I libri di una scrittrice raccontano la sua vita meglio di qualsiasi autobiografia. Il che è certamente vero nel caso di Fausta Cialente, grande autrice dimenticata del nostro Novecento, che nei suoi romanzi non ha mai raccontato sé stessa eppure in qualche modo la sua essenza è rimasta impigliata nelle pagine, tra le righe della scrittura, negli spazi bianchi e nelle fughe fallite o irrisolte dei suoi protagonisti che a lei, invece, riuscirono benissimo.
Le opere di Fausta Cialente
Nei suoi ultimi anni si era come volatilizzata, rilasciava rarissime interviste e da tempo, circa un ventennio ormai, non scriveva più. Morì all’età di novantasei anni nelle campagne inglesi del Berkeshire, a Pangbourne: un’amabile signora altoborghese dai capelli imbiancati che viveva ritirata in una delle sue ville. Lei che aveva conosciuto la sabbia del deserto, la luce del sole di Alessandria, gli obelischi egizi del Cairo; lei che era stata, a suo modo partigiana, voce della trasmissione di propaganda antifascista Radio Cairo e aveva condotto una vita nomade e raminga alla costante ricerca di un altrove. La sua fuga si era da tempo arrestata quando, alla veneranda età di più di settant’anni, aveva dato alle stampe il suo ultimo romanzo che narrava la storia della sua famiglia e, in particolare, di sua madre: riportando alla luce il tesoro sepolto del passato aveva ritrovato la pace. Il ricordo era scritto, non sarebbe sbiadito.
Nel 1976 Cialente vinse il Premio Strega proprio con questo libro, ritenuto il suo capolavoro, Le quattro ragazze Wieselberger basato sulla vita di sua madre, Elsa Wieselberger, che riprende tutti i temi cardine della sua narrativa. A settantotto anni divenne la più anziana vincitrice del Premio, stabilendo a suo modo un primato. Le foto di repertorio ce la mostrano sorridente e trionfante: sono pochissime le immagini che la ritraggono giovane, il flash l’ha immortalata anziana all’apice del suo successo tardivo, della sua giovinezza sono rimaste poche tracce destinate a svanire come orme sulla sabbia.
Nonostante il riconoscimento, la sua fama negli anni conobbe un lungo oblio: per molto, troppo tempo è stata solamente un’altra delle scrittrici dimenticate del nostro Novecento, oscurata dalle più celebri Elsa Morante, Anna Maria Ortese e Natalia Ginzburg, le sole che i testi scolastici si degnino di citare.
Un inverno freddissimo: la riscoperta tardiva di Fausta Cialente
Il nome di Fausta Cialente è recentemente tornato alla ribalta grazie alla pubblicazione di Un inverno freddissimo, edito da nottetempo nel mese di gennaio 2023 con la curatela di Emmanuela Carbè, docente e ricercatrice in critica letteraria e letterature comparate.
Quest’ultima pubblicazione rappresenta il punto di arrivo - ma non di fine - di un lungo percorso di riscoperta delle opere di Cialente.
Un recupero tardivo iniziato, alcuni anni fa, dalla casa editrice La Tartaruga che dopo aver ripubblicato il capolavoro Le quattro ragazze Wieselberger (2018) ha restituito ai lettori il primo romanzo di Fausta Cialente censurato dal fascismo, Natalia (2019) e infine il secondo romanzo “già maturo e perfetto” Cortile a Cleopatra (2022) ambientato nell’esotica Alessandria d’Egitto. Ora il progetto editoriale di nottetempo si propone di ripubblicare
Ballata levantina e Il vento sulla sabbia, altri due capolavori sommersi e da troppo tempo assenti dalle nostre librerie.
Queste opere ci permettono di tracciare un formidabile ritratto della scrittrice, capace di rivelare molto più di qualsiasi biografia.
Riscopriamo la narrativa di Fausta Cialente attraverso quattro suoi romanzi che sono stati recentemente pubblicati in una nuova edizione.
1. Le quattro ragazze Wieselberger
Iniziamo dalla prima pubblicazione della casa editrice La Tartaruga: Le quattro ragazze Wieselberger (2018) che è l’ultimo romanzo scritto da Cialente.
In queste pagine l’autrice parte dalla biografia materna per narrare la sua storia. Il libro si ispira infatti all’infanzia della madre, Elsa Wieselberger, nella Trieste austroungarica dell’Ottocento.
Le quattro sorelle Wieselberger sono delle giovani nobildonne talentuose e aggraziate, che appaiono inconsapevoli del loro tragico destino. Nel finale, però, è Fausta a prendere il testimone raccontando la sua storia come se volesse riannodare il filo degli eventi secondo una prospettiva generazionale che annoda passato e futuro. Nulla è andato perduto, sembra dirci Cialente nella sua narrazione, il passato prosegue ininterrotto in una remota visione di futuro.
Le quattro ragazze Wieselberger
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2. Natalia
Natalia è il primo romanzo di Fausta Cialente. L’autrice lo scrisse nel 1927 ad Alessandria d’Egitto dove si era trasferita con il marito Enrico Terni.
Natalia parla la lingua della nostalgia e ci restituisce l’infanzia raminga di Cialente nella provincia italiana. La sua giovinezza fu infatti soggetta a frequenti spostamenti a causa della carriera militare del padre. Ma, nonostante l’impianto narrativo possa trarre in inganno, non si tratta di un tradizionale romanzo di formazione femminile. Cialente ci consegna una narrazione audace per l’epoca: nel libro infatti narra l’innamoramento della giovane Natalia per Silvia, la vicina di casa. La protagonista però infine sembra redimersi dal suo peccato d’amore: si sposa con un reduce, Malaspina, e sconterà il peso della sua colpa perdendo il figlio che porta in grembo. Nel finale, tuttavia, Cialente apre uno spiraglio di modernità: ci mostra la protagonista ancora in fuga, forse da sé stessa prima di tutto. Forse, anche per obbedire alla morale corrente dell’epoca, l’autrice decide di riconciliare Natalia con il marito nell’epilogo; tuttavia su questo personaggio sembra addensarsi un enigma non risolto che lo rende estremamente attuale.
