Fabiola di Nicholas Patrick Wiseman

Il romanzo di ambientazione romana è un genere che ha ottenuto un discreto successo e continua ad averlo ancora oggi con lettori fedeli e sceneggiature più o meno riuscite.
Il libro che sto per recensire, letto in una edizione di Malipiero, è Fabiola di Nicolas Wiseman, romanziere ma soprattutto arcivescovo di Westminster che sul finire del 1800, in un momento in cui il Cristianesimo era attaccato dal Positivismo, scrive una vicenda ambientata in un contesto in cui la religione cristiana stava per dimostrare la sua forza.
L’autore nel romanzo dimostra una notevole conoscenza di Roma anche nella sua topografia e ciò rende il tutto realistico.

È la vicenda di Fabiola, matrona romana del tempo di Diocleziano che, dopo un lungo travaglio interiore, si converte al Cristianesimo. Il romanzo inizia con la presentazione di un giovane, Palladio, che ha scoperto che il suo maestro Prudenzio, grande retore, è cristiano e ciò lo emoziona non poco. Nel capitolo successivo è introdotta Fabiola, bella filosofa romana, crudele con le sue schiave, che dall’alto della sua ricchezza disprezza tutti. Quest’ultima fa gola a molte persone tra cui Fulvio, un ambiguo personaggio, introdotto in casa da una schiava come Atte e da cui comincia l’azione.
I personaggi secondari sono numerosi. Tra essi: Cecilia, la santa cieca, e Tarcisio, il giovane catecumeno ucciso dai pagani, nonché la bella Agnese, cristiana e santa martire.

Il tema principale è la persecuzione che porta i cristiani a nascondersi nelle catacombe (non è un caso il fatto che il romanzo abbia come altro titolo La Chiesa nelle Catacombe), di cui Wiseman fornisce una descrizione accurata.
Il clima politico è rovente perché Diocleziano non si fida dei colleghi con cui ha diviso il potere, ma dall’alto sembra agire una Provvidenza nelle vesti di un giovane ufficiale che sta facendosi strada: Costantino.
Non dico di più.

È un’opera che racconta un momento cruciale della storia umana e lo fa con una certa credibilità, ma non è esente da una vena retorica tipica del XIX secolo. Non esiste il male assoluto, ma i cattivi, semplificando troppo. E su tutti vigila Cristo trionfante.
In sostanza un libro che oggi appare datato, ma interessante come archeologia.