Era un lunedì
- Autore: Maria Grazia Lala
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2012
Atmosfere e personaggi di tempi solo apparentemente lontani sono quelli rappresentati con forte partecipazione emotiva in “Era un lunedì”, questo breve ma intenso racconto di Maria Grazia Lala. Siamo durante il Ventennio, in pieno periodo bellico dove si muovono i protagonisti che devono affrontare i problemi spiacevoli di queste infauste circostanze. Tutto si compie nell’arco temporale di una settimana, periodo sufficiente a farci immergere nel loro mondo interiore ed in un’epoca che segnò i loro destini.
Dal piccolo centro dell’isola a Roma, allora Capitale dell’Impero Fascista, si dipana la vicenda di una giovane siciliana, Ninetta, che, lontana dalla terra natia, osserva ciò che la circonda, un Italia piegata dalla guerra e dalle nequizie dell’emigrazione e delle leggi razziali. L’uso del dialetto in filastrocche, cantilene, modi di dire, non è mai gratuito ma volto a significare, in modo migliore, sentimenti, emozioni e turbamenti. Il trasferimento a Roma, per una persona che si era allontanata solo due volte dalla sua terra, costituisce per Ninetta un piccolo trauma che la mette direttamente a contatto con nuove realtà. A Roma va da novella sposa a farsi le foto e vede nello studio fotografico quelle che ritraggono gente in camicia nera, un abito che pochi indossavano in Sicilia, dove i più portavano coppola, scialle, tabarro e mulo. Ma Lei che proviene da un paese di zolfatari e villani, è una donna curiosa della vita dell’Urbe e va a sentire il Papa, va a trovare Tano, il marito mentre svolge il servizio di “guardia d’onore” a Villa Torlonia. Rimane particolarmente colpita quando sente per strada il
“Ma va a morì ammazzato”
pronunciato quasi come un augurio e raffronta questo cortese invito con il diverso sentire in quel di Sicilia. La sua vita è sconvolta nel quotidiano, non vedendo più al risveglio il bambinello di cera che la salutava dal comò e non udendo più la cadenza degli zoccoli dei muli sulle pietre, lo schioccare della lingua dei villani per far muovere le bestie o la svintuliata di sua madre davanti al fuoco. Solo l’odore della cafiata era rimasta uguale. Ninetta aveva ascoltato la dichiarazione di guerra ai combattenti di terra e di mare ma si era chiesta il perché non si facesse cenno alla campagna dove dimoravano tutti i “combattenti” che conosceva. Prende poi a insegnare ai vicini ebrei l’Ave Maria Gratia Plena ma il marito le dice che quello che importante è se conoscono le nuove leggi sulla razza. E Ninetta allora chiede a Tano perché gli Ebrei erano perseguitati per avere messo Cristo in Croce, quando i Cristiani avevano messo in croce altri Cristiani, Turchi e via dicendo. Nel momento in cui Ninetta deve partorire, viene poi portata all’Ospedale Fatebenefratelli dove viene sgravata. In Ospedale non vi era la compagnia di parrini neri come corvi ma uomini e donne vestiti di bianco.
Sullo sfondo del racconto di una bambina che era passata di un tratto a fare i bambini, le vicende del bombardamento di Roma, le fughe al rifugio, i reduci dalla spedizione in Russia. Ma anche i drammi dell’emigrazione in America, i matrimoni per procura ed in ultimo gli eventi legati al referendum istituzionale. Arriva poi la domenica del 2 giugno del 1946 in cui si deve scegliere tra il Re e la Repubblica e Ninetta ripete la filastrocca:
“Oggi è domenica, tagliamo la testa a Minica, Minica nun c’è, ci tagliamo la testa al re, il re è partutu, la tagliamo a lu surdatu, lu surdatu è alla guerra…”.
Ma Ninetta
“non andò a votare, non scelse né il re, né la repubblica tanto era fimmina”.
Come gli diceva spesso il marito
“A Ninetta bella, la meglio sei tu… che non capisci niente”.
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