Lenta come una ballata, intensa come una poesia, malinconica al punto da straziare l’anima. Fuga di morte di Paul Celan non si dimentica: sono versi che ti attraversano, lasciandoti poi impigliata tra le ciglia una lacrima, non sai nemmeno tu perché, non sai nemmeno tu per cosa. La consapevolezza che resta, a fine lettura, è che in questo testo è contenuto un messaggio che riguarda tutta l’umanità, l’umanità intera perché siamo tutti, in fondo, “anime in fuga” da un destino di morte.
Il titolo originale tedesco è Todesfuge e rimanda più a una fuga musicale in senso classico, al carattere polifonico che compone la struttura della lirica. Celan lavora al componimento in modo quasi ossessivo, sviluppa vari temi seguendo la tecnica musicale del punto e del contrappunto: “Fuga di morte” rappresenta, al contempo, un viaggio per sfuggire dal destino e una perdita di controllo sulla propria identità.
Questa poesia di Paul Celan, nato in Romania nel 1920 ma naturalizzato francese, è considerata una delle perle della letteratura sull’Olocausto. Il vero fondamento del testo, tuttavia, non è la narrazione dei campi di concentramento, ma il senso di colpa. Ce lo dice la biografia stessa del poeta: i suoi genitori morirono prigionieri in un campo di concentramento; mentre lui, che pure era ebreo, “si salvò”. In quel “si salvò” è contenuto il senso - e anche lo strazio - di questa poesia. Un canto di morte, ma anche di vita, un mistero crudele e anche sentimentale che si regge interamente sulla contrapposizione straziante tra “i capelli d’oro di Margarete” e i “capelli di cenere di Sulamith”.
Il testo è narrato con voce monocorde dall’artista tedesco Anselm Kiefer nel recente documentario Anselm diretto da Wim Wenders che tratta anche del legame tra l’arte di Kiefer e la poesia di Celan. Nelle immagini del documentario di Wenders ci viene restituito più marcatamente, anche dal punto di vista visivo, il senso di Todesfuge che esprime anzitutto una drammatica condizione di orfanità, di abbandono, di impotenza.
Vediamone testo, analisi e significato. La proponiamo di seguito nella traduzione italiana di Moshe Kahn, un giovane studioso di madrelingua tedesca, il traduttore designato dallo stesso Paul Celan prima di morire, proposta nella nuova edizione di Poesie edita da L’orma editore nel maggio 2024.
“Fuga di morte” di Paul Celan: testo
Nero latte dell’alba lo beviamo la sera
lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo di notte
beviamo e beviamo
scaviamo una tomba nell’aria là non si giace stretti
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all’imbrunire in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete
lo scrive ed esce dinanzi a casa e brillano le stelle e fischia ai suoi mastini
fischia ai suoi ebrei fa scavare una tomba nella terra
ci comanda ora suonate alla danzaNero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo al mattino e a mezzogiorno ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all’imbrunire in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete
I tuoi capelli di cenere Sulamith scaviamo una tomba nell’aria là non si giace strettiLui grida vangate più a fondo il terreno e voi e voi cantate e suonate
impugna il ferro alla cintura lo brandisce i suoi occhi sono azzurri
spingete più a fondo le vanghe voi e voi continuate a suonare alla danzaNero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno e al mattino ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith lui gioca con i serpenti
Lui grida suonate più dolce la morte la morte è un maestro tedesco
lui grida suonate più cupo i violini e salirete come fumo nell’aria
e avrete una tomba nelle nubi là non si giace strettiNero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno la morte è un maestro tedesco
ti beviamo la sera e la mattina e beviamo e beviamo
la morte è un maestro tedesco il suo occhio è azzurro
ti colpisce con palla di piombo ti colpisce preciso
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
aizza i suoi mastini contro di noi ci regala una tomba nell’aria
gioca con i serpenti e sogna la morte è un maestro tedescoi tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith.
“Fuga di morte” di Paul Celan: analisi e significato
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Molti dicono che in questi versi prende corpo la “Tragedia della Storia”, in riferimento all’Olocausto; ma in verità io ci sento, con maggiore preponderanza e angoscia, la narrazione di una tragedia individuale - unica e irripetibile - e, come tutte le tragedie individuali, senza soluzione né scampo. Paul Celan ha sviluppato dalla propria percezione individuale - ovvero da un senso di colpa inespiabile - il dramma di un incubo collettivo: il vero soggetto della poesia non è l’io ma il “noi” e quel veleno di morte, il “nero latte dell’alba”, è qualcosa che ci riguarda tutti, noi che ogni giorno ci nutriamo di una vita che ci avvelena. Il “latte nero” è un’immagine fortissima, ossimorica: il latte, per definizione, è bianco ed è ciò che dà nutrimento e vita al bambino appena nato, immagine rafforzata dall’alba come il principio del giorno; ma Celan capovolge parole cariche di promesse come “latte” e “alba” rovesciandole in una semantica oscura. Il latte è “nero” perché contiene un presagio di morte: gli ebrei lo bevono con la consapevolezza di essere condannati a morire, eppure si nutrono della vita sino all’ultima goccia, sino all’ultimo spiraglio di luce. Si tratta dell’unico alimento che tiene in vita i prigionieri, una promessa di sopravvivenza che contiene, al suo interno, un presagio nero di sconfitta.
