Da sempre luogo di incontro di arte, cultura e storia, il Giardino di Boboli, celebre parco di Firenze voluto dalla dinastia dei Medici, ha ispirato celebri scrittori e intellettuali.
Le rose fioriscono ancora nel giardino di Boboli.
È il 1868 e Fëdor Dostoevskij è a Firenze con la moglie: in Toscana risiederà per alcun mesi. Di quel soggiorno restano gli ultimi capitoli di un capolavoro letterario, L’Idiota, completato proprio qui sulle sponde dell’Arno, lontanissimo da casa. E il ricordo di un roseto eternato in una frase che nella sua estrema semplicità sembra poesia. L’immagine, specie in questo inizio di primavera, risuona come un invito sulle tracce degli echi letterari che nei secoli hanno contribuito ad alimentare la leggenda del parco cittadino nato dalla fantasia dei Medici e capace di ispirare tutta Europa. Tanto che nella bella stagione sono stati creati veri e propri percorsi, ispirati ai grandi autori che hanno visitato questo luogo: l’iniziativa è intitolata Boboli Giardino letterario.
Una visita virtuale del Giardino di Boboli
Per ora, nell’attesa di temperature più miti, è possibile godere di un’anteprima della visita sulla pagina internet a cura del complesso museale delle Gallerie degli Uffizi. Qui una serie di filmati compone una passeggiata virtuale con una voce narrante d’eccezione: lo studioso, scrittore e assistente museale Gabriele Morandi legge estratti di libri e lettere. Racconta aneddoti e curiosità a sfondo letterario sui frequentatori illustri che nei secoli hanno trascorso ore di pace a Boboli. Compone le coordinate di un itinerario fatto di emozioni e ricordi. Sullo sfondo, oggi come allora, le statue antiche e rinascimentali, le grotte, le fontane, la Kaffeehaus e la Limonaia. Ma anche gli alberi e i pergolati: il giardino è vivo, conserva l’impronta di quanti lo hanno sognato, progettato, visitato o semplicemente amato.
Le rose di Dostoevskij nel Giardino di Giove
Visitare Boboli è come entrare in una biblioteca immateriale, fatta di emozioni e sensazioni. E allora il viaggio non può non partire proprio da lui, il grande russo e la meraviglia per le rose fiorite in pieno inverno. Ricordando Firenze, Fëdor Dostoevskij cita anche la Madonna della Seggiola di Raffaello, i tesori delle gallerie cittadine e il divino che esse custodiscono. Ma è quel riferimento ai fiori che maggiormente colpisce l’immaginario. Le rose sono state identificate con quelle del Giardino di Giove, vicino all’ingresso di Boboli e quindi meta probabile delle passeggiate di Anna Grigor’evna Dostoevskaja in dolce attesa. Durante la permanenza in città lo scrittore abita con la moglie in un appartamento a poca distanza da Palazzo Pitti, dove una lapide ricorda che qui completerà gli ultimi capitoli de L’Idiota. Forse non è un caso che il romanzo contenga la celebre la frase La bellezza salverà il mondo.
La meraviglia di De Sade
Conosce bene i giardini anche il Marchese Donatien Alphonse Francois De Sade, che nel 1775 ripara in Italia per sfuggire alla condanna a morte emessa a suo carico in Francia. Di Boboli descrive la terrazza, il viale, i boschetti, in uno stile che ricorda le guida turistiche dell’epoca, pubblicate ad uso e consumo dei viaggiatori impegnati nel Grand Tour:
Dappertutto si vedono belle statue, alcune di genere pittoresco sono sistemate al fondo del giardino e sono scolpite con grande realismo. Le siepi di questo giardino sono di alloro, ma vi sono anche dei tassi, qualche cipresso, alcuni pergolati di aranci e cedri… Il giardino possiede varietà e desterà sempre meraviglia.
In realtà le sue impressioni sono contenute in un manoscritto epistolare indirizzato a una donna che non sarà mai pubblicato. Per il celebre marchese Firenze è una tappa del viaggio che lo porterà a Roma e a Napoli. Ma Boboli, forse, rappresenta qualcosa di più: un luogo di momentanea quiete per il suo animo piuttosto tormentato.
