Figlie di Gerusalemme
- Autore: Shifra Horn
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2024
Figlie di Gerusalemme di Shifra Horn (Fazi editore, traduzione Silvia Pin, nelle librerie da ottobre 2024) è un ingresso guidato e indiretto nella storia di un’esistenza familiare rappresentata dalla vita di donne, un’autoanalisi sociale e di un’“esistenza familiare”.
Shifra Horn, scrittrice, giornalista e antropologa israeliana classe 1951, propone una storia di donne, per l’esattezza le donne della sua famiglia, a cui fa da sfondo una Gerusalemme sfolgorante, vivida, contrastante e contrastata.
Molti pensano che scrivere di se stessi, della propria esistenza e della propria famiglia sia il modo più semplice di fare letteratura. Scrivere di se stessi non è affatto facile: significa mettere sulla carta la storia della propria famiglia e in qualche modo mettere a nudo se stessi, quasi tuffarsi nel mare della emozioni condivise, taciute. In qualche modo, è come entrare in una stanza di cui conosciamo le pareti, ma non sappiamo cosa potremmo scoprire nei cassetti e negli armadi che arredano quella stanza.
L’autrice Shifra Horn, conosciuta per le sue opere che esplorano temi legati alla cultura, alle tradizioni e alla società israeliana, accetta la sfida in questo suo nuovo romanzo.
Una famiglia, quattro generazioni, le sue donne, con sfondo Gerusalemme, la città “del mondo”, polivalente, ricca di contraddizioni e commistioni culturali e religiose. Gerusalemme, sfolgorante con le sue luci che si riflettono sulle cupole dorate delle moschee, con i profumi che si dipanano tra i vicoli delle città vecchia, diventa protagonista e comprimaria alla storia e alle donne “protagoniste”. Vite parallele, condivise, diverse e alle volte uguali al fluire della città nei suoi contrasti spesso accesi, nelle folle del popolo che fanno da coro alle storia degli uomini e soprattutto delle donne, dove il concetto latino di “pietas” si fa padrone e veritiero.
Voce narrante della storia è Alexandra Davidovitch, quarantenne sensibile e colta, profondamente legata alla famiglia e desiderosa, allo stesso tempo, di trovare un suo spazio identificativo dove poter definire vincoli emotivi e sociali che in qualche modo la opprimono. Lo fa (su esempio di Virginia Woolf) ritagliandosi uno spazio: una stanza in un residenze dove si rinchiude con il suo PC, tracciando e descrivendo la vita di della sua famiglia fatta di donne, sogni, aspettative. Valori intrisi non solo nella pelle viva della persone che le hanno vissute, ma memoria e dolore senza filtri di chi le ha vissute tradotte in delusioni e sopraffazioni. Ma anche in sogni e misteri.
Alexandra parte dalla nonna Edwarda, custode indiscussa delle memoria familiare, ponte tra le generazioni, con i suoi ricordi che si snodano in molte delle vicende facendosi storia e romanzo.
Edwarda segna la resilienza e l’adattamento, capostipite della famiglia Davidovitch. Le sue esperienze, radicate in cambiamenti storici e culturali, parlano di sopravvivenza, di memoria e della necessità di tramandare la forza di donne tenaci e intraprendenti di una faglia maschile e patriarcale.
Proprio dai racconti e dai ricordi di Edwarda, Alexandra conosce la figura di Victoria, la prima grande donna della famiglia Davidovitch nonché sua bisnonna, il cardine della genealogia femminile di famiglia. Victoria, cresciuta in una Gerusalemme sotto il controllo ottomano, nel periodo di grandi cambiamenti politici e culturali è il simbolo di come tradizioni, identità e caratteristiche che faranno la tradizione familiare si siano mescolante semplicemente trasformando il flusso degli eventi. All’età di quattro anni, Victoria viene scelta dal console britannico a Gerusalemme per offrire un mazzo di fiori al principe d’Inghilterra in visita; questo evento, apparentemente semplice, si rivelerà determinante per il suo destino e quello dell’intera famiglia fino ad arrivare ad Alexandra.
La donna “capostipite” si rivelerà “straordinariamente bella e determinata”. Si destreggerà in una vita irta di difficoltà, trasformandola in una donna di forza e di resilienza capace di affrontare le sfide di un mondo in rapido cambiamento, dove la figura maschile predomina e domina.
Da queste donne Abigail, la madre di Alexandra, e Alexandra stessa dipendono e ne sono costole indissolubili. Esse stesse soffocano e cercano di liberarsi dalle ingiustizie, dalla violenza, dalla miseria di una figura genitoriale maschile (che è padre e marito) che soffoca entrambe.
Queste pagine sono attraversate da una tensione narrativa di fatti e avvenimenti che Shifra Horn non lascia mai cadere nel melenso e nel già visto. Declina e alimenta con continui flashforward e intervalli narrativi che non sono deviazioni, ma ricche necessità di capire e di far capire il contesto storico al lettore, portandolo a immedesimarsi ancora di più nella storia che si tramuta spesso in saga familiare al femminile.
Passato, presente e futuro si intrecciano, riflettendo la natura ciclica della storia narrata che corre parallela all’influenza ineluttabile del destino. La fluidità narrativa si fonde con la continuità generazionale, sottolineando la connessione tra gli eventi che hanno plasmato le vite delle donne protagoniste e il tempo. In un ritorno circolare (quasi una ricaduta) in e su se stessi.
Una tecnica narrativa che sembra scelta dall’autrice per consente ai lettori di percepire l’impatto emotivo degli eventi prima ancora che accadano, intensificando l’empatia e il coinvolgimento con i personaggi. Shira Horn lascia la linearità narrativa a favore della narrazione eliocentrica degli eventi, che è parallela allo scorrere del tempo della vita e delle esigenze di ognuno di noi.
La vita familiare si fa saga non al maschile, ma al femminile. Gli eventi rappresentano il sentire dei personaggi calati nella storia della loro contemporaneità, diventandone partecipi diretti e indiretti, protagonisti soffocati da se stessi. Una narrazione che si avvicina alla tradizione ma che però si fa moderna piano piano, con la struttura e lo stile.
Il fluire della memoria e della storia è unico, entrambe maestre di vita, inascoltate. rivelando il romanzo della Horn come storico e al contempo contemporaneo e vero, dove la memoria si fa crescita e le donne sono tabernacolo che vive per comprenderla, affrontarla, conoscerla e giudicarla fino alla sua accettazione.
Figlie di Gerusalemme
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