“Dove sarà Edith Stein?/ Dove sarà?” cantava dolcissimo e malinconico Franco Battiato ne Il Carmelo di Echt, una splendida canzone in memoria della filosofa ebrea convertita al cattolicesimo.
Edith Stein è la Patrona d’Europa; ma sono pochi gli europei a conoscere la sua storia, a partire dalla sua atroce morte in un campo di concentramento il 9 agosto 1942.
Questa è una storia che inizia dalla fine, perché proprio la fine ci dà l’esatta misura della sua grandezza: sono passati oltre ottant’anni dalla scomparsa di Stein, eppure il suo nome vive ancora come una luce che non si è mai spenta.
“Vieni, andiamo per il nostro popolo”, sono queste le parole che Edith Stein rivolse alla sorella Rosa quando furono catturate dalla Gestapo. Era una bella mattina di maggio al Carmelo di Echt, in Olanda. Sarebbero morte insieme in una camera a gas di Auschwitz, poi trasportate, di nuovo assieme, nei forni crematori. Erano “figlie di Israele”, determinate a tenere fede alla propria identità.
Anni dopo, nel 1998, Papa Giovanni Paolo II avrebbe definito la morte di Edith Stein un martirio e l’avrebbe proclamata santa; ancora oggi Stein è ricordata come esempio contro ogni forma di intolleranza e persecuzione ideologica.
Prima di essere una Santa, Edith Stein è una filosofa, fu una delle migliori allieve di Edmund Husserl in Germania e una pedagogista sostenitrice delle moderne teorie sull’empatia.
Scopriamo la sua storia.
Chi era Edith Stein: la vita
Era nata in Breslavia, una città della Polonia all’epoca tedesca, il 12 ottobre 1891, in una famiglia ebrea di commercianti di legname. La sua infanzia fu segnata dalla scomparsa precoce del padre e dalla ferrea volontà della madre che si prese carico dei figli, del lavoro, dell’azienda di famiglia: la figura materna fu un faro nell’educazione di Stein che, in seguito, per tutta la vita si sarebbe battuta per i diritti delle donne. Insieme ai suoi cinque fratelli era stata cresciuta ed educata dalla madre, quindi non vedeva perché le donne non avessero diritto al voto. Sin da bambina si distinse per essere una studentessa precoce, un’allieva brillante: “straordinariamente geniale”, come la definì la sorella. Leggeva molto, soprattutto testi storici e filosofici; durante il ginnasio decise, in un primo moto di ribellione, di interrompere gli studi trasferendosi ad Amburgo dalla sorella Elsa. Avrebbe trascorso il resto dell’anno nutrendosi di letteratura, salvo poi tornare sui propri passi e fare l’esame da privatista per recuperare il tempo perduto. Dopo il liceo, Edith decise di intraprendere la carriera accademica, sfidando le convenzioni dell’epoca che volevano le donne relegate alla sfera domestica. All’università di Bretislava era l’unica donna in classi esclusivamente maschili, ma non desistette; anzi, decise che si sarebbe distinta per farsi valere. Affascinata dagli studi filosofici di Husserl, decise di proseguire gli studi presso l’università di Gottinga: avrebbe avuto proprio Edmund Husserl come relatore, nel 1913, per la sua tesi sull’empatia. Si laureò maxima cum laude e, dopo aver lavorato un poco come docente di filosofia presso il liceo di Bretislava, decise di proseguire con il dottorato.
La sua tesi di dottorato fu un lavoro estenuante, duro, senza requie, raggiunse in breve i tre tomi: alla fine Edith chiese a Husserl se poteva lavorare come sua assistente a Friburgo. A quel punto aveva venticinque anni e già una carriera brillante; ma lei voleva di più. Sentiva che l’attività di assistente rubava tempo ai suoi studi e al suo lavoro di filosofa, quindi, pochi anni dopo, dopo aver aiutato il professore a trascrivere La coscienza del tempo, decise di abbandonare Husserl per dedicarsi alla propria opera filosofica e all’attività di ricerca.
Non voleva restare un’ombra del Maestro, voleva diventare lei il Maestro.
