Il 21 marzo 1920 moriva Federigo Tozzi. Romanziere e novelliere apprezzato in vita da Pirandello e Borgese, fu a torto considerato un epigono del naturalismo. Grazie alla critica tra gli anni ’60 e ’70 è riconosciuto tra i grandi del Novecento.
Questo articolo intende proporre una visione d’insieme, senza pretese di esaustività, della vita e del mondo letterario dello scrittore senese Federigo Tozzi (1883-1920) a lungo misconosciuto.
La famiglia di Federigo Tozzi
Il dato che salta all’occhio guardando la biografia di Federigo Tozzi è una vita difficile, inquieta, sul piano familiare, religioso, politico, psicologico.
I genitori di Federigo, piccoli proprietari terrieri nel Senese, fanno il salto di qualità aprendo una trattoria. I rapporti in famiglia sono tesi; il padre è violento e autoritario, marito fedifrago, abile negli affari. Tozzi si rivolge anche alla Magistratura per i maltrattamenti subiti. La madre è cagionevole di salute, succube del marito da cui dipende economicamente. Una situazione tristemente diffusa anche nella contemporaneità.
Non stupisce che Federigo diventi un adolescente ribelle. I suoi studi sono irregolari e disordinati, sarà espulso dal seminario per motivi disciplinari. A diciotto anni, l’iscrizione al Partito Socialista dei Lavoratori italiani e le simpatie anarchiche. Vira poi verso posizioni reazionarie, insieme alla conversione al cattolicesimo, che sfocia nella fondazione di una rivista ad hoc.
Il conflitto con il padre nella produzione del Primo Dopoguerra
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L’atteggiamento oppositivo nei confronti del padre marca come un leitmotiv la sua produzione letteraria a ridosso del Primo Dopoguerra: Con gli occhi chiusi e Tre croci del 1920, Il podere del 1921.
I protagonisti, infatti, sono schiacciati da un modello paterno autoritario e svalutante che li umilia, condannandoli alla paralisi dell’insicurezza e del velleitarismo. Pertanto sono passivi-oppositivi (repressi?) incapaci di una ribellione aperta e costruttiva; dei vinti, consapevoli della propria inettitudine a vivere.
Cosa significa Con gli occhi chiusi? Che il protagonista Pietro, non osando guardare e rifiutandosi di vedere, è incapace di vivere e amare. Gli occhi chiusi sono metafora della sua inettitudine.
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Il podere dell’omonimo romanzo fa emergere la debolezza del protagonista, in lotta con il padre anche dopo la morte di questi. Remigio non è in grado di occuparsi del podere ereditato dal padre con oculatezza ed efficienza. Freud ipotizzerebbe che in realtà non voglia fare il padrone per prendere le distanze dal padre, fin troppo padrone nel bene e nel male. Questo autosabotaggio lo pagherà a caro prezzo nell’epilogo del romanzo. Non a caso, il grande critico letterario Debenedetti osserva a riguardo negli anni Settanta:
"La sua inettitudine nella vita pratica è la negazione dei valori paterni".
Debenedetti avanza un parallelismo con la produzione coeva di Kafka per la conflittualità con l’autorità paterna. Che io sappia Tozzi non conosce Freud, però legge avidamente gli scritti psicologici della scuola di Charcot su cui il padre della psicanalisi si forma.
Il trasferimento a Roma e la morte di Federigo Tozzi
Venduti terreni e trattoria alla morte del padre, Tozzi lavora alle ferrovie e si dedica ai suoi interessi. Si sposa, si tuffa in letture disordinate tra Dostoevskij, santa Caterina da Siena e san Bernardino, saggi di psicologia. Le prime prove letterarie sono poetiche di forte impronta dannunziana.
