Giotto coraggio
- Autore: Paolo Casadio
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Giotto coraggio (Manni 2024) è il nuovo romanzo di Paolo Casadio che chiude la quadrilogia dedicata alla Seconda guerra mondiale iniziata con La quarta estate (Piemme, 2015), Il bambino del treno (Piemme, 2017) e Fiordicotone (Manni, 2022). I quattro romanzi raccontano, attraverso le storie dei protagonisti, il periodo che va dal giugno 1935 al giugno 1945.
L’autore, nato a Ravenna nel 1955 e vive nella Bassa ravennate, è studioso della lingua e della storia del suo territorio.
L’amore è il motore di ogni cosa, visibile e invisibile.
Lo sapeva bene Andrea Zanardelli, dottoressa in Medicina, quando aveva visto per la prima volta il putì Giotto Lamantia da Recalmuto in Sicilia, orfano di entrambi i genitori falciati da una littorina quattro anni prima, un mattino di nebbia, sulla linea Ravenna-Ferrara. E lo sapeva altrettanto bene “Giotto”, piccolo grande ometto di dieci anni, rimasto solo al mondo, ospite di un sanatorio sul mare a Marina di Ravenna, sulla costa romagnola, dove lavorava la pediatra Zanardelli.
In quell’estate del ‘43, che sarebbe terminata con la fatidica data dell’8 settembre, falsa e vana speranza di fine guerra, tra Andrea e Giotto si era venuto a formare un legame fortissimo e indissolubile. Legame che dimostrava sia allora sia oggi che i vincoli di sangue non sono sufficienti per creare una vera famiglia. Nei momenti di intimità ritagliati al suo lavoro Andrea aveva raccontato al putì del Lago di Garda, della grande casa sulla riviera dei suoi genitori, il farmacista Pascale, e Regina, sua moglie, della camera che sarebbe diventata sua, delle gite in barca che avrebbero fatto. Prima di partire, Andrea aveva promesso a Giotto di adottarlo. Era solo questione di tempo, di documenti. Giotto doveva aspettare, avere fiducia. Quando gli avevano detto che Andrea ritornava a casa senza di lui, il bambino non aveva pronunciato sillaba. Dopo aver pianto disteso carponi nella sua branda, Giotto aveva preso una decisione irrevocabile: era scappato dal sanatorio correndo, cambiando così il corso della sua giovane, ma già travagliata esistenza. Balzato per un soffio sul piroscafo che riportava Andrea a Ravenna, non s’erano più lasciati, rischiando anche la pelle quando un aereo in picchiata sopra il tetto del treno aveva costretto madre e figlio a scendere e a rifugiarsi nei campi. Andrea era rimasta ferita, Giotto l’aveva protetta con il suo corpo risicato, perché lei non poteva morire.
“Glielo diceva il suo coraggio: non l’aveva mai tradito e avrebbe continuato a non tradirlo”.
“Giotto, coraggio!”, è l’esortazione che questo tenero, sbruffone e dolcissimo “soldino di cacio” si ripete per darsi forza, per sostenersi nelle avversità, perché la sua è una vera e propria prova di resilienza quotidiana.
L’autore lo descrive con estrema bravura ed empatia, commuovendo e divertendo il lettore. Testa rapata, orecchie a sventola e più spigoli di un comodino, soprannominato spicasalti da Gildina, domestica di casa Zanardelli, questo “figlio della fame”, strappa applausi e risate a scena aperta, facendo allo stesso tempo riflettere sull’inutilità della guerra.
Al fianco di Giotto, Andrea Zanardelli, dalla grande coerenza morale, orgogliosa della propria curiosità, carica di umanità nei confronti del prossimo, che applica il dubbio alla sua professione e alla sua vita.
“Era il suo asse cartesiano”.
Un’autentica Zanardelli, con lo stesso carattere permeato d’ideali e sentimenti di giustizia sociale dell’illustre avo. Un’eredità familiare un po’ ingombrante, dati i tempi. La coerenza morale di Andrea l’avrebbe portata a utilizzare la propria posizione professionale per contribuire alla lotta partigiana.
Nessuno aveva potuto immaginare quel che sarebbe accaduto in quei mesi cruciali del ’43: il 25 luglio, l’arresto di Mussolini, l’armistizio, l’arrivo dei tedeschi.
Dopo l’8 settembre i tedeschi, anzi i crapù, avevano soffocato le speranze degli italiani che la guerra fosse davvero finita.
Andrea insieme a “Giotto coraggio” era tornata a casa, nella linea del fuoco, in quel lembo di terra tra lago e montagna, dove tutto sarebbe cambiato ben più dell’immaginabile. E tutti, in qualche modo, ne sarebbero restati coinvolti.
Stava nascendo la Repubblica di Salò, regime collaborazionista della Germania nazista, esistito tra il settembre 1943 e l’aprile 1945, voluto da Adolf Hitler e guidato da Benito Mussolini, al fine di governare parte dei territori italiani controllati militarmente dai tedeschi dopo l’armistizio di Cassibile.
Benito Mussolini tornava sul Garda, dove, senza immaginarselo:
“avrebbe trascorso l’ultimo scampolo della sua esistenza”.
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