"La mossa del cavallo" e "La stagione della caccia" sono i due gialli storici di Andrea Camilleri, popolare scrittore siciliano noto al grande pubblico per la saga del commissario Montalbano, che la Rai ha voluto trasporre sul piccolo schermo.
Sicuramente da parte dell’emittente ammiraglia della tv di Stato lo sforzo è stato notevole poiché vi è grande fedeltà tra i romanzi e la trasposizione televisiva.
Quello che qui si vuole evidenziare è invece l’interessante approccio che lo scrittore vuole dare nella sua trasposizione storica della fantomatica Vigata ottocentesca.
I romanzi trasposti in chiave cinematografica sono ambientati nel periodo post unitario, quando dallo stato centrale si cercava di modificare lo stile di vita isolano basato su principi fondamentalmente feudali.
Il primo romanzo vede come protagonista un siciliano che ha vissuto tutto la vita in Liguria e che pertanto non ha più nulla delle abitudini e dei costumi del suo paese natale. Camilleri lo descrive come un burocrate piuttosto pignolo e inflessibile, persino sciocco a uno sguardo superficiale. Al contrario gli isolani si dividono tra donne che, consce della loro personale avvenenza, la usano come arma per farsi aprire le porte, impiegati passivi e asserviti al potere locale mentre i notabili, i signorotti del paese e il sacerdote sono al contrario viziosi, laidi e del tutto privi di moralità.
Anche la loro descrizione fisica e la relativa rappresentazione filmica è grottesca, ispirata ai personaggi delle pellicole di Pietro Germi ambientata in Sicilia.
Sembra invece un personaggio positivo il burocrate piemontese Rebaudengo che però, forse per eccessiva integrità, viene rinnegato anche dai suoi stessi superiori.
Il gusto per la satira e il grottesco è rinforzato ne "La stagione della caccia". Anche in questo romanzo i nobili della vicenda sono esagerati nelle loro manie e fissazioni, quasi tarati psicologicamente e fisicamente come i Vicerè descritti dallo scrittore verista De Roberto.
La salace arguzia di Camilleri si spinge anche sui cosiddetti servi della gleba, dal mezzadro che cede sua moglie al signorotto senza battere ciglio all’onesto servitore del capostipite della famiglia. Camilleri in quest’ultimo romanzo vagamente ispirato a "Dieci piccoli indiani" di Agatha Christie che risente però di influssi goticheggianti, accentua le descrizioni grottesche dei notabili, ma questa volta pone il sacerdote non dalla parte dei giusti, ma perlomeno da quella dei puri di cuore.
Il paradosso vuole che l’unico personaggio che sembra invece più vicino al nuovo corso che la nazione sta prendendo e che vede la caduta degli angeli ribelli, ovvero dei nobili latifondisti a favore dei borghesi istruiti, sia in realtà un assassino seriale quasi appunto una feroce metafora del nuovo che uccide il vecchio corso.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I gialli storici di Camilleri tra satira e grottesco
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo News Libri Andrea Camilleri Sellerio Dal libro al film
Lascia il tuo commento