Cento anni fa, il 15 novembre 1922, nasceva a Milano Giorgio Manganelli, scrittore, traduttore e soprattutto intramontabile critico letterario.
In occasione del centenario esce la sua biografia inedita Aspettando che l’inferno cominci a funzionare (La nave di Teseo, 2022, 224 pp.) scritta dall’adorata figlia Lietta. La vicenda autobiografica del “Manga”, come lui stesso si firmava nelle lettere, rivive in un memoir incisivo e commovente che ripercorre le tappe fondamentali della sua vita: la militanza partigiana, gli amori, la scrittura, il genio e il suo inevitabile rovescio, la depressione.
Manganelli è stato un personaggio unico e raro che ha saputo creare una nuova forma di “racconto-visione”. La sua visione della letteratura era quella di un’autentica arte della disubbidienza, perché:
Non v’è letteratura senza diserzione, disubbidienza, indifferenza, rifiuto dell’anima.
Tra biografia letteraria e vita vissuta scopriamo le tappe fondamentali dell’esistenza di questo gigante della letteratura del nostro Novecento.
La biografia di Giorgio Manganelli scritta dalla figlia Lietta
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La figlia Lietta ha riscoperto il padre, amatissimo e venerato, indagando tra le sue carte, le sue lettere, i suoi appunti, sino a ricreare il ritratto formidabile di una delle figure cardine del Novecento italiano. Manganelli, com’è noto, nutriva diverse reticenze nei confronti dell’autobiografia: sosteneva che ciascuno per sé stesso è e resta un enigma e, dunque, non può raccontarsi senza comporre uno stucchevole autoelogio. In questo libro scritto dalla figlia Manganelli rivive attraverso uno sguardo estraneo e familiare al contempo. Aspettando che l’inferno cominci a funzionare ci restituisce Manganelli in tutta la sua umanità, come lui stesso avrebbe desiderato, mostrandoci anche gli aspetti meno noti o artistici del “personaggio”, come la difficile vita privata e familiare, la precaria situazione economica cui cercava di porre rimedio con supplenze a singhiozzo in diverse scuole e le collaborazioni saltuarie con i giornali.
Un ritratto a tutto tondo quello compiuto da Lietta Manganelli, unica figlia del “Manga”, che tende a mostrarci non l’artista ma l’uomo in tutta la sua “soggettiva” oggettività di persona:
I nati di mercoledì, governati da Mercurio, spiccano per intelligenza e razionalità, ma hanno un’autentica repulsione per doveri e responsabilità, così recita l’oroscopo del giorno. Ed è proprio un mercoledì quando, alle quattro e mezzo del mattino del 15 novembre 1922, nasce a Milano, in una casa di via Boscovich al numero 4, mio padre, Giorgio Manganelli, il futuro Manga.
Attraverso il pedissequo lavoro di ricerca Lietta ricostruisce la vita non di suo padre, ma del “Manga”, indagando soprattutto quel tempo vastissimo e imperscrutabile da lui vissuto quando lei non era ancora nata. Alla ricostruzione fedele, degna dei maggiori studiosi, si unisce però lo sguardo complice di una figlia che sa vedere l’uomo oltre la leggenda e non ne tace neppure i lati più oscuri, come la misoginia, la malattia mentale e il timore di sprofondare nell’abisso della follia.
Giorgio Manganelli: la vita
Giorgio Manganelli nacque a Milano da genitori di origine parmense, una maestra e un procuratore di borsa. Si laureò in Scienze politiche presso l’Università di Pavia e per un breve periodo si dedicò all’insegnamento presso varie scuole, tra cui il Liceo scientifico Paolo Giovio di Como.
Nel 1946 convolò a nozze con Fausta Chiaruttini in un matrimonio breve e tormentato, da cui nacque però l’unica figlia Amelia Antonia detta “Lietta”. In quello stesso periodo Manganelli conobbe una giovanissima Alda Merini, con la quale avviò un’intensa e burrascosa relazione. Lei aveva quindici anni e lui ventisette. Merini all’epoca aveva già pubblicato delle poesie, e a Manganelli dedicò la sua prima raccolta La presenza di Orfeo.
La relazione tra i due si interruppe bruscamente quando Giorgio ottenne il divorzio dalla moglie e si trasferì a Roma. Era il 1953, lui si avviava a diventare Giorgio Manganelli, celebratissimo autore del panorama letterario italiano; Alda Merini rimase invece a Milano, a combattere le “ombre della sua mente” che avrebbe presto trasformato nelle poesie che oggi ben conosciamo.
