Francesco De Gregori. I testi. La storia delle canzoni
- Autore: Enrico Deregibus
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2020
Enfasi interpretativa e contenuti mediali hanno inciso in negativo e per lungo tempo sullo spessore della canzone italiana. I primi album di Francesco De Gregori sono da assumersi come l’antitesi esemplare alla perniciosa tradizione melodica. Siamo agli inizi degli anni Settanta, De Gregori è ancora un ragazzo, e chissà se anche per questo si impone, fra i cantautori, come il più rivoluzionario di tutti. Un vero e proprio sovversivo della forma-canzone; portatore sano di linguaggi inediti: andata e ritorno tra doppi e tripli sensi. E ossimori. Impennate. Metonimie. Simbologie palesi e/o sottese. Sinestesie spiazzanti. Apparenti non sense, rappresentano l’humus della prima scrittura degregoriana.
Se è vero che le canzoni non si spiegano, quelle di Francesco De Gregori dovrebbero spiegarsi meno che mai, per preservarne intatta la portata evocativa: il nucleo dove forse di più si individua il senso dell’intendere-pensare-scrivere degregoriano. In altre parole: le canzoni di Francesco De Gregori andrebbero assunte per ciò che sono (prima ancora che per ciò che significano). Cioè per l’esito combinato di musica + parola. Scrittura d’autore. Categoria dello spirito. Libere associazioni escatologiche sugli uomini e la storia. Quarant’anni abbondanti declinati tra palco e realtà, se si può dire. A misurarsi col corso degli eventi, a rintracciare micro e macro geografie del mondo, e farlo, in fondo, per se stesso, per tutti e per nessuno. E questo sin dall’inizio, sin dall’inarrivabile quadrilogia d’esordio – Alice non lo sa, la Pecora, Rimmel, Bufalo Bill – che getta le basi per la discografia a venire, somministrandone i topoi rivoluzionari.
La lunga introduzione non è fine a se stessa, poiché il nuovo saggio di Enrico Deregibus, Francesco De Gregori. I testi. La storia delle canzoni (Giunti 2020) proprio con le parole delle canzoni del Principe instaura un corpo a corpo (verrebbe da scrivere) per niente facile, e per niente banale. E questo è il bello. Gli oltre duecento testi del cantautore, sparsi per dischi propri e altrui, risultano in questo libro commentati uno a uno: dai più maturi (FDG è stato bravo sin dagli esordi) a quelli ancora più maturi. Da Alice e consorelle oscure alle canzoni scritte per altri, per intenderci. Il libro ha la mole di una Bibbia, ma l’approccio di Deregibus è meno precettistico e decisamente più accattivante di quello dei profeti: taglio tassonomico (la storia dietro ogni canzone), che si accompagna a quello giornalistico (citazioni di prima e seconda mano, da giornali e libri di testo degregoriani; soprattutto del Principe in persona), poco analitico (evviva!, ricordatevi sempre che le canzoni non si spiegano, quelle di FDG meno che mai) e sommessamente personale (per umiltà di approccio non certo per incapacità). I focus articolati e l’apodittica efficacia dei testi pubblicati (tutti) previa supervisione dello stesso De Gregori, consentono l’accesso all’inquadratura ulteriore e mai pedissequa di uno fra i più capaci scrittori di canzoni che la storia d’Italia ricordi. I versi che seguono mancano della musica, ma sono belli lo stesso, e rendono l’idea della rivoluzione implicita alla semantica del verso degregoriano:
"Bene se mi dici che ci trovi anche dei fiori in questa storia, sono tuoi
Ma è inutile cercarmi sotto il tavolo ormai non ci sto più
Ho preso qualche treno qualche nave qualche sogno qualche tempo fa
Ricordi che giocavo coi tuoi occhi nella stanza e ti chiamavo mia
Ben oltre la coperta all’uncinetto c’era il soffio della tua pazzia
E allora la tua faccia vietnamita ricordava tutto quel che ho
E adesso puoi richiuderti nel bagno a commentare le mie poesie
Però stai attenta a tendermi la mano perché il braccio non lo voglio più
Mia madre è sempre lì che si nasconde dietro i muri
E non si trova mai
E i fiori nella vasca sono tutto quel che resta e quel che manca
Tutto quel che hai
E puoi chiamarmi ancora amore mio"
(Bene)
"Niente luna questa sera
Niente gatti sopra il tetto
I miei sogni sono tutti
Rotolati sotto al letto
E nel buio con la lingua
Conto i denti che mi restano
Domani che farò ragazza mia
Dei tuoi pensieri magri?
Sul campanile nevica
D’accordo ma purtroppo
ho solo una camicia e
E francamente non mi basta
E faccio di mestiere
Il venditore di risate
Al circo che si tiene al lunedì
Ragazza mia, ci andresti mai?
E intanto conto i denti
Però il conto non mi torna
Ce n’è uno che mi manca
E forse tu mi puoi aiutare
Per caso non l’hai mica
Ritrovato a casa tua?
Ero così distratto amore mio
Quando ti ho morso il cuore"
(Souvenir)
Le parole che chiudono questa convinta segnalazione, appartengono invece a Enrico Deregibus, acuto redattore di questo libro. Un libro che tutti i degregoriani – della prima e dell’ultima ora; studiosi, appassionati e fedelissimi vicini e lontani – dovrebbero tenere a portata di mano. Magari sul comodino, al posto della Bibbia. Come vi dicevo, il numero delle pagine è più o meno lo stesso, ma a leggerle ci si diverte decisamente di più:
“Ecco così il libro che avete tra le mani. Decisamente imponente, fuori dagli standard editoriali italiani per volumi di questo tipo: 700 poderose pagine. Perché da una parte le mie schede sono lievitate notevolmente rispetto a quelle del 2003 [si riferisce al suo libro precedente su FDG Mi puoi leggere fino a tardi, ndr] e dall’altra ci sono appunto i testi delle canzoni, controllati e certificati dall’autore stesso, senza quindi tutti i refusi e le corbellerie che trovate in quelli che girano indisturbati in rete. È un onore avere quelle parole, con le quali – ma va? – sono cresciuto, vicine alle mie. Però ricordiamoci di un cosa fondamentale: i testi senza musica sono monchi, non sono le canzoni. È come se al posto di vedere un film uno leggesse la sceneggiatura: va benissimo, può essere affascinante, può contribuire ad aprire dei mondi, ma il film è un’altra cosa”. (p. 8)
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