La seconda forte contrapposizione voluta da Celan è quella tra i capelli d’oro di Margarete: è Margherita, la protagonista del Faust di Goethe, ovvero l’emblema della bionda ragazza tedesca; e i capelli di cenere di Sulamith, un personaggio di matrice biblica, appare nel Cantico dei cantici, e simboleggia la ragazza ebrea per eccellenza.
i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith.
La contrapposizione è, ancora una volta, cromatica: Celan intinge le sue parole nei colori per comporre il proprio quadro mentale che è anche espressione di un’atavica ingiustizia: è il colore dei capelli delle ragazze a decretarne il destino. La scelta è talmente arbitraria da apparire incomprensibile, un capriccio di Dio o dell’uomo, ma il colpevole non è designato, rimane solo il fardello - umano - del senso di colpa.
I capelli sono un simbolo rappresentativo: erano il primo attributo femminile di cui le donne venivano spogliate all’ingresso del campo di concentramento, il primo passo verso la disumanizzazione dell’essere umano. Il riferimento ai capelli di cenere di Sulamith, poi, contiene già il presagio dei forni crematori che tramutavano gli esseri umani in polvere persa nel vento. Il riferimento alle tombe d’aria è una metafora per indicare il fumo che esce dai camini e rappresenta una “tomba nel cielo” per milioni di anime perse. Ma nell’aria, aggiunge Celan, non si giace “stretti”, come a dire che la morte rappresenta una forma di libertà per i condannati che stanno scontando la morte in vita come all’inferno.
La morte è simboleggiata dall’uomo con i serpenti, ovvero la SS del campo di concentramento. I serpenti sono metafora del male, diventano rappresentazione psicologica: i serpenti possono anche essere letti come una sinnedoche, così come si dice “ferro” per dire “spada”, allo stesso modo i serpenti racchiudono un simbolismo, ci mostrano la natura malvagia dell’uomo. Il comandante viene denominato Maestro, come il direttore d’orchestra: è colui che arbitra la vita e la morte come in una sinfonia di strumenti, ecco che viene ripreso il titolo nella sua accezione musicale “Todesfuge” che qui assume, per la prima volta, un connotato drammatico. Sullo sfondo pare di udire la sinfonia di violini delle orchestrine di prigionieri che allietavano le guardie del campo; l’allegria posticcia nel mezzo dell’orrore, come le lettere d’amore scritte di sera, a lume di candela, dall’uomo che di giorno imbraccia il fucile contro i prigionieri. L’unica caratteristica fisica reale che viene attribuita all’uomo sono gli “occhi azzurri”, un particolare che ci permette subito di identificarlo come tedesco e ci inchioda infine alla verità, come un proiettile sparato in pieno petto.
La morte è un maestro tedesco il suo occhio è azzurro
Ma non è tutto, nella conclusione ci viene detto che l’uomo ha gli stessi capelli d’oro di Margarete: fatto che ci permette di immaginare o intuire che la ragazza potrebbe essere sua figlia o una sua parente o, forse, persino la sua amante, come ha ipotizzato qualcuno.
Nel finale dunque il dissidio si fa ancora più acuto, il senso di colpa dettato dall’ultimo verso, dalla contrapposizione tra Margarete e Sulamith, l’una condannata a vivere, l’altra condannata a morire, diventa irreparabile. Alla fine le due donne sono ridotte soltanto al contrasto tra i loro capelli: le loro chiome, l’una bionda, l’altra scura, pur nella loro differenza cromatica sono fatte della stessa sostanza, resistono, si fanno presenza e testimonianza, sono il fantasma di un’assenza, ciò che resta quando tutto viene spazzato via.
In questi ultimi due versi, nella contrapposizione oppositiva tra l’ariana Margarete e l’ebrea Sulamith, è racchiusa la strenua ricerca di un senso nel mezzo dell’orrore. Nella contrapposizione, proposta strategicamente come un chiasmo, c’è tutto: i sommersi e i salvati, l’incanto e la disperazione, la vita e la morte.
i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith.
Paul Celan in Fuga di morte non ci dice, però lo lascia intendere, che la sorte del sopravvissuto è forse quella più incomprensibile e atroce, perché anche lui è, a proprio modo, condannato per la sua impotenza: il morto se n’è andato, ha perduto la vita e ora gliene chiede ragione.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Fuga di morte”: la poesia di Paul Celan e il significato del “nero latte dell’alba”
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