Giovanna di Napoli. Delitti celebri
- Autore: Alexandre Dumas (padre)
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2019
Giovanna di Napoli era francese, è napoletana invece la casa editrice Scrittura & Scritture, che ha pubblicato il romanzo Giovanna di Napoli. Delitti celebri (2019, 160 pagine) di Alexandre Dumas. Era napoletana anche la dinastia angioina che ha regnato sul Mezzogiorno continentale per oltre un secolo e mezzo, fino alla metà del XV, ma non gode di buona fama. La narrazione risorgimentale li ha condannati al disprezzo, per esigenze storico patriottiche, esaltando la cacciata dalla Sicilia con la sollevazione dei Vespri, nel 1282 e trascurando che parte dell’identità architettonica della città sotto il Vesuvio si deve all’operato dei re di stirpe francese: il Maschio Angioino, Castel Sant’Elmo, i monasteri di Santa Chiara e San Martino.
Era un’Angiò anche Giovanna, nipote di re Roberto I ed erede a 15 anni, nel 1343, per la prematura scomparsa del padre Carlo.
Alla fine dei conti, parte della cattiva nomea degli Angioini si deve all’ambigua condotta di quella regina, come possiamo verificare nel romanzo ottocentesco del grande narratore e cronista francese, autore del racconto su Giovanna proposto dalla casa editrice partenopea nella collana di classici VociRiscoperte, alla fine del 2019 e qualche mese fa in seconda edizione.
Va senz’altro apprezzata la nuova traduzione di Adriana Carpifave, attenta a rispettare lo stile del drammaturgo-romanziere che cercava di “trovare la letteratura nella storia”, come andava sostenendo. Quello di Jeanne D’Anjou è un romanzo storico, di spade e di complotti, d’azione e anche di cattive azioni, com’era congeniale al prolifico papà del conte di Montecristo, dei moschettieri e di tanti altri protagonisti delle sue storie calate nella storia.
È uno dei diciotto casi criminali avvenuti tra nobili del passato, diciotto “delitti celebri” tra il medioevo e i suoi tempi (Dumas è nato nel 1802, è morto nel 1870). Ricostruiti in altrettanti episodi e raccolti in quattro volumi tra il 1839 e il 1841, riprendono gli eventi più scabrosi nell’immaginario popolare, che vedevano assassini tra gli altri i chiacchierati Borgia, la famiglia patricida dei Cenci e altri aristocratici.
La vicenda dumasiana di Giovanna I si apre a Napoli, la notte tra il 15 e il 16 gennaio 1343, mentre i rintocchi delle campane a morto annunciano che Roberto si è spento. I napoletani piangono la scomparsa del re più giusto, saggio e glorioso salito sul trono, il solo che sarebbe stato accompagnato nella tomba dalle lacrime dei sudditi, sui quali aveva onorevolmente regnato per 33 anni 8 mesi e qualche giorno. Baluardo contro l’imperatore Federico e gli Aragonesi di Spagna, difensore del papa dai ghibellini, costruttore di chiese, conventi e ospedali, lasciava tutto nelle mani di una sovrana quindicenne e del marito straniero. In precedenza, tra i superstiziosi partenopei non era passato inosservato il monito dell’amato sovrano, alla morte del figlio Carlo. Rivolto ai baroni del Regno, aveva detto piangendo:
"Oggi la corona è caduta dalla mia testa, una disgrazia per me, una disgrazia per voi".
Il potere finisce nelle mani della nipote Giovanna, una ragazza vivace, a volte spontanea e festosa come una bambina, altre dignitosa e fiera come una regina, ma pur sempre solo una ragazzina. L’aveva voluta unire da piccola al pronipote Andrea d’Ungheria e li aveva visti crescere per dieci anni, lei fiduciosa e appassionata, lui schivo e cupo, lontano da ogni svago. Tra i due giovani era calata col tempo una cortina di ostilità.
Il quadro sentimentale della vicenda è chiaro dall’inizio. L’intreccio e i dettagli sono scrupolosamente fedeli, assicurava Dumas, citando tutte le fonti storiche consultate. Quello di Giovanna è un complesso di fatti realmente accaduti e rigorosamente ricostruiti nella cronaca nera nobiliare tra il 1300 e il 1700.
La regina sale sul trono giovanissima, inesperta, fin troppo entusiasta e influenzabile, con affianco un marito che non amava e le si mostrava ostile. Intorno, una cerchia opprimente di parenti ambiziosi, pronti a fare il suo male per il proprio tornaconto. La ragazza è stretta in un gioco più grande di lei, in un’epoca di grandi capovolgimenti, di alleanze labili, di continuo ricorso alla forza e cinico esercizio della doppiezza e del tradimento. Cugini e cortigiani fanno a gara per manipolare Giovanna. Si pensi all’ascesa nella corte napoletana di Filippa la Catanese, lavandaia, vedova di un pescatore, diventata nutrice di Carlo a Castelnuovo e poi, per la riconoscenza di questi, governante delle figlie e confidente delle mogli. La donna trama indegnamente alle spalle di Giovanna, che istiga alla corruzione dei costumi e prostituisce al figlio. In più, la Catanese conosce i segreti sentimentali della giovane regina e la sua passione per Bernardo da d’Artois. Gioco facile sorprenderli e ricattarli, chiedendo un titolo di conte per il figlio e potere decisionale per entrambi nel Consiglio della Corona.
Giovanna non divide il trono col marito, non gli consente di sedere con lei, e Dumas la mostra macchiarsi di complicità nell’assassinio di Andrea, secondogenito del sovrano Ungheria. Questo attira la vendetta degli Angiò d’Oriente, che la perseguitano per sempre. Si sposa tre volte, vede morire i figli, sbaglia alleanze, perde e riprende il Regno. Le sarà fatale il sostegno all’antipapa Clemente VII nel drammatico scisma d’Occidente.
Dumas la vuole strangolata da sicari nel castello di Aversa. La sua prosa è cronistica, niente affatto melodrammatica. È molto attento ai fatti e all’ordito delle cospirazioni. Un eccellente pamphlet storico-narrativo.
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