Il mondo della pittura ha sempre costituito una sorgente inesauribile di ispirazione per gli scrittori di ogni grado, estrazione e nazionalità. La classica iconografia vede il pittore (o, più raramente, lo scultore: la scultura è sempre stata presa in considerazione molto più raramente rispetto alla pittura, e su questo argomento si potrebbe scrivere direttamente un saggio) come un personaggio eccentrico, in condizioni di indigenza, e, soprattutto, di instabilità mentale, talmente preso dalla propria arte da non pensare ad altro, sacrificarvi affetti e vita fino a impazzire del tutto e morire per lei. Al di là di questo, però, l’argomento si presta a diverse riflessioni di carattere psicologico, oltre che sulla percezione, spesso diametralmente opposta, che l’artista e il pubblico hanno dell’opera. Lo stesso quadro, chiaramente, non può “parlare” a tutti nello stesso modo: tuttavia, quante volte, davanti a una tela, ci siamo trovati a chiederci se si trattasse di genio o semplicemente di segni tracciati a caso, frutto della furberia, o, peggio, della presunzione del pittore, e magari del suo astuto agente?
Il capolavoro sconosciuto di Honoré de Balzac
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Se lo chiede anche Honoré del Balzac, in questo racconto del 1831 che è possibile reperire in varie edizioni, da solo o insieme ad altri racconti dello stesso autore, nell’originale francese o tradotto in italiano come Il capolavoro sconosciuto. Ne esiste addirittura una rara e preziosa edizione del 1931, pubblicata per iniziativa del mercante d’arte ed editore Ambroise Vollard e arricchita da disegni di Pablo Picasso. Il MOMA li mette a disposizione degli utenti di internet a questo link.
Protagonisti e sintesi del racconto
In questo caso, però, l’iconografia del pittore povero e bohémien scompare del tutto. L’artista in questione è anziano e molto ricco, Maestro Frenhofer, e si fregia di essere stato l’unico allievo di Mabuse (un personaggio reale, il pittore fiammingo Jan Gossaert). Frenhofer sta lavorando da dieci anni a un quadro di donna, che rappresenta la sua ossessione, il suo ideale di bellezza che, però, non riesce mai a raggiungere, non trovando una modella di aspetto talmente sublime da essere all’altezza di colei che, per lui, rappresenta la sua donna, la sua sposa, la sua amante. Da anni il suo amico, il pittore Pourbus (Frans Pourbus il Giovane, altro personaggio reale), gli domanda di poter vedere il quadro, senza alcun successo. Un giorno, forte della propria intraprendenza, il giovane Nicolas (Nicolas Poussin, il terzo personaggio reale di questa storia) si introduce nell’atelier di Pourbus durante una visita di Frenhofer, e colpisce i due pittori con il suo talento. La situazione è, però, solamente un volo di fantasia dello scrittore: in realtà, non risulta che Poussin e Pourbus abbiano avuto relazione fra di loro, almeno non nel modo in cui Balzac immagina nel racconto.
Poussin, tormentato dall’idea di vedere il quadro, propone di far posare la sua giovane e bellissima amante Gillette (il cui nome era il titolo originale del racconto). Questo scatena una serie di reazioni nei personaggi: la giovane si fa convincere, ma il suo amore ne rimane avvelenato, Poussin si ingelosisce davanti alla reazione del vecchio, ma, soprattutto, nel momento di ammirare il ritratto di “Catherine Lescault”, il nome che Frenhofer ha dato alla donna ritratta, i due artisti non vedono che un groviglio di segni dal quale emerge, splendido, perfetto, un piede femminile… Qual è la verità? Si tratta di un semplice pasticcio o di un capolavoro incompreso, che va oltre la loro percezione?
I riferimenti artistici e letterari
Moltissimi sono i riferimenti ad altre opere che si possono trovare in questo breve e affascinante racconto. Oltre alle disgressioni, appassionate e focose, di Maestro Frenhofer sull’arte e sulla capacità del pittore di infondere vita alla propria opera, è interessante pensare al romanzo L’opera di Émile Zola, successivo di qualche decennio, anch’esso incentrato sul tema del pittore talmente ossessionato dal proprio quadro da ridurlo a un disegno indefinito, forse geniale o forse solo completamente rovinato.
Il piede femminile, poi, ci rimanda alla poetica del frammento e soprattutto alla Gradiva, protagonista del romanzo di Wilhelm Jensen e di un’iconografia eterogenea: si osservi il dipinto di André Masson del 1939, e in qualche modo verrà subito in mente la situazione descritta da Balzac. Chissà, forse Masson, oltre al romanzo di Jensen, aveva letto anche questo racconto.
Il capolavoro sconosciuto è un racconto breve e denso di passione, che può essere letto da chiunque ami i classici e le storie di sapore antico, anche durante un breve viaggio in treno o in una sala d’attesa, per evadere, ma anche per iniziare una riflessione.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il capolavoro sconosciuto di Honoré de Balzac: genio o sregolatezza?
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