Fuga verso l’alto
- Autore: Annemarie Schwarzenbach
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Il Saggiatore
- Anno di pubblicazione: 2016
“Fuga verso l’alto” (Il Saggiatore 2016, titolo originale Flucht nach oben, traduzione e Postfazione di Tina D’Agostini) è il romanzo finora inedito in Italia della scrittrice, fotografa e giornalista svizzera di Annemarie Schwarzenbach (Zurigo, 23 maggio 1908 - Sils im Engadin, 15 novembre 1942) edito per la prima volta nel 1933 e pubblicato ora nella Collana “La Cultura” della Casa Editrice milanese.
La “fuga verso l’alto”, verso le montagne innevate e immacolate, di Francis von Ruthern, protagonista del quarto romanzo di Schwarzenbach, rispecchia quello stesso anelito verso “l’altrove” che condizionò la breve esistenza (Annemarie morì a soli 34 anni) dell’autrice dal fascino androgino, orgogliosamente lesbica, grande viaggiatrice, dipendente da alcol e droghe, personalità tanto ribelle quanto contrastata.
“La mattina continuò a nevicare. Il cielo, plumbeo e opaco, era oppresso da una coltre di nubi quasi immobile”
Nella stazione sciistica austriaca di Aptal la neve era dappertutto: ricopriva i pendii percorsi dagli sciatori accumulandosi nelle conche, in alto, depositata sui bordi frastagliati delle rocce, formava pericolose cornici che si protendevano, s’inclinavano pesanti e si incurvavano dolcemente verso i precipizi. Grossi fiocchi pesanti di neve scendevano senza far rumore cancellando subito ogni traccia, la visibilità era scarsa ma nonostante ciò Francis, sulla riva dello Schwarzsee incassato tra i monti, tentava di accendersi una sigaretta proteggendo un fiammifero con la mano. Non si vedeva nessuno, rifletté lo sciatore, anche perché la nebbia stava salendo lentamente dalla valle ricoprendo la piccola superficie del lago.
“Il cielo e la montagna si fondevano in un unico colore”
Francis, arrivato all’inizio dell’inverno ad Aptal, stava per togliersi le pelli di foca e scendere giù al villaggio anche perché il suo passaporto era scaduto e doveva sbrigare le pratiche per rinnovarlo. Figlio maggiore di uno Junker prussiano, a trent’anni di età Francis aveva già viaggiato moltissimo. In preda a una sorta di febbre il giovane aveva lasciato la sua patria, voltandole le spalle in cerca di fortuna,
“divorato dalla sete di avventura, dalla brama delle cose future”
Dopo aver trascorso otto anni in Sudamerica, le pagine del suo passaporto si erano riempite di date, timbri e ricevute, Francis era di nuovo tornato in Europa, a casa. Aveva denaro quindi per ora von Ruthern aveva deciso di non prendere nessuna decisione, voleva solo vivere per un anno e divertirsi un po’ e così si era messo in viaggio giungendo in questa stazione sciistica nei pressi di Innsbruck, dove si conduceva
“una vita senza complicazioni, superficiale, insignificante, una scappatoia momentanea. Che lo lasciava indifferente”
Il manoscritto di questo romanzo inedito, nel quale Schwarzenbach tratteggia le inquietudini e il senso di sradicamento della generazione della quale fece parte, è stato ritrovato nel 1997 da Roger Perret, curatore di molte delle opere della scrittrice, nel fondo Oprecht della biblioteca centrale di Zurigo. È significativo il fatto che il libro fosse terminato il 10 maggio 1933, lo stesso giorno dove a Berlino nell’Opernplatz era stato organizzato un grande falò, dove erano stati gettati i libri considerati dai nazisti contrari allo spirito tedesco, tra i quali anche quelli di Klaus Mann, scrittore antifascista, figlio del Premio Nobel per la Letteratura Thomas, primo lettore di “Fuga verso l’alto”.
Nella tarda primavera berlinese del ’33 erano già cinque mesi che Hitler era stato nominato cancelliere del Reich, quindi Annemarie, nata in una ricca famiglia di industriali svizzeri del settore tessile con forti simpatie naziste, amica di Klaus e di Erika Mann, decise di lasciare la Germania per dirigersi verso l’atmosfera pura e rarefatta di Zurs am Arlberg in Austria. Ed è qui che l’esperienza della scrittrice si fonde con quella della sua creatura letteraria. Annemarie al pari di Francis, fugge verso la montagna incantata. Mettere gli scii ai piedi (in quel periodo sciare era uno sport d’élite riservato agli aristocratici e agli esponenti dell’alta borghesia) per tentare di dimenticare, “lassù” dove il mondo era un’alta valle bianca tra le cime deserte, in contrasto con quel “laggiù”, a Berlino dove
“si ammassavano valanghe di eventi, che potevano staccarsi in qualsiasi momento per precipitare nel baratro. Nulla metteva radici”
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