Il 1914 è l’anno della svolta. Il trasferimento da Castagneto, in provincia di Siena, a Roma con moglie e figlio gli permette di frequentare gli ambienti che contano. Pirandello e Borgese lo sostengono a scrivere romanzi rifondati su basi nuove. Pirandello nel 1918 lo inserisce nella redazione del "Messaggero della domenica". È un peccato che la polmonite lo stronchi a trentasette anni nel 1920. Sta appena raccogliendo i frutti del suo lavoro, anche come giornalista per altre testate.
Personaggi femminili e religione nei romanzi di Federigo Tozzi
A parte l’inetto di cui ci siamo occupati, i personaggi migliori animano la dicotomia dei racconti tra aguzzini e vittime, vincolati da rapporti sadici e masochisti. La figura dominante è un maschio aggressivo (padre, fratello, amico). Le figure femminili conoscono la debolezza della rinuncia o l’emarginazione di scelte anticonvenzionali e degradanti. Mi sembra che il concetto di amore sia estraneo all’orizzonte emotivo di Tozzi.
Le figure femminili si attestano sulla polarità madre/sgualdrina con alcune varianti. La madre è una donna debole, succube del marito che la tradisce, che vive accettando la sua condizione di vittima. È una madre inadatta, contraddittoria che genera confusione nei figli spingendoli alla disubbidienza. Spesso il protagonista, inetto, si innamora di una ragazza disinibita che incarna l’eros. Penso a Senilità di Italo Svevo del 1898 in cui Emilio, con reiterati inganni della coscienza, non coglie che la sua Angiolina di angelicato non ha proprio nulla. Analogamente, in Con gli occhi chiusi Pietro non vede la corruzione morale della ragazza che ama e di cui teme la carica erotica. Entrambi hanno bisogno di sublimare le ragazze che amano.
Della religione Tozzi sembra attratto dai riti e dalla simbologia che sente misteriosa, più che dal divino o dalla teologia. Anche i Crepuscolari, coevi a Tozzi, nutrono una predilezione per gli oggetti sacri e i paramenti della liturgia.
La malattia tozziana della giovinezza
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Il testo di riferimento è la raccolta Giovani del 1920, il cui titolo indica una disposizione psicopatologica. Vediamo perché. L’adolescenza non è una fase biologica, bensì una disposizione psicologica. Oggi non si chiama età emotiva? Però, aggiunge Tozzi, questa disposizione per gli sbalzi d’umore repentini e immotivati che comporta è come una malattia. Mi sembra speculare alla senilità sveviana che non significa senescenza. Se in Tozzi un anziano può essere ancora giovane, in Svevo un giovane può essere già vecchio. Dentro.
Quali sono le caratteristiche della scrittura di Federigo Tozzi?
- Un uso anomalo dei segni interpuntivi perché il punto e virgola sostituisce la virgola. Il risultato è il risalto di alcuni segmenti in una frase e un periodare frantumato.
- Una narrazione stringata ed essenziale.
- Un periodare paratattico che azzera la gerarchia tra proposizioni.
- L’impostazione soggettiva perché i fatti sono filtrati dall’io inquieto del protagonista.
- Un realismo simbolico, dunque, per l’interiorizzazione di dati paesaggistici e vicende. Se questo taglio narrativo vi interessa, fatte le debite differenze, consiglio anche la lettura de Il castello di ghiaccio di Vesaas edito da Iperborea. Intendo il realismo simbolico, con tutti i limiti che ogni etichetta comporta.
Federigo Tozzi non è certo una lettura accattivante per gli amanti di bestseller. Il suo universo narrativo è triste, ingrigito da un’emotività irrisolta e dalla preoccupazione del denaro. Anche l’eros, presentato nel versante più squallido o istintivo, non è una gioia o una via di fuga per maschi sessualmente inibiti.
Però ritengo che valga la pena leggerlo: scoprirete che romanzi e novelle possiedono quella bellezza ruvida e discreta di cui ci si accorge quando ormai ne siamo già innamorati.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Federigo Tozzi: vita e opere
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