Giù le maschere
- Autore: Salvatore Striano
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2017
“Giù le maschere”, mostrate chi siete veramente e chi volete essere senza lasciare che siano gli altri a deciderlo; abbiate il coraggio di non essere chi gli altri vi impongono di essere”.
Salvatore Striano (classe 1972) è cresciuto delinquente nel quartiere spagnolo di Napoli. Più che la condanna e il carcere, l’hanno cambiato il laboratorio teatrale che gli ha permesso di accedere a se stesso e a una nuova e differente vita che da allora cerca di mediare agli altri divenendo un “artista socialmente utile”.
Tra i molti film, ha recitato in Gomorra di Matteo Garrone e in Cesare deve morire dei fratelli Taviani; ha partecipato a serie televisive di successo quali L’oro di Scampia e I bastardi di Pizzofalcone e a diverse opere teatrali. Nel 2016 ha pubblicato La Tempesta di Sasà e quindi nel 2017 Giù le maschere , edito da Città nuova. Questi due libri, più che romanzi, sono diari: nel primo narra la sua esperienza del laboratorio teatrale a Rebibbia e in Giù le maschere mostra come la propria esperienza posa essere utile anche agli altri.
Non è una contraddizione, ma un’acuta riflessione sull’immagine e l’impressione sociale che noi tutti abbiamo e produciamo. Se ciò che facciamo produce un giudizio, un’impressione negli altri, così determiniamo la nostra immagine sociale che, più si consolida, più assume una valenza identitaria in cui noi dapprima siamo costretti e poi in cui noi ci riconosciamo, volenti o nolenti. Striano propone invece di scegliere il copione che vogliamo recitare e, metaforicamente o anche concretamente, divenire così gli autori e i registi della nostra vita o perlomeno della nostra identità, con la quale vogliamo confrontarci agli altri e nella quale vogliamo essere riconosciuti dagli altri. Ecco che non siamo più vittime della nostra storia, ma autori del nostro destino.
Striano non ci propina un trattato sull’educazione dei giovani sbandati e delinquentelli in divenire, per necessità o per l’inevitabilità determinata dalla loro sfortunate condizioni sociali e famigliari. Ci propone poche pagine del suo diario mostrandoci come porsi relazionalmente e come intervenire educativamente per stimolare una consapevolezza e una voglia di reagire per prendere in mano la propria vita e il proprio destino. Riferisce di come ha proposto a dei ragazzi di una “casa famiglia” di partecipare estemporaneamente con lui a una sua rappresentazione pubblica perché potessero fare l’esperienza di poter sostenere lo sguardo e l’esame del pubblico e di avere qualcosa da dire davanti a tutti.
Sasà si fa contagiare da sant’Agostino e promuove l’amore come risposta alle lacerazioni, alle ferite, alla solitudine. Invita in suoi ragazzi a tirare fuori il meglio da se stessi anche per costruire una società giusta. La testimonianza di Sasà invita a guardare il mondo e noi stessi da un’altra prospettiva, a essere vicini agli ultimi, anzi a ripartire dagli ultimi, dal territorio, dal civismo e dalla speranza di rinascita e di rinnovamento già in corso. (Postfazione di Samuele Ciambriello, presidente dell’Associazione La Mansarda)
Una modalità insolita. Un’esperienza inconsueta. Un esempio?
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