Ho avuto modo di rileggere a distanza di poco tempo due grandi romanzi di Grazia Deledda, "Elias Portolu" e "Canne al vento". Mi ha colpita la vicinanza spirituale dei due romanzi - certo diversi per storia, ma non per ambientazione.
"Elias Portolu" narra la storia di un uomo che, uscito dal carcere e rientrato in famiglia, s’innamora perdutamente - ricambiato - della fidanzata del fratello. Tutto andrebbe bene se soltanto lui parlasse, se soltanto si chiarisse con il fratello, se facesse così potrebbe sposare la ragazza ed eviterebbe a entrambi un destino di infelicità. Ma l’uomo non ne ha il coraggio e lascia che il fratello sposi la fanciulla. Il matrimonio non è però felice. La donna continua ad amare segretamente il cognato ed è maltrattata dal marito. Anche Elias Portolu continua ad amarla, pur cercando di fuggirla, ma così facendo non fa che rafforzare la propria passione fino alla prevedibile caduta di entrambi nel peccato. L’uomo cerca di redimersi intraprendendo la carriera ecclesiastica da cui la donna non riesce a sviarlo né con la rivelazione della sua prossima maternità né successivamente quando resta vedova. Elias Portolu è divorato dalla passione e dai tormenti e la sensazione di quest’angoscia provata dal protagonista, accresciuta dal finale amaro di questa storia, è quasi rispecchiata nel paesaggio crudo e a tratti selvaggio splendidamente dipinto dalla Deledda ed è trasmesso al lettore da una narrazione essenziale e diretta, efficace ed indimenticabile.
Stessa ambientazione, stessa atmosfera venata dall’amarezza è quella che si respira in "Canne al vento", il capolavoro indiscusso della grande scrittrice sarda. La storia di Efix, il fedele servo delle tre adorate padrone, che custodisce un drammatico segreto e che lo porta ad affrontare dolori e angosce, a inseguire sogni in cui sono protagoniste solo le sue padrone e a morire poi solo e in silenzio, quasi a non voler dare fastidio fino alla fine, colpisce drammaticamente il lettore per l’insegnamento amaro ma vero che lascia: questo essere come canne al vento nella tempesta della vita.
Entrambi i protagonisti vivono profondi tormenti, conoscono il peccato in cui sono colpevolmente caduti e ne pagano il prezzo scontando un’esistenza di penitenza, quasi che non esista perdono. Per lo meno in questa vita.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: "Elias Portolu" e "Canne al Vento": l’universo morale di Grazia Deledda
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