Famiglia
- Autore: Natalia Ginzburg
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2018
Natalia Ginzburg è il perno della Letteratura al femminile del dopoguerra. Aspra, docile, pessimista ma non con tutti i suoi protagonisti, lei ha dato una dimensione formale al romanzo italiano, partendo da prove timide fino al successo eclatante, nel 1963, del suo capolavoro: Lessico famigliare. Lavorò per Einaudi, nella redazione di Torino e poi in quella di Roma, dopo aver perso il marito Leone Ginzburg, torturato nel 1944, nel carcere di Regina Coeli. Con Lessico famigliare, Natalia Ginzburg vinse il premio Strega nel 1963. Il libro era un memoir scarno, diretto, senza compiacimenti stilistici, ma anche con attimi di tenerezza, che non le appartenevano.
Il critico letterario Domenico Scarpa e consulente letterario all’istituto Primo Levi a Torino sta ristampando tutti i libri della Ginzburg, da ultimo Vita immaginaria. Mentre noi iniziamo la nostra analisi con Famiglia (Einaudi editore, 2011 più ristampe, prefazione e curatela di Domenico Scarpa).
Famiglia fu scritto nel 1977, in un anno denso di tensioni politiche e sociali. Che entrano di soppiatto anche nel romanzo, dove regna una mediocrità esistenziale e risentimenti e gelosie immotivate o di lungo corso. L’incipit parla di un uomo e di una donna che guardano al cinema un film con la presenza di bambini della coppia e di amici. Solo dopo alcune pagine scopriamo che l’uomo è Carmine Donati, architetto, e la moglie è Ivana, che fa traduzioni. Una volta erano amanti e vivevano in una casa piccolissima, sulla via Casilina, a Roma. Litigavano la notte poi rifacevano pace, avevano progetti più grandi di loro, che erano invece svogliati e indolenti.
Vengono a trovarli i genitori di lui, contadini abruzzesi. Carmine prima era sposato con Ninetta che era partita per Venezia con un altro uomo, ma Carmine non l’amava più e quindi il fastidio era quel poco di decoro che restava alla coppia.
D’altra parte Ivana aveva preso il posto di Ninetta perché la coppia aveva avuto una figlia che era morta a un anno e mezzo di paralisi, dopo il tragico evento si lasciarono. Attorno a loro c’era una girandola di domestiche che non sapevano stirare o cucinare, erano totalmente inette. Ivana trovava Ninetta “ignorante come una pera”. Lei e Carmine si erano rivisti dopo dieci anni, a una festa a Roma, e lui era già sposato con Ninetta. Che era indubbiamente una cretina, ma la Ginzburg non fa sconti a nessuno.
Nel libro non c’è nemmeno l’ombra di una persona riflessiva, conducono tutti convivenze senza un reale motivo. I più ricchi per eredità o professione, si sentivano in difetto, ma senza aver fatto un ragionamento politico sociale. La motivazione era la paura della solitudine in buona sostanza. Anche i genitori di Carmine, i contadini abruzzesi, erano venuti a vedere il primo figlio di Ninetta e dell’architetto, Dodò. E trovavano la casa deliziosa e la mamma di Carmine insegna alla nuora come fare le verdure sott’olio e la pasta fatta in casa. Anche la migliore amica di Ninetta, una certa Ciaccia Oppi, Ivana la trovava una cretina. Ma non è per malignità. La donna aveva deciso di dire quello che pensava, anche se le faceva il vuoto intorno.
Già il fatto che avesse una relazione con l’artista Amos Elia, che non combinava niente da mesi, abulico, caduto in un pozzo nero. Questa relazione preoccupava molto Angelica, la figlia di Ivana, nata dopo la morte della bambina di Ivana e Carmine. In questo guazzabuglio si era unito anche Matteo Tramonti, un cantante gay, anche se la Ginzburg lo chiama nella maniera che ora è politicamente scorretta, un termine romanesco ancora in uso. Quando si seppe che Amos Elia era morto suicida uccidendosi con il luminal, un barbiturico a dosi massicce, Carmine disse di prendere la macchina grande. A quel punto Ninetta disse finalmente una cosa sensata:
Ma perché quanti siete, chi c’è?
Se la Ginzburg non li trattasse tutti come idioti, indolenti e intelligenze sprecate, sarebbe a pro delle comuni, di famiglie allargate; ma nella scrittrice c’è una aridità di fondo, un pessimismo mai così esibito, come se i suoi protagonisti fossero collusi con le brigate rosse. Si specchiano, fumano, esce dal cilindro un nuovo amico di amici, loro non sanno niente, figurarsi chi era Moro e il libro è stato scritto nel 1977. Il giornale lo legge solo Carmine, Ninetta non sa nemmeno che l’Italia è repubblicana.
Chi scrive ha difficoltà a enumerare tutti i nomi presenti. Carmine ha una relazione con Olga da anni e Ninetta l’aveva intuito, ma non poteva dire niente a causa delle sue di infedeltà. È un circo equestre dove appare pure una scimmia di peluche, il gioco preferito di Dodò. Ma il tono ironico della Ginzburg non impatta più, ci vuole un melò per chiudere la scena.
A seguire troviamo un racconto lungo dal titolo “Borghesia”, dove una signora regala un gatto a Ilaria Boschivo, vedova dell’impresario teatrale Giovanni Boschivo. Le viene detto di non stressare il gatto per i primi giorni perché deve capire in che spazio si trova. La donna vive sola. Nell’appartamento vicino vive la figlia Aurora e il marito Aldo, e di sopra il cognato Pietro Boschivo che senza far torto a nessuno li manteneva tutti, anche se Aldo era giovane e forte e poteva lavorare dove a lui piacesse. Ma la pigrizia fa dimenticare che un estraneo ti possa mantenere fino alla fine. E poi la domestiche, Cettina per Ilaria, “curva e nasuta”, e la giovane Ombretta per il cognato. Quest’ultima uccide il gatto involontariamente, mettendo a posto la biblioteca. Mentre il fratello si era ammazzato con i sonniferi, perché l’antiquario non voleva svendere delle terre in Basilicata. Era soprattutto per questo motivo che Pietro manteneva la famiglia del fratello. Ma Pietro si era innamorato di una ragazza di vent’anni, di famiglia ricca, piccola di statura e per questo chiamata la “monachina”. Il racconto si snoda con molta grazia, ma il confronto tra l’anarchia dei gatti e la borghesia degli umani lo rendono statico, come se la Ginzburg avesse speso tutto il suo talento per scrivere Famiglia.
In ogni caso questo racconto serviva per rendere più lungo il libro. E poi perché tra saggi, romanzi, racconti lunghi o corti, più la parentesi teatrale, la Ginzburg aveva scritto molto, ma negli ultimi anni fu presa dalla passione per la politica. Venne eletta nel 1987 come deputata nella sinistra indipendente.
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