Elegia per un americano
- Autore: Siri Hustvedt
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2009
Come afferma la stessa autrice, Siri Hustvedt (moglie di Paul Auster), c’è molto di autobiografico nelle note finali del libro, eppure l’invenzione narrativa che sostiene il romanzo appare fortemente coinvolgente e molto originale, così come i personaggi, tanti e ben costruiti.
Siamo nella New York post 11 settembre e lo psichiatra Erik Davidsen, nella sua bella casa di arenaria a Brooklyn, trova una coppia di inquiline, madre e figlia, che abiteranno sotto di lui: Eglantine (Eggy), una bimba di cinque anni sveglia e fantasiosa e sua madre Miranda, bellissima giamaicana che lavora come grafica in una casa editrice. Erik, reduce da un divorzio e piuttosto solitario, costruisce, anche se invano, fantasie intorno alla donna, vista la simpatia che la bambina gli manifesta. Ma in realtà Erik ha una famiglia molto coinvolgente, con sua sorella Inga (donna molto infelice, fragile e tormentata, rimasta vedova da poco di Max, un famoso scrittore e cineasta) e sua nipote Sonia, adolescente inquieta, che vive molto male la recente perdita del padre.
Ma un altro padre, Lars, è morto di recente in Minnesota, lasciando ai figli Inga ed Erik e a sua moglie Marit una serie di piccoli misteri irrisolti. Ci sono lettere che testimoniano episodi lontani ma rimasti sconosciuti, parenti che escono improvvisamente con storie difficili e dolorose e molte sofferenze nella ricerca della elaborazione dei lutti.
Anche se in alcuni momenti i troppi personaggi e il groviglio della storia sembrano essere ridondanti e il lettore rischia di smarrirsi nella genealogia dei vari componenti la famiglia venuta dalla Norvegia ed approdata nello stato del Minnesota, tuttavia il pathos generato dal racconto non viene mai meno. Bambine nate morte, bambine che cadono, bambole di pezza, bambine che volano sembrano essere la metafora principale a cui la Hustdvedt ricorre per dare corpo alle fantasie malate dello psichiatra che deve ricorrere alla sua maestra per cercare di mantenere la giusta distanza dalle storie dei suoi pazienti, continuamente in bilico tra i suoi sogni e la realtà.
Libro a tratti difficile, in qualche punto un po’ compiaciuto e troppo pieno di citazioni che rischiano di distrarre il lettore da una storia molto umana di ricostruzione del rapporto tra genitori e figli, attraverso diverse generazioni. La descrizione degli ambienti letterari newyorkesi è ironica e piena di fascino: libro da non perdere, per chi ama davvero la letteratura e i libri che la esaltano.
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