Gin tonic a occhi chiusi
- Autore: Marco Ferrante
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2016
Il titolo “Gin tonic a occhi chiusi” è certamente efficace e allude all’abilità di uno dei personaggi di questo romanzo dello scrittore e giornalista Marco Ferrante, che raccoglie in poco più trecento pagine un pezzo significativo di società romana colta sul finire del berlusconismo, di cui impietosamente elenca vizi e poche virtù, raccoglie segreti e bugie, mette in risalto abitudini, tic, modi di dire e di abitare, di mangiare e di bere, di frequentare ambienti, di avere rapporti coniugali, familiari ed amicali da parte di un gruppo significativo di persone dell’alta borghesia del denaro e delle professioni, rappresentate attraverso una famiglia allargata, i Misiano.
Edoardo e Elsa Misiano sono due ultrasessantenni ricchi e potenti: lui è un avvocato molto quotato che non si fa mancare oggetti che sono il simbolo dell’ottenuto prestigio: una grande barca ormeggiata ad Orbetello, una potente Porsche. La moglie Elsa gestisce con piglio imprenditoriale domestici (molto numerosi nelle varie residenze), proprietà immobiliari e i rapporti con i tre figli maschi e altrettante nuore.
Si tratta di Gianni, noto commercialista al servizio di importanti società finanziarie, sposato con Nucci, che lavora nella pubblica amministrazione, di provenienza meridionale, in perenne dichiarato conflitto con la suocera; Paolo, deputato alla prima legislatura, instabile e sentimentalmente ambiguo, è sposato con Patrizia, ha già tre figli e sta per nascerne un quarto, anche lui in perenne conflitto con i fratelli, il terzo dei quali, il quasi quarantenne Ranieri, è un giornalista, il preferito dalla madre, elegante, bravissimo a preparare ogni tipo di cocktail, Martini e gin tonic i suoi preferiti, privilegiato perché unico erede di una ricchissima zia, disprezzato e invidiato dai fratelli, ancora scapolo.
Malgrado la apparente tranquillità, la vita sentimentale dei tre fratelli subisce uno scossone: Paolo si innamora di una giovane donna ambiziosa e ne resta vittima: Teresa infatti, gli estorce un regalo costosissimo, una collana di Bulgari, che diverrà oggetto di scandalo preparando la fine del suo matrimonio e forse anche quella della sua carriera politica. Il fiscalista Gianni invece crede di innamorarsi della bella architetta Anna Rangone, una fascinosa e ricca trentenne, con attico al centro storico e una esclusiva collezione di chaise longues, che vorrebbe qualcosa di più dal suo amante, che si rivela presto instabile ed egocentrico; infine Ranieri, dopo una breve ed intensa storia con una donna sposata, Nora, finisce anche lui a fare un passo indietro rientrando in qualche modo nell’alveo familiare, dopo la morte tragica ed improvvisa della madre Elsa.
La trama di “Gin tonic a occhi chiusi” è complicata, e sembra contenere tutte le derive di un certo tipo di ricca borghesia romana, colta nei suoi aspetti più deteriori: arrivismo, opportunismo, rivalità, gelosie, tradimenti, abbandoni, egoismo, sono i primi termini che riesco a pensare per descrivere quanto Marco Ferrante ha messo realisticamente insieme nel raccontare il peggio di una classe che dovrebbe essere dirigente, che dovrebbe mostrarsi virtuosa dati i privilegi di cui gode, che avrebbe potuto cambiare in meglio la società, riuscendo invece a dare il peggio di sé: i tre fratelli Misiano non sono buoni genitori, non sono buoni figli, non sono compagni fedeli, compiono gesti utili a loro stessi solo nell’immediato, senza prospettive. L’unico che sembra riscattarsi è l’onorevole Paolo, che dopo lo scandalo che stava per travolgerlo, punta su un progetto poco popolare, quello di abbattere l’eolico nel Sud d’Italia, capendo che le pale eoliche disseminate sul territorio arricchiscono la mafia, e decide di combatterle insieme ad associazioni territoriali che lo appoggiano. Ne uscirà politicamente rafforzato.