Il libro negli anni Trenta fu soggetto alla censura fascista. Venne chiesto all’autrice di apportare delle modifiche ai riferimenti a Caporetto: quel che lei definiva propriamente “disfatta” doveva essere chiamata “ritirata”. Ma lei, giovane e caparbia, si rifiutò di apporre le correzioni richieste e Natalia fu consegnato a un lungo oblio. Riapparve nelle librerie italiane solamente negli anni Ottanta ma, ancora una volta, non fu capito. La casa editrice La Tartaruga l’ha riportato all’attenzione dei lettori italiani nel 2019.
Natalia
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3. Cortile a Cleopatra
Fausta Cialente terminò la scrittura del suo secondo romanzo Cortile a Cleopatra il 27 aprile 1931. Il titolo potrebbe sembrare insolito, in realtà si riferisce a un sobborgo di Alessandria D’Egitto situato sulla costa di Ramleh, dove Fausta viveva con il marito Enrico Terni dal 1921.
In questo libro Cialente condensa l’atmosfera immaginifica e sognante dei suoi primi dieci anni vissuti sulla “riva fatata” di Alessandria. Tra le righe ci fa percepire l’arsura del sole, il profumo salmastro del mare e quella carica impalpabile di esotismo che caratterizza l’ambientazione.
Il protagonista della storia è Marco, un adolescente ribelle che viaggia in compagna di una scimmia e ricorda un poco l’Arturo di Morante. La sua fuga irrisolta, il suo sentirsi “straniero dappertutto” riflette la tensione vissuta dalla stessa scrittrice. Il cortile del titolo è abitato da una comunità multietnica che dà luogo a una narrazione corale. Sembra essere il romanzo di una formazione mancata: parla di una ricerca di libertà che si compie nello sradicamento e diventa una sorta di condanna a vita.
Cortile a Cleopatra faticò a trovare un editore: fu dapprima pubblicato a puntate sulla rivista Italia letteraria, che chiuse i battenti prima del finale. Alla sua pubblicazione ufficiale poi non fu accolto come meritava, svanì presto nell’indifferenza e causò alla scrittrice una delusione cocente. Soltanto nel 1953 il libro fu ristampato in una seconda edizione con una prefazione a cura di Emilio Cecchi che ne riconobbe il valore, scrivendo: “Noi invidiamo quelli che lo leggeranno ora per la prima volta”. Tutti coloro che hanno letto Cortile a Cleopatra potranno confermare questa frase.
Cortile a Cleopatra
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4. Un inverno freddissimo
L’ultimo romanzo di Cialente portato nelle librerie italiane è Un inverno freddissimo edito da nottetempo nel mese di dicembre 2022.
Il romanzo fu pubblicato per la prima volta nel 1966 e ora ritorna finalmente alla luce.
La narrazione è ambientata in una vecchia soffitta di Milano nell’inverno più freddo che la città ricordi: siamo nel 1946 e l’Italia è ridotta in macerie dalla guerra. Cialente ci narra la difficile ricostruzione attraverso la storia di Camilla, una donna forte e risoluta, che cerca di tenere insieme ciò che rimane della sua povera famiglia. In quella misera soffitta di Milano inizia così una storia di rinascita. Il luogo viene chiamato “albergo dei poveri”, il riferimento è all’opera di Gor’kij che fu recitata a teatro dal fratello di Fausta Cialente, Renato, poco prima di morire per mano dei tedeschi il 25 novembre 1943.
Nella soffitta di Camilla ritorna anche un vecchio protagonista dei romanzi di Cialente, l’antifascista Enzo, l’innamorato di Daniela in Ballata Levantina, che ora vive perseguitato dal fantasma della giovane scomparsa nelle acque del Nilo. Tra Enzo e Camilla nasce un’intesa speciale: lui è il primo a intuire che lei, nonostante la numerosa famiglia che la circonda, è una “donna molto sola” ma ancora giovane e vitale, nonostante il marito l’abbia abbandonata.
Tra le macerie della guerra emerge, infine, un monito di speranza: il desiderio di sentirsi ancora vivi, nonostante tutto, e di desiderare.
La narrazione si svolge interamente in una soffitta, stretta dalla morsa gelida di un inverno freddissimo, ma proprio da quel punto smarrito della grande città, da quel misero “albergo dei poveri” Fausta Cialente compone un inno alla vita toccando le corde più nascoste del cuore umano.
Un inverno freddissimo
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Quest’ultima pubblicazione ci consegna intatta la voce di una grande scrittrice che non ebbe mai fretta di emergere. Le logiche commerciali - talvolta imprevedibili e controverse - del mondo editoriale l’hanno a lungo eclissata; ma la voce di Fausta Cialente non si è spenta, continua a parlarci con il tono ammaliante e ipnotico di una lingua senza tempo. È sufficiente leggere la prima pagina di Un inverno freddissimo per cadere nella sua rete, catturati come pesci, e non uscirne più: perché ogni luogo narrato da Cialente, che sia una povera soffitta di Milano o un cortile di Alessandra d’Egitto, non si dimentica.
Conoscevate Fausta Cialente? Vi consigliamo di riscoprire le opere e la vita di questa scrittrice che merita di essere risarcita dal lungo oblio cui è stata (ingiustamente) condannata.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Fausta Cialente: 4 libri per scoprire la scrittrice in fuga
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