Edgarda Ferri, mantovana di origine, vive e lavora a Milano. Scrittrice, saggista e giornalista, laureata in Giurisprudenza, ha esordito nel 1982 con Dov’era il padre, inchiesta che rimane tuttora un ritratto fondamentale e punto di riferimento per un’intera generazione. Con Il perdono e la memoria ha ottenuto nel 1988 il premio Walter Tobagi e la medaglia d’oro del premio letterario Maria Cristina. Dopo una serie di fortunate biografie, che l’hanno resa la maggiore rappresentante in Italia di questo antico e raffinato genere letterario, con Piero della Francesca ha compiuto un excursus nella narrativa, scrivendo un romanzo storico, dove personaggi realmente vissuti si intrecciano ad altri di pura invenzione.
A Flavia Giulia Elena, madre dell’imperatore romano Costantino, è invece dedicato il libro Imperatrix, mentre con Klimt l’autrice ha firmato l’unica biografia esistente dell’artista viennese. Le sue biografie di Maria Teresa d’Austria, Piero della Francesca e Giovanna la Pazza e La gran contessa (Matilde di Canossa) sono ripetutamente ristampate negli Oscar Mondadori. Per Skira ha pubblicato nel 2013 Il cuoco e i suoi re, uno scritto dedicato al cuoco e scrittore francese Marie-Antoine Carême.
Da poco è uscito in libreria Guanti bianchi (Skira 2014), suggestivo romanzo che attraverso la narrazione dei preparativi per le esequie dell’erede al trono asburgico Francesco Ferdinando assassinato a Sarajevo il 28 giugno 1914 insieme alla consorte Sophie, descrive il tramonto dell’Austria Felix.
“Ma quando tu sarai morto, toccherà a me raccogliere i cocci della monarchia”.
Da sempre appassionata di storia, e questo volume è l’ennesima conferma, pone acutamente l’accento sulle miserie e nobiltà, sui paradossali e “assurdi bizantinismi” dell’etichetta della corte della casa regnante “più antica e importante d’Europa”. Ben delineata è la figura del Gran Ciambellano di Corte Alfred di Montenuovo “ringhioso, inesorabile cerbero” dall’”invadente e incombente ignoranza” devoto all’Imperatore Francesco Giuseppe “fino al delirio”.
Sette capitoli corrispondono ai sette giorni nei quali va in scena una commedia ipocrita che riguarda “lei”, la moglie morganatica di Francesco Ferdinando, la contessa boema Sophie Chotek (i loro discendenti non avrebbero potuto ascendere al trono imperiale mentre Sophie non avrebbe potuto condividere il rango, il titolo e i privilegi del marito), la cui bara viene tenuta lontana da quella del marito.
“Dopo quattordici anni siamo ancora qui a cercare di capire quale sia veramente il rango che spetta a Sophie Chotek”.
- Signora Ferri desidera spiegarci il significato del titolo del libro?
Ammessa accanto al marito per due ore esatte nella Cappella Palatina dell’Hofburg, a Sophie Chotek era stato concesso il diritto a un funerale “di terza classe”. Una corona di fiori dei suoi bambini ai piedi della bara issata su un podio disadorno e basso. Un paio di guanti bianchi e un ventaglio nero sul coperchio a testimonianza che, prima di sposarsi, era stata dama di corte di una principessa Asburgo.
- “Alii bella gerunt, tu felix Austria nube”. “Gli altri fanno le guerre, tu Austria felice, sposati”. Gli Asburgo avevano la tendenza a utilizzare la politica matrimoniale come strumento per allargare la propria potenza. Non fu certo il caso del matrimonio tra l’Archidux Franz e Sophie che Lei definisce “una pedina”. Per quale motivo?
Per quanto contessa di antichissima origine, Sophie Chotek non aveva titoli sufficienti per sposare l’erede al trono di Francesco Giuseppe. Decisi ad ogni costo a sposarsi, erano stati costretti ad accettare un matrimonio morganatico che escludeva Sophie e gli eventuali figli da qualsiasi diritto al cognome Asburgo, alla successione, ai privilegi e agli onori che sarebbero spettati a una futura imperatrice.
- Dopo che l’assassinio di Sarajevo si era compiuto il Principe di Montenuovo “si stava preparando a compiere il capolavoro di che finora non gli era mai riuscito di fare: separare Francesco Ferdinando dalla sua amata Sophie”. Il Gran Ciambellano di Corte sembra non accorgersi che il mondo intorno a lui si trovava sull’orlo del baratro. Cosa ne pensa?
