Falconer di John Cheever

La discesa nell’inferno inizia con un fratricidio. Ezekiel Ferragut uccide suo fratello Eben colpendolo venti volte con un attizzatoio e finisce tra le mura di un carcere, anzi di una casa di correzione, ovvero Falconer. Ferragut è un’insegnante e conduce una vita medio borghese che viene spazzata via violentemente una volta varcata la soglia della condanna per omicidio trasformandosi nel prigioniero 734-508-32. All’interno del braccio F inizierà il suo viaggio nell’abisso, spinto verso la solitudine più profonda, verso la spersonalizzazione più totale, con la sola compagnia dell’eroina e della relazione sessuale con un compagno di sventura. La vita di Ferragut non sarà più la stessa, fagocitato non solo dall’atto di violenza di cui si è reso protagonista, ma anche dagli errori nel sistema che Falconer stesso rappresenta.

All’interno del carcere i cattivi non si distinguono dai buoni, né la verità dal torto, tutti gli estremi ed i confini si sovrappongono, diventando arbitrari ed ingiusti. Ferragut, moderno Caino e moderno Montecristo, cerca con tutte le sue forze di non perdere la propria umanità e non lasciare che il proprio vuoto interiore diventi di un metallo più resistente delle inferriate della sua cella.

“Falconer” è un romanzo crudo, asfissiante, doloroso, da leggere all’aperto in un tiepido pomeriggio di sole. John Cheever, maestro nell’arte di dipingere la fragilità delle esistenze medio borghesi americane, ci mostra i corridoi più squallidi e lerci di Falconer, non dimenticando di darci la chiave d’uscita e una lezione sulla redenzione, ovvero che se questa non ci arriva dall’esterno possiamo sempre provarci da soli.

“Teneva la testa alta e la schiena dritta e camminava benissimo. Rallegrati, pensò, rallegrati.”