Essere nel mosaicosmo
- Autore: Tommaso Romano
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2010
“Essere nel mosaicosmo” (Edizioni Thule – Spiritualità & Letteratura, 2009, € 10), un libro singolare nello scenario letterario italiano, rende stringatamente, in forma dialogica, il pensiero di Tommaso Romano, cattolico e libero pensatore, professore di Filosofia nei Licei e di Estetica all’Accademia delle Belle Arti di Palermo. Scrittore, poeta e uomo politico siciliano, Tommaso Romano fu anche editore fondatore in verdissima età, nel 1971, della casa editrice palermitana Thule e quindi della Rivista Spiritualità & Letteratura. Intervistano l’autore Maria Patrizia Allotta, docente di Filosofia e Pedagogia nei Licei, e il dottore di ricerca in Diritto Penale Luca Tumminello, studioso presso l’Università di Palermo. L’opera è preceduta da note introduttive dei dialoganti e conclusa da una testimonianza del filosofo e poeta Arturo Donati.
Gli argomenti che Tommaso Romano esprime, sollecitato dai suoi intervistatori, sono moltissimi e ricordarli uno per uno porterebbe questo scritto a una lunghezza spropositata; è giocoforza procedere per accenni, e tuttavia senza poter evitare di superare di molto la lunghezza normale d’una recensione, ché stringere troppo sarebbe far torto a quest’opera ricchissima.
Sempre centrali sono per l’autore il Cristo Salvatore e l’essere umano figlio di Dio, ma Tommaso Romano, sin da giovanissimo, s’è occupato a fondo d’esoterismo frequentando l’opera di pensatori quali Elémire Zolla, Mircea Elide, Rudolf Steiner, René Guenon, Attilio Mordini e Julius Evola. Da quest’ultimo si è posto tuttavia da gran tempo in posizione di superamento e distanza, com’egli sottolinea senza sconfessare, nondimeno, il fatto che anche gli scritti di quel filosofo tutt’altro che cristiano gli avevano dato
“una straordinaria suggestione e una grande curiosità atta a ricercare nel tempo, attraverso l’inesauribile domanda, la verità delle cose, del mondo, del cosmo, insieme al senso e all’Origine”.
Il professor Romano è giustamente convinto che l’esame delle cose dev’essere un obbligo anche per il credente: “[…] l’essere parte di una Chiesa […] non implica assolutamente la resa rispetto alla ricerca”; e se il primo ed essenziale suo Maestro è stato Gesù Cristo, determinante per l’affinamento del suo sentire è stato, via, via, l’incontro con persone di cultura e con i più disparati libri, ciascuno dei quali ha potuto divenire “occasione di meditazione per un nuovo slancio” e, in definitiva, ha potuto costituire un rafforzamento per la sua fede, in quanto più il credente sa del mondo, più egli adora il suo provvidente Creatore, il Dio che ha fatto e ordinato il “Mosaicosmo”, un neologismo inventato dal Romano, siciliano suggestionato artisticamente da quel capolavoro mosaicistico che è il Cristo Pantocratore del Duomo di Monreale: un universo-mosaicosmo composto dalle persone e dalle altri tasselli che formano il Disegno perfetto dell’insieme cosmico, il quale è appieno abbracciabile avendo fede in quel Dio da cui tutto origina.
Il Romano non si considera per nulla persona
“che sa tutto o che pretende di sapere tutto, né uomo colmo di erudizione fine a se stessa, ma essere umano che dantescamente non manca di ricercare virtute e canoscenza”.
Una delle più gravi contese contemporanee è il presunto, nient’affatto vero dualismo religione-scienza, ma il nostro dice forte e chiaro distinguendo fra scienza e scientismo, e trovandomi in sintonia:
“Il vero Umanesimo è scientifico, la vera scienza è umana”; “lo scientismo è l’onnipotenza quasi religiosa della scienza; la scienza è per suo statuto, per sua natura, sempre in evoluzione, sempre in discussione, sempre in ricerca. L’Umanesimo religioso ha bisogno della scienza, la scienza ha bisogno dell’Umanesimo”.
