Un paio di baffetti corti e ispidi, occhi scuri e lucenti, acuminati come spilli, che ti trafiggono all’istante anche in fotografia. Ecco un ritratto esemplare dello scrittore François Mauriac, premio Nobel per la Letteratura 1952. Il suo viso magro e scavato ha una parvenza ascetica, ricorda quello di un prete - e forse non a torto.
Fervente cattolico, in tutte le opere di Mauriac traspare la sua forte fede religiosa e il tema più ricorrente è la lotta dell’uomo contro il peccato. Si azzardò persino a scrivere La vita di Gesù (1936), in cui ribadiva l’importanza di Cristo come figura chiave della tragedia umana.
Nel famoso libro, Mauriac narrava la storia di Gesù attraverso brevi capitoletti in cui il figlio di Dio veniva presentato attraverso brevi accenni, omissioni, episodi che non esaurivano il suo mistero. Nella sua rivisitazione biblica, molto fedele all’originale, lo scrittore si concentrò in particolare su alcuni snodi fondamentali della storia, come la notte nel Getsemani, il tradimento di Giuda e quello di Pietro. La vita di Gesù era la perfetta summa del suo pensiero. Così Mauriac si guadagnò l’appellativo di romanziere cattolico, che lui stesso condivideva appieno:
Sono un cattolico che scrive romanzi.
Il Nobel gli fu conferito per la sua capacità di penetrare nel dramma della vita umana con “profondo spirito” e “intensità artistica”.
Ma la sua non era una narrativa consolatoria, anzi. I suoi sono personaggi tormentati, peccatori mai redenti, come la sua celeberrima protagonista femminile Thérèse Desqueyroux. Lo stesso Gesù, del resto, veniva presentato come “una creatura stanca di correre, un cervo sfinito, errante di rifugio in rifugio”. In questa descrizione possiamo cogliere, tra le righe, il ritratto letterario dell’autore.
Chi era François Mauriac? Scopriamo la vita e le opere del grande scrittore francese.
François Mauriac: la vita e le opere
Mauriac nacque a Bordeaux l’11 ottobre 1885. Rimase orfano di padre appena bambino e fu allevato dalla madre Claire, insieme ai suoi cinque fratelli, nella più stretta osservanza della religione cattolica. La sua infanzia sarebbe stata l’eterno ritorno della sua vita: la campagna di Bordeaux, i pini e i vigneti delle Landes e il cattolicesimo, avrebbero fatto da sfondo a tutti i suoi romanzi.
Appassionato di letteratura fin da bambino - divorava le opere di Baudelaire, Pascal, Balzac - dopo gli studi a Bordeaux si trasferì a Parigi dove iniziò a occuparsi di scrittura. Nel 1909 pubblicò la sua prima raccolta poetica, Les mains jointes (Le mani giunte, Ndr). Nel 1920 venne il primo romanzo, L’enfant chargé des chaines (Il franciullo incatenato, Ndr), nella narrativa Mauriac sembrava aver trovato la strada a lui più congeniale. Tra i suoi maggiori successi di quegli anni, dediti febbrilmente alla narrativa, troviamo La carne e il sangue (La chair et le sang, 1920), Il bacio del lebbroso (Le baiser au lépreux, 1922) sino al suo capolavoro Thérèse Desqueyroux (1927). Il romanzo Groviglio di vipere Le nceud de vipères (1932) gli aprì definitivamente le porte dell’Accademia francese. La sua prosa era intrisa di lirismo e di immagini suggestive, cui intrecciava la morale più autentica della religione cattolica
Intervallava l’attività di romanziere con quella di drammaturgo, scrivendo anche per il teatro pièce notevoli come Asmodée, 1937 ; les Mal-aimés, 1945 ; Passage du Malin, 1947 ; le Pain vivant, 1950.
