Eroi senza nome
- Autore: Maurizio Lorenzi
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
Divise coraggiose, contro la mafia e per la gente, a costo della vita.
Mina, Antonio è in servizio? C’è stato un attentato al giudice Falcone. Le notizie terribili arrivano così, come se fossero cose banali, come se quello che raccontano potesse non essere vero. Antonio Montinaro è il capo scorta del magistrato palermitano e non poteva che essere con lui. La moglie lo sa bene. Il mondo le crolla addosso, cinque anni di matrimonio e due bambini.
Sull’autostrada sconvolta, a Capaci, una mano spuntava da un’auto distrutta. Aveva incredibilmente le dita incrociate. Maurizio Lorenzi, il “poliziotto che scrive”, assicura di averla riconosciuta con certezza e con commozione irresistibile: era di Antonio, il primo degli “Eroi senza nome” (Edizioni Imprimatur, 220 pagine, 15,50 euro), il libro di questo uomo in blu narratore, pubblicista, blogger .
Lorenzi fa lo stesso mestiere degli uomini e donne che vivono quotidianità coraggiose e silenziose, al servizio della comunità, dediti alla vigilanza, al soccorso, alla sicurezza, degli altri. Vittime e protagonisti di vicende entrate nella storia di tutti, ma anche di piccoli gesti semplici, però importanti.
Antonio Montinaro (Calimera, Lecce, 8.9.1962 - Palermo 23.5.1992) aveva detto Ci vediamo stasera ai figli, Gaetano e Giovanni, uscendo a metà giornata, prima di perdere la sua vita e abbandonare quella della moglie, Annunziata Martinez. Da oltre vent’anni ne compio sempre trentadue, dice. L’età che aveva quel giorno.
Antonio le confessava che i pericoli sono in agguato nei tratti lunghi.
In città, se ci fanno un’imboscata, siamo pronti e agguerriti, veniamo fuori con i mitra e qualcuno lo stendiamo di certo
assicurava con orgoglio professionale. Da un’autobomba invece non c’è difesa, le zone isolate sono le più insidiose, anche se sembrano tranquille, come dall’aeroporto a Palermo. In ospedale, sotto un lenzuolo che copriva un corpo o quello che ne restava, la moglie vide spuntare una mano. Aveva le dita incrociate, com’era possibile?
Antonio in autostrada faceva gli scongiuri, incrociando le dita. Non è servito.
La mafia è forte perché la gente ha paura e la gente ha paura perché non crede nello Stato
diceva Montinaro in un’intervista pochi giorni prima di morire. La mafia vincerà finché qualcuno vedrà uccidere e non testimonierà.
Palermo, domenica 19 luglio 1992. Paolo Borsellino sente che il suo tempo sta per scadere. Lo sente perché sa ascoltare la sua città.
Ore 16,58: fumo nero da via D’Amelio, auto che bruciano, urla e sgomento, i sorrisi bastardi nascosti, i brindisi segreti, la mafia di Stato, uno Stato di mafia. Tra i cinque della scorta uccisi in quella strada dalla 126 carica di esplosivo, c’è una ragazza sarda, Emanuela Loi, 25 anni, la prima agente di Polizia caduta in servizio.
La sorella Claudia, intontita dal dolore, voleva con tutte le forze pensare di dover ancora andare in ospedale, con i genitori, a trovare Manuela ferita. E dice di averlo pensato anche alla fine del funerale di Stato, dopo aver vegliato il feretro per ore.
Non solo vittime, però. Ci sono uomini e donne di coraggio, veri angeli custodi, come l’assistente capo di Polizia Claudio Del Moro, che soccorrendo un operaio moribondo in un incidente stradale a Dalmine (Bergamo) si è prodigato all’alba per praticare il massaggio cardiaco e riportare in vita quell’omone di 95 chili. Il cuore aveva cessato di battere per i traumi pesanti e anche se i segni non davano speranza Claudio aveva continuato ostinatamente, andando avanti oltre le forze. Quando si sono presentati, dopo una lunga degenza e riabilitazione del ferito, a questi è mancato il fiato per dire al suo salvatore quanta riconoscenza avesse per lui. Ora sono inseparabili.
E ci sono gli eroi delle macerie, come i Vigili del Fuoco bergamaschi che già la notte del 6 aprile si sono avviati verso L’Aquila terremotata e lì hanno scavato per giorni nei pressi della Casa dello studente. Alla Squadra Bargamo 1 si deve il salvataggio di Eleonora, la ragazza non udente, poco più che ventenne, salvata 43 ore dopo il crollo. E uno di loro aveva ceduto a un infarto appena giunto sul luogo del sisma.
Meno drammatico, ma simpatico, l’ultimo episodio raccontato da Lorenzi. Una giovane americana, a Venezia, perde la fiammante vera di matrimonio nei tre metri d’acqua e melma sotto il Ponte dei Pugni. Gliela ritrova un sommozzatore dei “Pompieri”.
Eroi che a volte non hanno un nome, altre sì e non si dimentica. Vestono la divisa delle forze dell’ordine, indossano l’attrezzatura dei vigili del fuoco e la muta da sub, per ridare il sorriso alle sposine. Teniamoceli stretti, per quanto possiamo, conclude Maurizio. E quelli che non possono, non sanno quello che si perdono.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Eroi senza nome
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