Eliselle nasce a Modena nel 1978. È ormai un punto di riferimento per le giovani voci della letteratura italiana attraverso i portali e i periodici on-line su cui scrive, uno fra tutti Delirio.NET che coordina personalmente. Ha pubblicato, oltre a un’infinità di racconti su antologie e riviste: "Laureande sull’orlo di una crisi di nervi", "Nel paese delle ragazze suicide", scritto a quattro mani con Angela Buccella, "Ecstasy love" e, nel maggio 2008, "Fidanzato in affitto", uscito nella collana Anagramma di Newton Compton Editore.
Eliselle, intanto ti do il benvenuto a quella che non sarà la solita intervista chilometrica, ma solo 4 chiacchiere come piacciono a me.
- Prima chiacchiera: La protagonista di "Fidanzato in affitto", Cristal, sembra disposta a tutto pur di compiacere il proprio uomo. Si annulla per lui. In un’intervista l’hai definita: “una ragazza che ama troppo”. Per te questo è amore?
Grazie del benvenuto! In quell’intervista citavo il titolo di un saggio della Norwood, intitolato “Donne che amano troppo”, che parla della tendenza che alcune donne hanno a scomparire e ad annullarsi per l’uomo che venerano, perchè non si amano e non sono capaci di valorizzarsi ed apprezzarsi interamente. Cristal è così, nei confronti di Max, e per me quello non è amore. Per fortuna, lungo il percorso del romanzo, Cristal cambia. In meglio.
- Seconda chiacchiera: Quando ho cominciato a navigare nel mondo della letteratura emergente, perso in centinaia di migliaia di siti e forum, una delle poche certezze era imbattermi in Eliselle. Quanti giovani autori ti scrivono e ti chiedono consigli? Ti senti un po’ responsabile dei loro desideri spesso troppo ingenui, e del loro destino che quasi sicuramente non sarà quello di far gli scrittori nella vita?
Alcuni mi scrivono, ma non sono tanti a dire il vero. In generale cerco di ricordare quanto sia importante leggere, “studiare” e tenersi sempre informati, mettendo anche in guardia sulle difficoltà del percorso e dando qualche consiglio sui pericoli che si possono trovare lungo la strada. Se la mia esperienza può servire ad altri per evitare errori, ben venga.
- Terza chiacchiera: Hai scritto Nel paese delle ragazze suicide con Angela Buccella. Lei alla mia domanda “Cosa pensi della scrittura a quattro mani?” ha risposto di non essere molto affezionata a quel libro. Che la scrittura a quattro mani può essere un esercizio divertente, ma far uscire qualcosa di realmente buono non è affatto semplice. Voglio chiedere anche a te un’opinione.
La scrittura a più mani è un’esperienza sempre utile, per me, non è un caso se l’ho ripetuta due anni dopo con il romanzo storico dedicato alla via Francigena, scritto e pubblicato insieme a Covili e Sorrentino. Dipende da quanto si è individualisti. Quando si collabora con un altro autore bisogna lasciare da parte ego e presunzione e mettersi di buona lena, con grande umiltà, a lavorare a testa bassa, con la consapevolezza che si riceveranno critiche spietate, richieste di modifiche o tagli al proprio lavoro: se uno non è disposto ad accettare di lavorare in questo modo, difficilmente imparerà qualcosa dalla collaborazione con altri autori e difficilmente si divertirà a farlo. È solo questione di come si concepisce la scrittura.
- Quarta chiacchiera: Sei partita da pubblicazioni molto piccole fino ad arrivare a Newton Compton. Sei l’esempio che una passione vera, sostenuta dal talento e dalla perseveranza, può portarti in alto anche senza la protezione dei potenti o di un cognome. Dobbiamo credere alla tua favola o c’è qualcosa sotto?
La mia non è una favola, tutt’altro. Se lo fosse, sarei stata aiutata da qualcuno: la fatina buona, un fidanzato editore, un padre influente. Invece no, per me niente magia. Solo fatica, sudore, rospi da ingoiare, tanti momenti di sconforto, determinazione, spietata autocritica, lavoro costante e voglia di mettersi in gioco nonostante le cose siano andate e vadano spesso in un’altra direzione. E non credere: continua comunque a essere dura, non esiste un vero punto d’arrivo, c’è e ci sarà sempre qualcosa da migliorare o da mettere a punto, qualcosa che non collimerà, qualcosa a cui dover porre rimedio. Morale della non-favola: bisogna continuare a lavorare sodo, senza mai stancarsi.
Questa era l’ultima chiacchiera e quindi ti saluto e ti ringrazio per aver accettato il mio invito. A presto e, se vuoi lanciare un brevissimo messaggio estemporaneo al mondo, qui puoi farlo.
Grazie a te per questo spazio e per queste quattro domande, lascio l’invito per dare un’occhiata ai miei siti www.delirio.net e www.eliselle.com per chi vorrà farci un giro!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Eliselle
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