Recensione del libro
Il bacio al lebbroso
di François Mauriac
Nel dopoguerra si prese una pausa dalla narrativa dedicandosi prevalentemente al giornalismo - scrisse per L’Express e le Figaro littéraire - e alla politica. Era un fervido sostenitore del generale De Gaulle, cui dedicò un’imponente opera biografica Charles De Gaulle (1963). In questi anni si rivelò anche un polemista formidabile, oltre che un intellettuale impegnato, e fu uno dei più grandi sostenitori della politica di decolonizzazione.
Dopo il conferimento del Nobel per la Letteratura si dedicò prevalentemente alla saggistica, scrivendo La rencontre avec Barrès, Du côté de M. Proust, La vie de Jean Racine.
Un anno prima di morire, nel 1969, tornò alla forma romanzo pubblicando il suo ultimo libro Un adolescent d’autrefois (Un adolescente d’altri tempi, tradotto da Giovanni Raboni per Mondadori nel 1971). François Mauriac morì il 1° settembre 1970 a Parigi.
Thérèse Desqueyroux, il capolavoro di Mauriac
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Per trovare la dirompente modernità della narrativa di Mauriac bisogna leggere Thérèse Desqueyroux, il suo libro-capolavoro, di recente riedito in Italia da Adelphi.
La protagonista è una donna accusata del tentato omicidio del marito. La narrazione si apre sul suo processo. Quando esce dal Palazzo di giustizia con il volto “livido e inespressivo”, libera ma non liberata dalla sua coscienza, Thérèse ripercorre il suo passato.
Veniva da un luogo sperduto nella campagna nei pressi di Bordeaux, Argelouse, un paesino fatto di viottoli sabbiosi, lande, fattorie e pecore colore della cenere. Scopriamo quindi che si tratta di una donna intelligente, colta e raffinata che ha studiato nei migliori collegi di Bordeaux. Però è costretta dal padre a sposare un ragazzotto di campagna, Bernardo Desqueyroux, per unire i possedimenti terrieri di famiglia.
Ascoltava il silenzio di Argelouse, che l’avvolgeva come in un sudario e il rumore della pioggia dietro i vetri della sua camera sembravano milioni di sbarre della gabbia in cui era prigioniera, di quella prigione Bernardo era il guardiano, che lei aveva accettato liberamente.
Il matrimonio è infelice, ma Thérèse sopporta, convincendosi a malincuore che la felicità non esiste. I coniugi non potrebbero essere più diversi: il marito è un uomo semplice, preoccupato unicamente del suo lavoro nei campi e dedito ai piaceri della buona tavola.
Dopo la nascita della figlia Maria - che attira le attenzioni dell’intera famiglia - la protagonista scopre di essere incapace di autentico amore materno. Presto scivola in una profonda depressione che la conduce ad annientare sé stessa, finché, nel finale, decide di sopprimere il suo carceriere, il marito Bernardo. Thérèse cerca di avvelenarlo, ma non le riesce.
Thérèse Desqueyroux è un personaggio complesso ed estremamente moderno, spesso paragonato alla Madame Bovary di Flaubert.
François Mauriac dedicò alla figura di Thérèse Desqueyroux anche un secondo romanzo La fine della notte (1935) e un racconto Gli angeli neri (Les anges noirs, 1936). Era un personaggio profondamente radicato nello scrittore e nel suo immaginario - provava un’affezione particolare per questa donna soffocata da un ambiente borghese e provinciale, condannata senza appello a una vita che non aveva scelto. Era un personaggio che si era sedimentato nella sua memoria nel tempo.
La vera Thérése di Mauriac era infatti Henriette-Blanche Canaby, processata a Bordeaux per tentato avvelenamento del marito, grossista di vini. Il giovane Mauriac assistette al processo quando aveva solo ventun anni e rimase affascinato dal profilo di Henriette, che sarebbe diventata la protagonista indiscussa della sua narrativa, portata più volte sul grande schermo da straordinarie attrici.
Recensione del libro
Thérèse Desqueyroux
di François Mauriac
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era François Mauriac, il romanziere cattolico che vinse il Nobel
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