Ciononostante, la maggior parte degli scienziati adora il caso al posto di Dio, un caso che quegli studiosi postulano, solo apoditticamente. Ha avuto gran peso in merito l’ipotesi evoluzionista del Darwin facente perno appunto sul caso; si noti d’altronde che, mentre di regola si usa il termine darwinismo per indicare l’evoluzionismo tout court, non solo le teorie evolutive sono molteplici, ma i credenti evoluzionisti contemplano l’idea non di un’evoluzione casuale, ma d’un disegno evolutivo intelligente, di matrice divina. Dice il Romano: “Il cosmo è il luogo dell’uomo, luogo di Dio, del suo Logos, del suo verbo, della sua dimora”; e mi viene il mente quanto scritto da san Paolo nella lettera ai Romani (1, 19-21) a proposito dell’inescusabilità di coloro che, pur avendo innanzi le opere divine del creato, non credono nel Creatore. “L’Essere eterno è in tutto”, sia pur distinto dal creato a parte che, secondo la fede della Chiesa, per il corpo di Gesù Cristo durante l’Incarnazione, dal suo concepimento fino alla sua trasformazione in corpo glorioso spirituale nel momento della Risurrezione da morte; e poiché secondo tale fede Dio s’è incarnato in un uomo, cioè il divino si è unito all’umano, in certo senso il cosmo stesso ha indirizzato al divino ogni uomo che intenda seguire il Salvatore. “Sempre quello è il vero problema: la scelta tra nichilismo e vita”. Per Tommaso Romano ognuno è indispensabile all’economia del creato, ciascuno ha diritto di nascere perché ha una funzione nell’universo, onde l’aborto è obbrobrioso: ogni persona è “in sintonia, pathos verso l’inclusione con il creato tutto, con il cosmo e il suo Creatore, trascendenza oltre immanenza, abbandono dell’effimero […]”; e pur tuttavia, “diverso è l’accanimento terapeutico che senso non ha […]: prima viene infatti la carità evangelica; e con equilibrio e approfondimento, il complesso ragionamento sul testamento biologico può essere considerato e non scartato a priori”, aggiunge il Romano, anche se sa “di dare dispiacere a qualche amico giusnaturalista” – nondimeno mi permetto ricordare che lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica avversa l’accanimento terapeutico (art. 2278: L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’«accanimento terapeutico») –. Secondo il professor Romano proprio grazie all’insegnamento del Magistero la Tradizione cristiana può essere compresa anche da quella parte dei fedeli che è meno propensa al ragionamento filosofico, onde è bene che alla religione si affidi chi non ha attitudine alla ricerca; ma la religione è comunque necessaria a chiunque, egli soggiunge, si tratta di “opzione positiva perché combatte la decadenza e lo spirito di morte” tanto gravi in questo nostro tempo di peccato diffuso a tutti i livelli e in ogni àmbito; la religione è “iniziazione”, “le grandi religioni hanno i loro culti di passaggio e i loro riti iniziatici”, ad esempio il battesimo e la cresima per i cattolici sono riti iniziatici perché “confermano e conformano l’essere a una verità di fondo, a un’appartenenza spirituale, a una rinascita nello spirito” e conducono alla bellezza oggettiva, quella bellezza divina che Dio ci dona nell’intero universo, nel macro e microcosmo prospettando il traguardo trascendente secondo l’annuncio evangelico. L’Arte stessa è religione, “l’artista è un facitore di ponti, un pontefice laico, che costruisce tra l’umano e la dimensione del superiore”, ad esempio è religiosa, non solo per il suo soggetto ma in quanto bellezza in sé, la Pietà di Michelangelo Buonarroti; non c’è però religiosità quando si pratichi un’estetica del brutto: la Pietà, nota il Romano, “non è la stessa cosa delle installazioni macabre di Pistoletto” “che ha ovviamente ben diritto ad esprimersi come crede. Ma ciò vale pure per i suoi critici”; “la sottovalutazione della bellezza è anche la sottovalutazione del bene”; è sempre in meglio e non in peggio che “La bellezza può trasformare. La bellezza, inoltre, è possibile sempre, in ogni luogo e condizione […] sacralizzando ogni ente, è possibile vedere la bellezza anche nella cosa più insignificante. Bisogna risacralizzare con lo spirito, ma anche con la nostra carne”: sì, perché anche il corpo è sacro secondo il credente cristiano in quanto per lui la persona è figlia di Dio in corpo e anima; si rifiuti il dualismo però, l’anima non è affatto maggiore del corpo, la persona è un unico, un sinolo potremmo dire con Aristotele, tanto che anche presso gli antichi ebrei con corpo s’intendeva la persona intera con la sua psiche-anima, persona materiale psichica che, come afferma l’ebreo san Paolo nella 1 Corinzi, risorge intera trasformandosi in gloriosa spirituale.