I personaggi del romanzo, la matriarca Elsa, organizzatrice di serate eleganti, e sua nuora Nucci, rappresentano due modi opposti di essere borghesi:
“Entrambe dichiaratamente donne borghesi, cioè tributarie di riferimenti alla loro dimensione sociale, appartengono però a due emisferi diversi. Nucci viene dallo stato. Elsa viene dall’impresa. Per Elsa sono quasi inconciliabili. Nucci parla di ferie, per esempio. Parola sconosciuta ad Elsa che usa un generico vacanze”.
Marco Ferrante ha una particolare abilità nell’uso del lessico, nella scelta dei termini che servono a spiegare una vera antropologia sociale. Le marche di bicchieri, i tipi di Gin che servono a preparare cocktail raffinati, la borsa Kelly, il numero dei marinai in barca e le loro impeccabili uniformi, le marche di orologi; Ranieri si può permettere di distinguersi dai suoi colleghi, rifiutando gli staus symbol più usurati dalle mode...
“Odia il tipo dell’inviato con le asole della giacca sbottonate o il caposervizio con il Rolex, segno di un modello aspirazionale e di quella costante tensione verso una micro insignificante scalata sociale che Ranieri considera l’unico movente dei suoi colleghi di lavoro”
sceglie invece lo Swatch, oppure orologi sportivi di marchi meno noti, che gli consentono di nutrirsi di
“una consuetudine sedimentata con la ricchezza e una noncuranza per quei simboli che siano troppo condivisi”
L’intera storia si svolge a Roma, lungo le cui strade passeggiano, vivono, si fermano, mangiano, acquistano, i nostri protagonisti: un funerale in grande stile nella chiesa neobarocca di Piazza Euclide, un aperitivo al Plaza, le pizzerie intorno alla Camera, una passeggiata al Pantheon, un pranzo al Ghetto, il negozio Bulgari a via Condotti: però la città è anche altro, che Ferrante denuncia in numerose pagine del libro:
“La strada è costellata di obbrobri, sciatterie, brutture metropolitane, digressioni architettoniche meridionali, groviglio di cartelloni pubblicitari, pali della luce, cassonetti, insegne luminose, sporcizia in aumento qua e là, decoro stradale nullo”
un panorama urbano della capitale che sembra ben riflettere, come in uno specchio deformante, le scelleratezze e il degrado morale dei suoi protagonisti, di cui forse, se Ettore Scola fosse ancora tra noi, avrebbe potuto trarne un film di costume e di denuncia di sicuro successo. Una Roma piovosa, triste, sporca, dove i pettegolezzi ministeriali e le lotte politiche e finanziarie si mescolano ai gossip di donne in perenne ricerca di visibilità, come Teresa, o terrorizzate da gravidanze non volute, come Nora, o desiderose di ritrovare una sicurezza perduta, come Patrizia, o ancora in procinto di perdere ricchezza e sicurezza, come Anna. Resta il più riuscito, tra tutti questi personaggi, quello della matronale Elsa, burattinaia indefessa dei destini dei figli, capace di estreme durezze e di un coraggio temerario, imprenditrice e contabile dei sentimenti anche delle persone più care, che ritiene di sua esclusiva proprietà:
“c’è una cosa che le piace più di tutte le altre al mondo. Raccogliere con un pretesto tutto il personale di servizio di cui dispone. Le dà un senso del possesso, della proprietà, ereditato – ritiene - da uno dei suoi nonni, commerciante esportatore”.
Riuscirà la società italiana ad esprimere qualcosa di meglio di quanto il giornalista Marco Ferrante ha saputo racchiudere nel suo romanzo un po’ moraviano? Libro di “crudele bellezza”, come ha scritto recentemente Antonio D’Orrico, da leggere con attenzione crescente.
Gin tonic a occhi chiusi
Amazon.it: 4,99 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Gin tonic a occhi chiusi
Lascia il tuo commento
"Se Ettore Scola fosse ancora tra noi, avrebbe potuto trarne un film di costume e di denuncia di sicuro successo".
Forse lo avrebbe chiamato "Belli, puliti e buonisti".
La recensione fa venire voglia di leggere il libro. Lo farò al più presto, soprattutto per avere altro materiale di riflessione sulla "borghesia" come classe e sui suoi mutamenti strutturali nel corso degli ultimi cinquant’anni. Credo comunque che una ridefinizione del significato del termine sia diventata necessaria.