Italian Hours per Henry James
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Ho sempre sentito abbastanza il fascino del Giardino di Boboli da frequentarlo con una certa assiduità, eppure l’interesse per Firenze è tale in ogni suo quartiere che ci volle un altro corso di identico, scadente tenore per farmi finalmente decidere ieri di scappare dalle strade affollate e passare sotto quell’arco di Palazzo Pitti che potrebbe quasi sembrare la porta di una città etrusca, così che io possa trascorrere il pomeriggio tra le statue ammuffite con i loro schermi di cipressi, guardando in basso i nostri gruppi di torri e il nostro sfondo di colline azzurro pallido vagamente lentigginoso di ville bianche.
A scrivere è Henry James, autore del celeberrimo Ritratto di signora (edito per la prima volta nel 1881 e ripubblicato, tra gli altri, da Einaudi, nel 2018, con la traduzione di Carlo e Silvia Linati) e Giro di vite (del 1898, edizioni Einaudi, 2014, traduzione di Fausta Cialente). Il giardino con i suoi trascorsi e l’eredità di eventi passati trovano ampio spazio nei suoi diari di viaggio, intitolati non a caso Ore Italiane (edizioni Garzanti, 2020, titolo originale Italian Hours, trad. di Claudio Salone).
Lo stagno dei pesci rossi di Herman Hesse
Quando Herman Hesse pensa a Firenze, la prima cosa che gli viene in mente non è la Cattedrale di Santa Maria del Fiore o l’antico Palazzo della Signoria, ma lo stagno con i pesciolini rossi del giardino di Boboli. E il ricordo assume la vividezza di uno dei suoi dipinti. È fatto di luce e colore.
A Boboli non posso dimenticare il piccolo stagno di zampilli e pesci rossi che mi ha regalato ore piacevoli. A parte un pittore svizzero a Firenze non ho trovato nessuno che si entusiasmasse come me per quegli agilissimo pesciolini che riempivano lo stagno in forti branchi, tra di loro alcuni stupendi erano percorsi da una luccicante striscia d’oro dalla pinna alla coda che emetteva un bagliore quasi accecante.
Non è poco se a scriverlo nel 1901 è il futuro premio Nobel per la Letteratura. Nel giardino racconta di aver incontrato per la prima volta il dialetto fiorentino grazie alla conversazione con una madre e un bambino. Qui la città è vera, naturale, viva. Non qualcosa di astratto, appannaggio dei libri o delle baedeker, le guide turistiche. E allora l’invito è a lasciarsi conquistare dalla bellezza dei luoghi, affidandosi all’istinto e al caso, alla ricerca di quei particolari che compongono i ricordi del cuore, come uno stagno pieno di pesci rossi.
506 volpini di Pomerania
Angelo Pucci, scrittore di fine ‘800, racconta un aneddoto curioso che ha come protagonista il sovrano sabaudo Vittorio Emanuele II, noto per l’amore per i cani. Colpito dalla razza dei volpini di Pomerania, scrisse un dispaccio diretto ad un allevatore con la richiesta di 5 o 6 esemplari. Lo scrivano non comprese l’appunto e confuse la lettera "o" con uno zero, inviando la richiesta per 506 cani. A Palazzo Pitti vennero così consegnati 250 volpini, con tanto di scuse perché i 256 rimanenti sarebbero arrivati solo in un secondo tempo. Gli esemplari furono distribuiti tra amici e conoscenti.
Per conoscere identità e aneddoti riguardanti altri illustri frequentatori come Dino Campana, Albert Camus, Elizabeth Barrett Browning, Augusta Holmes, Kathleen Raine è sufficiente consultare la pagina delle Gallerie degli Uffizi dedicate al Giardino di Boboli. Il giardino apre dal lunedì alla domenica alle 8.15. L’orario di chiusura, fissato in febbraio alle 16.30, si prolunga gradualmente con il procedere dei mesi e delle stagioni.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Giardino di Boboli: sulle tracce degli echi letterari del parco storico di Firenze
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