Rispondo prima alla seconda parte della domanda precedente. Compito di Montenuovo era imporre ai componenti della Casa Asburgo il rispetto e l’applicazione del Protocollo di corte sul quale si basava la stabilità della monarchia. Tutto ciò che non era regolare e previsto nel lungo e complesso elenco dei doveri degli arciduchi e delle arciduchesse, doveva essere rimosso. Nell’immenso e complesso scacchiere delle relazioni della più antica famiglia regnante d’Europa, Sophie Chotek era semplicemente una pedina da spostare ogni volta infrangeva “il protocollo”. La sua morte a fianco del marito a Sarajevo è stata, di per se stessa, uno scandalo. Per Montenuovo, “ligio al suo dovere fino al delirio”, non c’era occasione migliore per dimostrare quanto fosse legato alla Casa Asburgo. Il mondo era sull’orlo del baratro e oramai si sapeva che, con la guerra, sarebbe finita anche la Casa d’Austria. Che cosa penso di lui? Il Gran Ciambellano aveva, a sua volta, legami forti ma irregolarissimi con la famiglia Asburgo. E noi sappiamo bene che cosa si può scatenare nella mente di un uomo frustrato che vede crollare il mondo dal quale era stato escluso.
- Il libro narra anche una grande storia d’amore, perlopiù sconosciuta. Ce ne vuole parlare?
Quella di Franz e Sophie è una storia forte e commovente. Lavorando sui documenti, le lettere, gli oggetti, le fotografie da soli o con i loro bambini che hanno lasciato, ho avuto la prova di quanto fossero uniti e si amassero. Si erano conosciuti a un ballo che Archidux Franz aveva offerto nel castello imperiale di Praga. Non si erano più lasciati. Consapevoli di non potersi sposare, avevano tenuto segreta la loro relazione per cinque anni. Scoperti dalla principessa della quale Sophie era dama di corte, erano stati separati. Lo scandalo a corte era stato immenso. Dopo il matrimonio morganatico, l’erede al trono viveva insieme a Sophie e ai loro bambini il più lontano possibile da Vienna, in modo da evitarle l’umiliazione di non poter sedere accanto a lui a teatro o durante le sfilate imperiali, partecipare in ultima fila alle grandi cerimonie, subire lo smacco di trovarsi senza cavaliere a un ballo di corte, perché nessuno voleva avere a che fare con una “contessina che non contava niente”, come diceva Francesco Giuseppe.
- L’idea della trama di Guanti bianchi è nata per celebrare, trattando un fatto privato, il centenario dello scoppio della I Guerra Mondiale?
Pensavo a questa storia già da quando l’avevo scoperta lavorando sui documenti per il mio libro Klimt. L’anniversario cadeva giusto nel momento in cui finivo Il cuoco e i suoi re. Io credo molto alle “combinazioni” della vita.
- Quali fonti e documenti ha consultato per la stesura del romanzo?
Conosco la storia degli Asburgo da quando, più di vent’anni fa, ho scritto Maria Teresa. Conosco bene e amo immensamente Vienna. Il potere mi ha sempre spaventato. Sono una donna priva di certezze e mi fanno paura quelli che credono di avere in tasca la verità. Può bastare?
- La sua passione per la storia ha radici lontane?
Mio padre, appassionato di storia, possedeva uno scaffale gremito di biografie. Ero una bambina curiosa e timidissima, mi sentivo a mio agio solo in compagnia dei personaggi che venivano dal passato. Mio padre mi lasciava leggere soltanto le vite delle regine e delle principesse. Ma dal momento che divoravo tutto alla massima velocità, gli portavo via di nascosto anche le biografie dei condottieri, degli scienziati, i rivoluzionari, i poeti. Non capivo quasi niente, ma non riuscivo a staccarmene. E non è cambiato molto, da allora.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Edgarda Ferri racconta il suo ultimo romanzo “Guanti bianchi”
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Gent.ma Scrittrice e Storica Edgarda Ferri, sono un Suo lettore ed ammiratore già da tanti anni. Indimenticabile per me è il libro La Grancontessa che conservo sempre vicino ai miei. Fra l’altro, possiedo una Sua bellissima lettera che suo tempo m’inviò entusiasta dopo aver letto il mio libro Il Per Angelus di Matilde e pure il Suo recapito telefonico, perduto purtroppo con gli anni. Vorrei chiederLe una Sua e-mail avendo difficoltà a reperirla tramite Internet. Chiedo troppo? Bellissimi tutti i Suoi libri che seguo con interesse soprattutto per le nuove appropriate ricerche storiche che profonde. La ringrazio e La saluto con ammirazione. Matteo De Pilla.