È stato così
- Autore: Natalia Ginzburg
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2018
Quanto saremo poveri interiormente senza i romanzi di Natalia Ginzburg. Chi scrive, quando sta male, o è triste ed infelice, prende uno dei suoi tanti libri e, leggendolo, si sente sempre un po’ meglio. Se poi ti imbatti nel libro È stato così (Einaudi, 2018, prefazione Cesare Garboli, uno scritto di Italo Calvino), stai leggendo un romanzo, dove gli influssi degli scrittori russi sono ben presenti.
La trama è semplice: un’insegnante di ventisei anni che vive in una pensione, da cui la mattina scappa sempre di corsa per andare al lavoro, conosce un uomo di quarantaquattro anni, Alberto, e comincia a uscire con lui. Lei non ci sa fare con gli uomini. È timida, impacciata, sa soltanto che quando parla con Alberto si sente viva. Perché a furia di solitudine lei sembra una che è appena uscita da una stanza di isolamento e qualsiasi cosa le dicano gli altri, lei è già più serena. Alberto ha diverse attività, ma potrebbe anche non fare nulla, dal momento che è ricco di famiglia. La nostra protagonista, però, teme che l’uomo si annoi con lei e ne parla con la sua amica Francesca.
Francesca è bella, vive grazie alla rendita lasciatale dai suoi genitori, cambia fidanzati e amanti in continuazione e quando sente che l’amica, forse, si è infatuata finalmente di un uomo, non ha peli sulla lingua:
Ma chi? Quel vecchiaccio?
Ma la protagonista replica a Francesca che lei ha dalla sua parte solo la gioventù, per il resto è povera. C’è da dire che prima di Alberto nessuno uomo l’aveva mai abbordata. Sapeva di non essere bella, ma era alta, coi tratti ancora da giovanetta. Alberto però non viene più a trovarla in pensione. Forse è partito, al che la protagonista avverte una tristezza incolmabile. La sua vita senza Alberto ora le appare insensata, come se non avesse più una narrazione. Sa bene però che l’uomo non è attraente, quando si avvicinava lei sentiva del ribrezzo. Eppure le manca troppo e ad aspettarla in pensione ora non c’è più nessuno. Capisce che quella sensazione di vuoto solo Alberto può renderla meno pericoloso. Un giorno lo incontra di nuovo, per caso, e lui le dice che ha avuto da fare, ma se lei vuole continuare con le passeggiate e con lui che l’aspetta sotto la sua camera, si può fare. Lei si innamora pazzamente.
Natalia Ginzburg, da brava scrittrice che è, capisce di non poter far continuare a lungo questo tira e molla tra i due. Sarà infine la protagonista a dire a Alberto che è innamorata di lui, ma lui ammette di volerle bene come amica e che non vuole affatto a una famiglia con figli, in più ha da pensare alla madre che non esce di casa da vent’anni, perché è malata. La ragazza sente che essendosi così esposta, non potrà più vederlo nemmeno come amica. Ma Alberto ci ripensa e le promette che il bene che prova per lei potrà diventare “amore”.
Infine i due si sposano, dopo un periodo di lutto perché ad Alberto le è morta la madre.
La casa di Alberto è grande, c’è anche uno studio, che rimane sempre chiuso, perché all’interno è custodita una rivoltella carica. Lei resta incinta, ma Alberto nel frattempo si inventa un sacco di scuse per stare fuori casa anche due settimane.
E dice di partire sempre con l’amico Augusto, ma un giorno uscendo di casa la donna incontra l’amico di Alberto. Augusto, appunto. Lui va a trovarla perché è grave la montagna di bugie che grava su una ventenne che ha sposato un uomo più vecchio del padre. Augusto le dice tutto. L’altra donna si chiama Giovanna e con Alberto si frequentano ormai da undici anni. Lei è sposata con un bambino. Non riesce a dimenticare e nemmeno lei riesce a stare lontano da lui. Non c’è tempo per valutare quali decisioni prenderà la donna perché deve partorire.
Nasce una bimba, piccola, minuta, che piange troppo. Quando Alberto arriva, la bambina è già nata. La moglie di Alberto si dedica tutto il giorno alla bambina, fino a quando accade un evento che cambierà la vita della coppia.
Natalia Ginzburg ha questo dono di far sentire il lettore partecipe alle “vite immaginate” dalla scrittrice. C’è qualcosa di profondamente umano nel suo stile. La scrittura sembra semplice, ma in realtà è attraversata dalla grazia e dalla pietas.
È stato così
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