Quanto ai letterati, Tommaso Romano è dell’idea che, anche se “la politica editoriale di oggi tende al consumo ‘usa e getta’ dell’opera, diseducando”, il tempo consacrerà il valore di poeti, scrittori e filosofi oggi ignorati o noti solo in ristrettissimi ambienti, mentre altri che assai poco o per nulla valgono e oggi sono osannati finiranno nell’oblio, così come già è stato per diversi autori della seconda metà dello scorso secolo; mi ricordo che, ad esempio, Moravia sembrava il padrone della letteratura italiana e oggi raramente se ne accenna, mentre, come ci rammenta il Romano, certi sconosciuti in vita quali il Morselli e il Tomasi di Lampedusa, sono oggi dichiarati maestri. Beh, io non nascondo di non essere d’accordo col professore quanto al sicuro riconoscimento che, prima o poi, laureerebbe il vero valore, temo che moltissimi autori valenti resteranno ignorati; ma mi viene in mente, d’altro canto, l’ultima novella scritta da Mark Twain prima di morire, “Viaggio in Paradiso” (“Captain Stormfield’s Visit to Heaven”) in cui si narra, fra l’altro, che in Cielo il più grande dei poeti d’ogni tempo, ignorato da tutti in vita e anzi disprezzato perché bottegaio, precede nella gloria letteraria Omero, Dante e gli altri grandissimi; ecco, quanto al Plauso divino, sicuramente sì, verrà, ma il riconoscimento degli uomini in terra, forse, per i più non verrà mai. Comunque, che importa? Conta essenzialmente, per lo stesso Romano, l’aver cercato onestamente la verità com’egli fa, senza pretendere, con ciò, di giungere a un sistema filosofico; egli dice: “[…] il mio non è un sistema, ma un umile cammino proteso verso l’irraggiungibile perfezione”: certamente, perché la perfezione è quella rivelata dal Testamento ed è Dono che si riceverà nel Trascendente; il cristiano Tommaso Romano ben sa che Gesù stesso ci chiede soltanto di fare quanto ci consentono i talenti che Dio ci ha donati; e senz’altro al nostro ne ha forniti assai e la ricerca spirituale del Romano li fa fruttare. Tra le molte altre cose, questo pensatore si è occupato di pedagogia e certo non in secondo piano, essendo egli docente, e ha combattuto il “relativismo pedagogico” giudicandolo semplicemente “un falso […] alla luce di un minimalismo, di un ‘politicamente corretto’, di un salmodiare luoghi comuni e abusati senza neppure fantasia e ricerca di una qualche originalità. Altro che libertà di insegnamento!”, dice, “la scuola di massa non produce che confusione e massificazione”. È a mio sentire ottima proposta del Romano, espressa in consentaneità col politologo Angelo Panebianco, quella d’abolire gli esami di maturità e d’allargare a ogni facoltà universitaria gli esami di ammissione e direi che ciò potrebbe valere anche per l’accesso agli istituti superiori, dopotutto ai miei tempi si sosteneva addirittura un esame d’ammissione per poter accedere alla prima media, ancora media-ginnasio e non mediucola unificata. Come ben dice il nostro intellettuale:
“Quale genitore sarebbe disposto a mandare il proprio figlio in un istituto che, non preparandolo adeguatamente, gli bloccherebbe l’accesso al livello superiore? Passare dalla tradizione degli esami ‘in uscita’ alla regola degli esami ‘in entrata’ sarebbe, per il nostro Paese, una rivoluzione”.
Il Romano tocca poi il tema politico, legato strettamente all’economico, constatando che, purtroppo, oggi
“quel che conta è l’immagine rassicurante, televisivamente accattivante, paternalista del manager leader che incarna la ‘missione’, […] al fondo di tutto vi è l’urgenza, la velocità, il decisionismo assoluto senza la normale mediazione. […] l’americanismo […] è oggi una realtà sovrana che ha globalizzato l’american way of life, dove l’economia è spesso più finanza virtuale degli scambi che scambio di prodotti e la politica una gestione dell’economia, una questione di interessi in mano alle lobby” con “le famiglie tartassate e impoverite […]. Subdolamente si incunea la crisi anche materiale con beneplacito dei governi nelle micro-economie delle famiglie, dei singoli che vedono svanire e depauperare i risparmi” […] “con il sostanziale silenzio dei media in mano ai trust di potere”.
Come non condividere? E come non dire con Tommaso Romano che
“è necessario un potere che non venga soltanto dal basso, ma che si confronti anche con l’Alto e cioè con le non effimere domande cosmiche che sono i quesiti fondanti l’esistenza”
al di là del “mito artificioso dello Stato”: ricordo che fin dai tempi della Rivoluzione francese l’uomo è stato ridotto a cittadino, non più essendo visto come persona, come quel figlio di Dio che, secondo il giusnaturalismo, il Romano dietro ad Antonio Rosmini ci ricorda essere in sé stesso, e non perché inserito in uno Stato, “diritto sussistente” […] “l’essenza del diritto”. Ben altro che il “politicamente corretto” che tanto ha perseguitato uomini liberi come, ad esempio, un Renzo De Felice ingiustamente accusato di fascismo, lui “autentico liberale”. Non posso che convenire col Romano che
“l’uomo di cultura è colui che si scatena da ogni costrizione di appartenenza, ideologica e moralistica, per assumere una dimensione di ricerca libera”.
Trovo in questo libro intensissimo una testimonianza fervida dell’impegno morale dell’autore nel suo amore per l’universo creato da Dio e, in esso, per la persona umana che è il capolavoro della Creazione.
- Il libro è reperibile direttamente presso la Fondazione Thule, via Ammiraglio Gravina, 95, 90139 Palermo (fondazionethulecultura@gmail.com, info@tommasoromano.it).
Essere nel mosaicosmo
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