noi domani
- Autore: Walter Veltroni
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Rizzoli
- Anno di pubblicazione: 2013
“E se noi domani. L’Italia e la sinistra che vorrei” (Rizzoli 2013) è stato presentato domenica 19 maggio 2013 alle 14,30 (Sala Gialla) al XXVI Salone Internazionale del Libro di Torino (16-20 maggio). L’autore sarà a colloquio con Massimo Gramellini.
“L’Italia e la Sinistra che vorrei” è il sottotitolo del volume politico redatto da Walter Veltroni dedicato al nonno Cyril Kotnik “che ha conosciuto l’orrore delle torture naziste di via Tasso”. Non un saggio ordinato e compiuto, ma un pamphlet in 10 capitoli scritto nelle settimane precedenti la rielezione del Presidente della Repubblica che hanno drammaticamente evidenziato “la crisi devastante del sistema politico e la pericolosa fragilità di quello istituzionale”.
Il libro non è nemmeno il manifesto di chi si candida a qualcosa, neanche un programma politico o elettorale, avverte l’autore nella Premessa. Sono solo “idee sull’Italia e sui democratici”, frutto del pensiero di chi osserva la politica con passione pur non ricoprendo in questo periodo nessun incarico all’interno del Partito Democratico.
Walter Veltroni, che è stato Vicepresidente del Consiglio, segretario del Pd, Sindaco di Roma e candidato Premier alle elezioni politiche del 2008, inizia la sua riflessione partendo dall’elezione del Presidente della Repubblica. Da quest’appuntamento istituzionale infatti si è rivelata non solo la crisi del sistema Italia (stretta tra recessione e crisi politico – istituzionale) ma soprattutto è emerso il lento logoramento del Pd che ha dimostrato “di essere molto lontano dall’idea del partito aperto, riformista e non correntizio con cui era nato”.
Divisioni, personalismi, correntine: questo è il triste spettacolo al quale hanno assistito con sgomento gli elettori del Pd, i quali insieme a Veltroni non smettono di credere a un grande e plurale partito riformista “capace di accogliere anche spinte e posizioni più radicali e riconoscere piena cittadinanza”. Un partito capace di fondare un nuovo assetto istituzionale e di far vivere un progetto generale, “una sorta di rivoluzione democratica per l’Italia” per dare per la prima volta al Paese una maggioranza riformista. È questo l’I have a dream veltroniano al quale l’autore non intende rinunciare, nonostante tutto.
Il fondatore del Partito Democratico ricorda che dal 2001 a oggi
“il tempo della mia responsabilità politica nazionale è durato in tutto 16 mesi”
da quando nell’ottobre del 2007 nacque il Pd “e lo portammo al 34% fino alle dimissioni del febbraio 2009”. Nell’ultima tornata elettorale il Pd ha subito “la più grave sconfitta della sinistra negli ultimi cinquant’anni” perdendo tre milioni e mezzo di voti. Che cosa è accaduto? L’autore analizza le ragioni di una sconfitta e infatti scrive:
“sento la responsabilità di non aver detto prima ciò che è scritto nelle pagine che seguono.”
Quindi Veltroni inizia partendo dal concetto di sinistra che è stata per milioni di persone un desiderio di libertà, l’idea di una società aperta, di una comunità, di una politica ambiziosa “di società civile, forte, responsabile e organizzata. Altrimenti non è sinistra”. A un giovane di oggi la sinistra politica italiana appare come “una anacronistica frontiera di conservazione”, non più moderna ma arroccata, non più animata dalla voglia di cambiare il mondo ma di difenderlo così com’è. Un partito che dopo i risultati delle elezioni del febbraio 2013 non ha avuto né la forza né il coraggio di proporre un governo del Presidente guidato da Emma Bonino. Una sinistra che paradossalmente ha perso la sua natura riformista, questo è il rimprovero che Veltroni rivolge alla dirigenza politica del suo partito. Stiamo vivendo la più spaventosa crisi economica e sociale che l’Occidente abbia conosciuto dalla II Guerra Mondiale e gli esodati che non hanno lavoro e neanche la pensione, i cinquantenni che fanno la fila davanti alla Caritas e quelli che cercano il cibo dentro i cassonetti urlano alla sinistra di svegliarsi “di rimettersi in cammino per portare nel nuovo millennio i suoi valori”.
La cosa più difficile in politica è osare il cambiamento, cercare e trovare soluzioni concrete per la vita delle persone. Non meravigliamoci se poi vince il velociraptor Grillo “che interpreta la domanda di fondo: che differenza c’è tra destra e sinistra se ambedue vogliono conservare ciò che esiste?”. La sinistra riformista significa cambiamento e giustizia sociale, diritti e opportunità, il riformismo è quello di Barack Obama “realista e coraggioso” che ha osato proporre la sua riforma sanitaria. In Italia invece, prosegue l’autore:
“il riformismo si è dovuto piegare all’idea che la sola cosa da fare fosse quella di unire tutti quelli che erano contro Berlusconi”.
“Non pensare all’elefante” (animale simbolo del partito repubblicano USA) cioè seguire il consiglio di George Lakoff che spingeva i democratici americani a non farsi dettare l’agenda da Bush. Non essere subalterni, perché
“siamo noi che dobbiamo interpretare il nuovo e sfidare. E che siano loro a inseguire, finalmente”.
Una ricetta per il cambiamento e l’innovazione dell’Italia ora che è in gioco il destino del Paese e della stessa democrazia è l’elezione diretta del Presidente della Repubblica come avviene in Francia. Non temere il semi – presidenzialismo in una nazione come la nostra a rischio populista giacché Piero Calamendrei scriveva che
“le dittature sorgono non dai governi che governano e che durano, ma dalla impossibilità di governare dei governi democratici”.
Il volume è anche un appello per la modernizzazione del Paese, perché non c’è più tempo da perdere: cittadinanza ai figli degli immigrati e riconoscimento legale dell’unione fra persone che si amano a prescindere dal loro sesso. Infine Veltroni indica le tre parole chiave per il progetto riformista: responsabilità, comunità e opportunità per far nascere un partito fresco, aperto, non più lacerato dal “tumore delle correnti”. Veltroni esorta la dirigenza e i suoi stessi compagni di partito a non avere paura a far rinascere un partito sconfitto, grazie al riformismo che è coraggio e innovazione e indica le due sole rotte da seguire: o rimanere attraccati ai vecchi porti, apparentemente più sicuri oppure mollare gli ormeggi “preferendo il fascino e le possibilità della navigazione in mare aperto”. Non a caso l’esergo del pamphlet è una celebre frase di Franklin Delano Roosevelt pronunciata dal Presidente USA il 14 aprile 1938:
“To reach a port, we must sail - sail, not tie at anchor - sail, not drift”. (“Per raggiungere il porto, si deve navigare. Navigare, non gettare l’ancora. Navigare, non andare alla deriva”.)
E se noi domani. L'Italia e la sinistra che vorrei
Amazon.it: 5,50 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: E se noi domani
Lascia il tuo commento