È un febbraio maledetto e carico di inquietudine quello cantato da Maria Luisa Spaziani nella poesia Febbraio traditore (1977) sulla quale scorre un vento caldo, un vento di scirocco che si fa presagio d’una primavera in anticipo. Il cielo, però, è nuvolo e cupo, sembra essere prigioniero di un maleficio. Il contrasto regna sovrano in una lirica criptica, a tratti ermetica, che fa eco alle poesie dell’ultimo Montale, di cui Spaziani fu “la Volpe”, allieva, musa e amica.
Maria Luisa Spaziani aveva definito la propria poetica come una forma di “preghiera”, una contemplazione che richiedeva solitudine e ascolto, l’anima raccolta in sé stessa nel tentativo di scrutare un altrove, oltre la superficie piana e visibile delle cose. Febbraio traditore non è, come si evince già dal titolo, una poesia paesaggistica; tutt’altro, il tratto dominante non è il paesaggio ma l’inconscio umano, perché nelle poesie di Spaziani le stagioni diventano emblema del procedere della vita. Il mese di febbraio si veste degli scherzi del carnevale, le sue “nubi arlecchine” fanno le capriole e sembrano farsi beffe dell’umanità smarrita sotto il cielo.
Ecco dunque spiegata la personificazione del mese di febbraio, cui è associato un aggettivo ben poco promettente: la poetessa traspone su di esso la propria “anima in bilico”, la propria instabilità emotiva pronta a essere messa a repentaglio, di nuovo, dall’arrivo di un’altra primavera. “Che fretta c’era, maledetta primavera”, cantava Loretta Goggi e nella famosa canzone possiamo percepire la stessa nota stridente e accorata presente nella poesia di Maria Luisa Spaziani. Le due donne, la cantante e la poetessa, in fondo ci stanno dicendo la stessa cosa: entrambe sentono l’anima in bilico, provano la vertigine destabilizzante che caratterizza ogni fine e ogni nuovo inizio. C’è il sentimento dell’attesa di qualcosa, vortica nell’aria turbinoso come un presagio, eppure chissà se questo qualcosa avverrà; infine il presagio si converte in certezza, ma non è una certezza consolatoria.
La poesia Febbraio traditore è contenuta nella raccolta Transito con catene (Mondadori, Milano 1977) oggi contenuta nella silloge L’opera poetica (Mondadori, 2012).
Scopriamone testo, analisi e commento.
“Febbraio traditore” di Maria Luisa Spaziani: testo
Non so quale inquietudine posandosi
a scialle sopra i rami,
sopra le altane che nel vuoto sporgono
come pure i porti insabbiati,
non so che maleficio o ammonimento
o bilico dell’anima
gridano i corvi al baluardo dei platani.Oggi è scirocco giallo di coriandoli,
già verzica la scorza, in capriole
vanno nubi arlecchine. Incombe nera
solo l’ambigua sonnolenza sua,
del fusto tutto spine, enigma al buio
che il suo vermiglio liquame trasuda,
che ultimo esploderà, sigillo infausto
di primavera, l’albero di Giuda.
“Febbraio traditore” di Maria Luisa Spaziani: analisi e commento
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Il vento di scirocco personifica l’inquietudine, vortica tra i rami degli alberi spogli, porta calore nel cuore del gelo. L’aria è carica dell’atmosfera vivace del Carnevale: odore di frittelle e zucchero, coriandoli gialli che colorano un cielo spento dove incombono nuvole grigie. Questo febbraio sembra uno scherzo, una beffa ridicola, come l’arte di mascherarsi per il Carnevale: ci ricorda che le cose non sono mai quelle che sembrano. Le nubi fanno le capriole nel cielo, Spaziani le immagina mascherate, “arlecchine”. Si intuisce un fastidio nell’animo della poetessa per questa ambiguità delle cose, per questo travestimento dell’inverno non più presente a sé stesso. Sta avvenendo un cambiamento impalpabile nel mondo: comincia a verdeggiare, i semi e i fiori si risvegliano dal lungo letargo invernale, la terra “sotto l’ambigua sonnolenza sua” sembra raccogliere la sua fatica pronta ad esplodere in una nuova primavera. La nuova stagione trasuda da un liquido organico di colore rosso (il vermiglio liquame) che ricorda il colore del sangue, lo scorrere invisibile e tuttavia presente della linfa vitale.
Infine si comprende l’aggettivo “traditore” del titolo, perché nel finale la poetessa fa riferimento all’Albero di Giuda, che prende il nome proprio dall’apostolo Giuda Iscariota che tradì Gesù per trenta denari salutandolo con un bacio nell’orto del Getsemani.
Perché febbraio è traditore?
Febbraio, per Maria Luisa Spaziani, ha il volto ambiguo di Giuda: ti saluta con un bacio, ma ha già pronta la tua condanna che infatti appare nel finale della poesia sotto le sembianze del “sigillo infausto di primavera”.
L’albero di Giuda è infatti una pianta mediterranea, il cui nome latino è Cercis Siliquastrum ma è chiamata volgarmente “Albero di Giuda” perché originaria della giudea. Questa pianta è un noto simbolo della primavera: ha degli sgargianti fiori lilla e rosa intenso che crescono, riuniti in racemi, a gruppi sulla corteccia e persino sul tronco. La fioritura del cosiddetto Albero di Giuda annuncia l’inizio della primavera, metafora del cambiamento imminente cui la poetessa vorrebbe sottrarsi. Febbraio dunque è “traditore” perché, tra i coriandoli e le frittelle del Carnevale, porta con sé l’avverarsi della stagione nuova, il voltafaccia dell’inverno, una fine e quindi un nuovo inizio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Febbraio traditore”: la poesia carnevalesca di Maria Luisa Spaziani
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