Glam City
- Autore: Domenico Trischitta
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Avagliano
- Anno di pubblicazione: 2014
Il bello di leggere romanzi contemporanei è che una volta su dieci te ne capita uno proprio bello-bello che – wow! – ti tira dentro sin dalle prime righe.
“Glam City” di Domenico Trischitta, per esempio, si è assicurato un posto in prima fila nel mio scaffale dedicato ai libri del cuore. Credo ci resterà per molte lune ancora, e se mai gli capitasse di perdere la poll position sarà per via dello spazio tiranno, mica per altro.
In altre parole “Glam City” mi è davvero piaciuto. Non solo perché irraggia di luce realista (cioè chiaroscurale) Catania che è la città dove sono nato e che dunque meglio conosco. Non solo perché, rigo dietro rigo, dipana il romanzo saliente di una vita (chiaroscurale anch’essa, come tutte le vite che si rispettino), ma anche perché dall’incipit capisci bene che sei davanti a un libro vero, di quelli scaturiti da "stato di necessità", se rendo l’idea.
C’è anche che è scritto come dio comanda, nemmeno questa è una dote da poco, e non ho ancora finito: sono di una manciata di anni più giovane dell’autore (giornalista culturale e drammaturgo di solido corso) e dunque vi assicuro che so di cosa parla quando parla della Catania anni Settanta/Ottanta (e un pizzico di Novanta) e di ciò che ci stava in mezzo e attorno. Tutto vero: mi riferisco allo sbrilluccicare dei sogni di gloria, al suo dna sudamericano, ai “falchi” della polizia che prima ti rifilavano un paio di schiaffoni e poi ti chiedevano i documenti, al piombo delle pistole nei quartieri a mano armata, al pop-rock (anzi glam rock) dei pub e delle cantine del centro storico, ai fascismi, alla vecchia piccola borghesia di Corso Italia e Viale Vittorio Veneto, ai cortei, alla roba (nel senso della droga), alle rivoluzioni mancate, alle zone depresse, ai femminielli che sotto il vulcano si chiamano spregiativamente "puppi" (“Chi nasce femminiello a Napoli è benedetto, nascere femminiello a Catania è una disgrazia”), insomma a tutto e al contrario di tutto, come si vede.
Un’altra cosa, quindi, comprendo molto bene: come Catania possa andare stretta a chi è nato e staziona dalla parte sbagliata (la parte sbagliata della città, della famiglia, persino del genere sessuale), si fa chiamare Gerry Garozzo, mitizza l’Inghilterra della pop music e idealizza per sé possibili futuri da cantante (sulle orme dei catanesi che ce l’hanno fatta: da Franco Battiato a discendere, fino a Cristiano Malgioglio e i fratelli Bella).
Gerry Garozzo sente, insomma, che la vita da "puppo" non è scritta per lui, che battere le zone vecchie di una città “buttana”, o i cinema a luci rosse a rimorchio della fauna del vizio, non è scritto per lui. Non fino in fondo, quanto meno. Dopo una specie di folgorazione inglese, giocoforza, allora non resta che Milano, la Terra promessa, il grande approdo, il traguardo ideale per l’affrancamento ontologico.
Il romanzo è scattante ma abbraccia un ventennio pieno della vita di Garozzo, in parallelo a quello di una Catania più notturna che diurna, a quello di freak, sciantosi e rivoluzionari della prima ora, e a un alveo che ribolle di rock entro il quale Trischitta si muove, peraltro, perfettamente a suo agio. Accertato il fatto che i sogni muoiono quasi sempre all’alba, la domanda principale che girovaga nella testa del lettore - di pari passo alla lettura del romanzo - è questa: ce la farà infine Gerry Garozzo? Oppure cosa resterà dei suoi vagheggi di gloria che si slanciano o si striminziscono a giorni alterni, parimenti a quelli di una città che fatica a diventare adulta?
Il finale non va svelato e dunque mi limito a riportare il prologo che, di suo, mi ha tirato in mezzo alla malia di "Glam City":
“Catania è la Milano del Sud, via Etnea è il salotto buono della città, e da piazza Esposizione in poi, per tutto il corso Italia, eleganti negozi d’abbigliamento. In estate, alla Plaja, serate danzanti e concorsi di bellezza, ma anche interminabili tornei di tamburello. La squadra di calcio è ritornata in serie A, e Villa Bellini, ogni domenica, si riempie di famiglie con bambini che si fanno fotografare accanto alla vasca dei cigni. Vicino al cinema Lo Po’, più in là, di fronte alla tabaccheria dei Basile si sentono le prime deflagrazioni sonore di Pippo Pernacchia. Tutto cominciava”.
In ultima analisi: il romanzo è esile perchè va dritto al sodo come una freccia indiana o una lunga poesia, declinando graffi e dolciamarezze, sfaccettando insomma qua e là, come succede spesso nella vita. Esce per Avagliano e conferma Domenico Trischitta come autore di cui fidarsi. A occhi chiusi, credetemi.
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