Francesca
- Autore: Manuela Raffa
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2017
“Francesca” (Piemme, 2017) di Manuela Raffa, è la biografia romanzata della vita di Francesca da Polenta, o da Rimini (Ravenna, 1259/1260 - Gradara, 1285), figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna.
Il dipinto Paolo e Francesca (1863) del pittore tedesco Anselm Feuerbach, presente nella copertina del testo, conduce il lettore alla scoperta delle appassionanti e tragiche gesta di un’eroina entrata a far parte dell’immaginario collettivo insieme al suo innamorato. Francesca,
“gioiello inestimabile, per bellezza e intelligenza”
dall’ambizioso padre data in sposa a soli sedici anni al condottiero Gianciotto Malatesta, figlio di Malatesta da Verucchio signore di Rimini. Un matrimonio non d’amore, considerato il carattere rozzo e brutale di Gianciotto. È anche per questo che Francesca s’innamora ricambiata di suo cognato Paolo Malatesta, detto il Bello (Verucchio, 1246 circa - Gradara, 1285). Un amore, il loro, destinato a concludersi nel sangue. A questa sfortunata coppia di amanti Dante Alighieri dedicò una buona parte del Canto V dell’Inferno (V, 100-108, 127-138) della “Divina Commedia”, relegando Paolo e Francesca nel cerchio dei lussuriosi.
“Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende, prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende. Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi ad una morte”.
Con pochi, incisivi versi, gli studenti e i cultori del padre della lingua italiana hanno imparato ad amare la storia di Paolo e Francesca, innamoratisi grazie a un libro “galeotto”:
“Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse; soli eravamo e sanza alcun sospetto”.
L’autrice milanese, nel suo riuscito romanzo d’esordio, restituisce al lettore la vita di Francesca, svelando la sua personalità di donna dalla vivace intelligenza, attratta dalla poesia e dalla musica.
“Una mente da uomo in un corpo di donna”
questo pensava Guido da Polenta di sua figlia, la sua prediletta. Postura eretta del corpo vigoroso, fiero il cipiglio dello sguardo azzurro, freddo come il ghiaccio, Guido da Polenta, in quel 1275, sapeva di essere ad un punto cruciale della propria esistenza. Guido aveva osservato, studiato, atteso. I Traversari detenevano ancora il potere a Ravenna, ma se tutto si fosse svolto come aveva predisposto, presto sarebbero scomparsi dalla scena politica della città, lasciandolo capo indiscusso. Ravenna sarebbe stata sua, nessuno sarebbe più riuscito a opporsi. Con il tempo e la pazienza, Guido avrebbe raggiunto il potere che bramava. Non sarebbe bastato cacciare i Traversari, non era così ingenuo da illudersi, ma era il primo passo di un lungo cammino. Guido aveva nove figli, ma solo tre erano la luce dei suoi occhi: Lamberto, Bernardino e Francesca. I maschi li aveva mandati a studiare a Bologna. Le ragazze, due, in convento ad apprendere quanto serviva. Le aveva richiamate da poco, intenzionato a sondare gli ambiti matrimoniali. Era tempo di stringere alleanze vantaggiose e non voleva che la timidezza delle giovani compromettesse i suoi piani. Dovevano abituarsi alla vita. Ma Francesca era unica: aveva una camera piena di libri, evento raro per una giovane, che di solito si serviva solo di telaio, ago e filo, così diversa da sua madre
“rigida e severa, religiosissima e incapace di esprimere un giudizio proprio o un sentimento sincero”.
Guido avrebbe preferito chiamarla Francesco, ma la volontà di Dio era stata diversa. Invece di un terzo, imbattibile figlio da destinare alla spada e alla vita politica, aveva una fanciulla da indirizzare al matrimonio, affinché i rapporti con i suoi alleati si rafforzassero. Ecco perché dopo pranzo Guido nel salone della sua abitazione aveva ricevuto un gruppo di ospiti tra i quali Giovanni Malatesta, soprannominato Gianciotto a causa della malformazione congenita a una gamba che lo costringeva a trascinare il piede. “Non che gli impedisse di essere un formidabile guerriero a cavallo”. Infatti,
“nessuno osava ridere di lui, se non alle spalle. Per invidia, la maggior parte delle volte”.
Francesca
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L incanto di una storia senza tempo, ben calato in una realtà storica che risalta anche in modo implicito, una scrittura a tutto tondo e vivida. Le sfaccettature di ogni anima pervadono le pagine di questo splendido libro. Da leggere e rileggere.