Le opere di Edith Stein
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In uno dei suoi saggi più importanti, La struttura della persona umana, Stein sosteneva che “Tutto l’agire umano è guidato da un logos”. Come filosofa, prima ancora che come pedagogista, Edith Stein credeva nella forza dell’educazione come logos capace di indirizzare l’agire umano. I suoi primi studi, come allieva e assistente del filosofo Edmund Husserl, riguardavano lo studio dell’empatia umana. Fa riflettere la palese discordanza tra Stein e la propria epoca: una giovane donna che studiava l’empatia mentre la Germania assisteva all’ascesa del nazismo, un’atea che si convertiva al Cristianesimo mentre il mondo sprofondava nel baratro dell’orrore e del “non senso”. Il suo agire era in controtendenza con il Secolo breve, ma anche la dimostrazione che è possibile trovare una ragione, un Logos, persino quando ogni senso pare essere smarrito e si va alla deriva, come barche trasportate dalla corrente.
Sarebbe accaduto anche a lei, nonostante tutto. Dopo una carriera brillante presso l’Università di Friburgo, avrebbe proseguito come lettrice all’Istituto di pedagogia scientifica di Münster.
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In questi anni scrive alcuni dei suoi saggi più importanti, dopo Il problema dell’empatia arrivano Formazione e sviluppo dell’individualità e gli scritti La donna. Questioni e riflessioni che segnano anche il suo avvicinamento alla politica, al Partito Democratico Tedesco e la sua battaglia per il diritto di voto alle donne.
Era filosofa ed era atea, almeno finché - leggenda narra - la lettura di un libro non la indusse alla conversione al cattolicesimo.
La conversione di Edith Stein
L’ateismo di Edith Stein vacillò e infine si estinse - leggenda narra - a causa della lettura dell’autobiografia di Santa Teresa d’Avila. La lesse nell’estate del 1921, mentre si trovava a casa di amici e, da quel momento, nulla fu più come prima: dopo il battesimo, avvenuto il 1° gennaio 1922 si avvicinò alla vita di clausura. Insegnò a lungo nelle scuole domenicane per ragazze prima di entrare, nel 1934, nel Monastero del Carmelo con il nome di Teresa Benedetta della Croce. Mentre viveva ritirata a Colonia scriveva lettere piene d’ardore al Papa intimandolo di denunciare la persecuzione in atto contro gli ebrei.
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In quegli anni di ritiro spirituale e meditazione scrisse il suo libro filosofico più importante Essere finito ed Essere eterno, un’opera mastodontica che cercava di accordare filosofia e teologia.
Intanto la minaccia nazista bussava alle porte ed Edith non era più al sicuro. La trasferirono nel monastero di Echt nei Paesi Bassi con l’intento di proteggerla; ma ormai non c’era più salvezza, neppure fuori dalla Germania. Si tratta proprio di quello stesso Carmelo di Echt cantato da Franco Battiato nella canzone omonima:
E per vivere in solitudine nella pace e nel silenzio
Ai confini della realtà
Mentre ad Auschwitz soffiava forte il vento
E ventilava la pietà
La canzone di Franco Battiato è dedicata proprio a lei, Edith Stein, colei che sentiva “una luce dentro” e vedeva le “verità invisibili”. La portarono via in una mattina profumata di maggio, insieme alla sorella Rosa. La Gestapo era giunta sino alle porte del monastero di Echt, puntuale come il destino.
Ciò che accadde dopo ce lo canta ancora Battiato nella sua canzone sotto forma di poesia che sembra consolare e, in qualche maniera, stemperare il triste destino di Edith Stein:
E sopra un camion o una motocicletta che sia
ti portarono ad Auschwitz.Dove sarà Edith Stein?
Dove sarà?E per vivere in solitudine nella pace e nel silenzio
nel carmelo di Echt.
Battiato si augurava che Edith Stein avesse trovato la pace e il silenzio, la salvezza del Logòs di cui si era fatta portavoce attraverso la sua strenua convinzione nell’empatia, l’attributo umano più importante. La sua voce si sarebbe persa nel vento dei camini di Auschwitz. Un angelo che aveva “desiderio di cielo”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Edith Stein, la filosofa morta ad Auschwitz oggi Patrona d’Europa
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