A Roma Manganelli iniziò a collaborare con il terzo canale radio della Rai nella scrittura delle “Interviste impossibili”. Qui conobbe intellettuali del calibro di Alberto Arbasino,Umberto Eco e Italo Calvino. Nel frattempo avviò altre collaborazioni parallele con i maggiori quotidiani dell’epoca, quali Il Corriere della Sera, La Stampa, L’Espresso, Il Giorno. Tempo dopo avrebbe lavorato, in qualità di redattore, per alcune delle maggiori case editrici italiane quali Mondadori, Adelphi, Garzanti.
Nel 1964, all’età di quarantadue anni, avrebbe pubblicato il suo romanzo d’esordio Hilarotragoedia osannato da Italo Calvino che definì l’opera come “un meteorite che precipitò nei cieli poco nuvolosi della nostra letteratura”. Si inaugurava così l’ideale manganelliano di letteratura-visione con un’opera astratta, uno pseudo trattato, che mescolava angosce esistenziali a testimonianze documentarie nel narrare l’inevitabile discesa dell’uomo nel regno degli Inferi.
La scrittura di Manganelli è tormentata come la sua esistenza. Nel 1959 precipitò in una grave crisi psicologica nella quale intravedeva lo spettro del suo più grande timore: la follia. Intraprese un lungo percorso di psicoanalisi junghiana che tuttavia non riuscì a liberarlo dalle sue tenebre. Iniziò a condurre un’esistenza sempre più ritirata, a temere ogni incontro sociale o relazionale. La sua casa romana in via Chinotto numero 8 divenne per lui una prigione. Morì il 28 maggio 1990, due mesi esatti dopo la morte della sua prima moglie Fausta, la cui scomparsa aveva creato in lui un vuoto incolmabile nonostante la loro difficile relazione fosse finita da tempo. Lo trovò la governante riverso a terra nella sua camera da letto.
Giorgio Manganelli: le opere
Raffinato intellettuale e critico letterario, Manganelli seppe inventare un nuovo fulminante modello di letteratura. Oggi spesso lo ricordiamo per i suoi aforismi sferzanti e i suoi articoli critici, ma i suoi libri non sono da meno.
Tra le sue opere più importanti:
- Hilarotragoedia (1964): il romanzo d’esordio che cadde come un meteorite nella letteratura italiana dell’epoca. Manganelli lo definì un “trattatello”, un “manuale teorico-pratico” in cui affrontava l’argomento più complesso di tutti: la morte. Nelle sue pagine il Manga interpretava la vita umana come un’inevitabile discesa verso l’Ade e parlava dell’inevitabile vocazione dell’uomo alla caduta.
Hilarotragoedia
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- La letteratura come menzogna (1967): l’autentico manifesto di pensiero di Giorgio Manganelli, in cui l’autore teorizza la propria visione della letteratura come falsità, come mistificazione. L’opera letteraria è artificio per Giorgio Manganelli. Portando alla scoperta la natura menzognera della letteratura dei maggiori autori internazionali, lo scrittore rivendicava per sé la “letteratura assoluta”. Si tratta di un testo fondamentale dal punto di vista della storia e della critica letteraria.
Manganelli non dà alla letteratura obiettivi politici o rivoluzionari, non cerca di imbrigliarla in pretese morali o pedagogiche, ma si limita a farne strumento di rappresentazione e di traduzione della realtà.
La letteratura come menzogna
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- Centuria (1979): un’opera senza eguali nel panorama italiano, 131 racconti brevissimi che potrebbero essere considerati dei micro-romanzi. Con naturale preveggenza Italo Calvino nel 1985, in occasione della traduzione francese, lo definì “un libro straordinario”. Centuria è un lucido delirio che si compone di un centinaio di racconti tutti della lunghezza racchiusa in una pagina e mezza. Attraverso una sintesi fulminante Manganelli rivelava un universo fantastico che faceva dell’allegoria pura la propria arte scatenando l’invenzione linguistica in una serie di “esorcismi letterari”. La lingua diventa uno strumento di analisi della realtà e trascina il lettore in un viaggio indiavolato alla strenua ricerca di un non-senso esistenziale.
Centuria. Cento piccoli romanzi fiume
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Per concludere questo excursus sulla vita e le opere di Giorgio Manganelli, in occasione del centenario della nascita dell’autore, non possiamo esimerci dal citare il suo autoritratto letterario che afferma la più menzognera delle verità illusorie: l’autore è un sognatore e anche un sognato.
L’autore è un sognatore, fondamentalmente; è anche un sognato. Sognato dalle sue parole, che sono i veri sognatori; l’autore è come un loro personaggio, deve recitare il ruolo che gli danno.
Recensione del libro
Antologia privata
di Giorgio Manganelli
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: 100 anni di Giorgio Manganelli e il ritratto inedito della figlia Lietta
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