Alcuni luoghi comuni sono duri a morire. Per esempio: gli ingegneri non hanno fantasia. E allora Gadda dove lo mettiamo? Anche Elio delle “Storie Tese” è laureato in ingegneria. Oppure: chi lavora in banca conduce un’esistenza grigia. Non è certo il caso di Sergio Solmi.
In Entro la densa lente dell’estate, poesia piena di suoni e di colori ambientata a Milano il 27 luglio 1950, Sergio Solmi mostra il piacere di gironzolare per la città meneghina da flaneur attento e curioso.
Scopriamo di più sull’autore e analizziamo la poesia.
Chi era Sergio Solmi? Una vita tra banca e fantascienza
Sergio Solmi (Rieti 1899- Milano 1981) si laurea in Giurisprudenza a Torino nel 1923, dopo aver partecipato al primo conflitto mondiale. Poi si trasferisce definitivamente a Milano per esercitare l’avvocatura come libero professionista. Dal 1926 lavora nell’ufficio legale della Banca Commerciale Italiana.
Ricopre incarichi di prestigio, è amato e stimato, ed è dunque quanto di più lontano dal tristissimo Alfonso Nitti di sveviana memoria. Ma la sua vocazione è la letteratura cui sacrifica preziose ore notturne, come poeta, critico, traduttore, pubblicista.
Durante la Seconda guerra mondiale partecipa alla Resistenza e viene imprigionato due volte. In ambito letterario mostra interessi poliedrici e un’acuta sensibilità. Fu critico di letteratura francese e italiana; curò i testi di Giacomo Leopardi nell’edizione “I classici” della Ricciardi del 1956.
Si interessa anche di fantascienza, un genere guardato con un certo snobismo nel nostro Paese, tanto da curare in tandem con Carlo Fruttero l’antologia di racconti Le meraviglie del possibile pubblicata nel 1959.
La più importante delle prime recensioni a Ossi di seppia di Eugenio Montale fu proprio quella di Solmi, che individuò subito i nuclei fondanti della poetica montaliana. E nel 1957, privilegiando un diverso approccio interpretativo, pose l’attenzione sulla cultura di Montale e sulle letture che contribuirono alla genesi della sua opera.
Pensate: i due si conobbero nell’autunno del 1917 alla Scuola di Fanteria di Parma, la loro amicizia durò tutta la vita e, per una coincidenza, si spensero a un solo mese di distanza.
Le poesie di Sergio Solmi
La produzione poetica di Sergio Solmi è riconducibile a quattro raccolte riunite in un unico volume nel 1974: Fine di una stagione, Poesie, Levania e altre poesie, Dal balcone.
Tutte le testimonianze di colleghi, amici, conoscenti lo ricordano schivo, riservato, competente e affabile.
Il titolo "Levania" non può non incuriosire. Sulle prime fa pensare a un nome femminile o a un nickname. Sapete cosa scopro? Levania è un termine di origine ebraica con cui Keplero chiama la luna. Ma la faccenda non finisce qui. L’astronomo e matematico tedesco Johannes Kepler (1571-1630) italianizzato Giovanni Keplero nel 1609 scrisse con intenti divulgativi un racconto in latino “Somnium” contenente un avventuroso viaggio sulla luna, che conferma anche l’eliocentrismo copernicano. Perché è dalla luna che il protagonista descrive dettagliatamente la terra. Questo racconto è considerato sia il primo esempio di letteratura fantascientifica, sia il primo trattato di astronomia lunare. Dipende dal punto di vista. Un doppio genio, Keplero. Se siete appassionati del genere dovete leggerlo, si acquista facilmente online.
La poesia "Entro la densa lente dell’estate", tratta dalla raccolta “Dal balcone” del 1968, segue con allegria il poeta mentre, svagato e curioso flaneur, passeggia per Milano. La presenza del corso d’acqua fa pensare ai Navigli e dintorni.
Entro la densa lente dell’estate di Sergio Solmi: testo
Entro la densa lente dell’estate,
nel mattino disteso che già squarciano
lunghi, assonnati e sviscerati i gridi
degli ambulanti, - oh, i bei colori! Giallo
di peperoni, oscure melanzane,
insalate svarianti dal più tenero
verde all’azzurro, rosee carote,
e vesti accese delle donne, e muri
scabri e preziosi, gonfi ippocastani,
acque d’argento e di mercurio, e in alto
il cielo caldo e puro e torreggiante
di tondi cirri, o bel compatto mondo.
Lieto ne testimonia, sul pianeta
Terra, nella città Milano, mentre
vaga, di sé dimentico e di tutto,
lungo le calme vie che si ridestano,
- oggi, addì ventisette Luglio mille
novecento cinquanta - un milanese.
Metrica: 18 endecasillabi raggruppati in un’unica strofa privi di rime
“Entro la densa lente dell’estate”: parafrasi
In una mattina d’estate, quando l’aria è pesante, si sentono le voci insonnolite dei venditori ambulanti che con le loro grida protratte e sguaiate sembrano squarciare il mattino.
Quanti bei colori: il giallo dei peperoni, il nero-violaceo delle melanzane, tutte le gradazioni cromatiche dell’insalata, l’arancione spento delle carote. E anche abiti femminili un po’ scollati, muri ruvidi e preziosi in quanto antichi, alberi ricchi di fogliame, corsi d’acqua limpidi e un cielo dove le nubi si accavallano l’una sull’altra come a costruire delle torri. Un milanese è testimone di questo spettacolo mentre vaga nella città meneghina il giorno 27 luglio 1950, dimentico di sé e di quanto lo circonda.
“Entro la densa lente dell’estate”: analisi e commento
Il poeta, nato a Rieti ma milanese d’adozione, gironzola senza meta in un quartiere popolare dove alcuni venditori ambulanti cercano di attirare a voce l’attenzione dei passanti. La sua disposizione d’animo è serena, divertita, curiosa, indagatrice.
Con l’occhio attento di chi mette a fuoco l’oggetto percettivo, l’autore snocciola in allegria dati acustici e visivi che presentano un ampio ventaglio di gradazioni. Non tralascia l’abbigliamento femminile, l’ambiente circostante e il cielo. Gli ultimi versi sono concentrati sul suo stato d’animo spensierato, dimentico di sé e di quello che lo circonda.
La “lente” con cui mette a fuoco la realtà è “densa”, cioè appesantita dall’afa che i milanesi conoscono fin troppo bene. Ciò costringe l’osservatore a una messa a fuoco continua che fa il paio con il restringimento del campo visivo.
Il risultato è un rallentamento ritmico cadenzato dalle congiunzioni copulative “e” in sequenza. Nel lessico colloquiale sono incastonati termini tecnici (cirri) o aulici (torreggiante). L’epicentro mi sembra l’espressione al v.12 “o bel compatto mondo” a indicare che ogni cosa si trova al suo posto, quello giusto.
La lirica risponde appieno alla concezione di Sergio Solmi della poesia che riassumo così. La poesia deve aderire integralmente all’uomo, la cui musica sia il respiro stesso della voce fatta di parole precise e di un pensiero attivo e appassionato. Il poeta deve essere testimone del suo tempo con chiarezza e sensibilità.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Entro la densa lente dell’estate”: il luglio milanese di Sergio Solmi
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