Gli Immortalisti
- Autore: Chloe Benjamin
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Rizzoli
- Anno di pubblicazione: 2018
Sulla copertina del nuovo romanzo dell’americana Chloe Benjamin, Gli Immortalisti (Rizzoli), in corso di traduzione in 22 paesi, c’è la domanda che costituisce il nucleo centrale attorno al quale si sviluppa l’intera narrazione:
“Se ti dicessero il giorno in cui morirai, come vivresti la tua vita?”
La risposta – non semplice ed univoca – che viene data attraverso le scelte di vita di quattro fratelli dopo che hanno avuto da una veggente questa rivelazione, fa di questo libro una sconvolgente e toccante indagine sulla condizione umana, sul dolore e sulla passione, sulla perdita e sull’incertezza del vivere, sul caso contrapposto al libero arbitrio.
I fratelli Gold – una famiglia di emigrati ebrei alle spalle – girano per il quartiere, il Lower East Side di New York, tutti e quattro insieme: Varya, la maggiore, tredici anni; Daniel, undici; Klara, nove; e Simon, sette.
Daniel ha sentito parlare della donna di Hester Street che può predire non solo il futuro, ma anche la data esatta della tua morte, e convince i fratelli a farle visita:
Forse non sarebbe successo niente se non fossero stati nel cuore dell’estate, con un mese e mezzo di noia umida alle loro spalle e un altro mese e mezzo davanti ad attenderli. In casa non c’è aria condizionata e quest’anno – l’estate del 1969 – sembra che stia succedendo qualcosa a tutti tranne che a loro. […] C’è qualcos’altro, però, che ha contribuito a creare l’atmosfera giusta per questo pellegrinaggio: quest’estate loro sono fratelli come non lo saranno mai più.
Una volta entrati nel vecchio edificio con la serpentina delle scale antincendio e le finestre buie e rettangolari del quinto piano, dove si dice abiti la persona che sono venuti a cercare, è Klara che ha il coraggio di bussare alla porta; uno dopo l’altro varcano la soglia e una donna Rom con i "poteri" predice la data esatta del giorno in cui ciascuno morirà; poi si ritrovano nuovamente in strada. L’esperienza li ha resi nervosi. Nessuno di loro vuole parlarne.
Dopo il prologo, le quattro parti in cui è diviso il romanzo, in un periodo di tempo che va dal 1978 al 2010, sono dedicate a ciascuno dei fratelli Gold ed alle conseguenze di quello che era cominciato come un gioco estivo pensato per vincere la noia.
La loro morte era già scritta nel destino o sono stati condizionati da questa informazione?
La veggente aveva suggerito che il futuro fosse già dentro di loro e che difficilmente avrebbero potuto cambiare. Non è un caso la sua citazione di Eraclito:
Un filosofo greco. Il carattere è il destino, diceva. Sono legati quei due, come fratelli e sorelle. Vuoi conoscere il futuro?” con la mano libera indica Varya. “Guarda lo specchio".
Nove anni dopo, scossi dalla morte inaspettata del padre, e riunitisi nella vecchia casa di New York, i quattro condividono il responso che aveva dato loro la rishika: solo a Varya è stato detto che morirà il 21 gennaio 2044, a ottantotto anni, un’età assolutamente dignitosa; agli altri non è andata altrettanto bene.
Simon ha sempre saputo che sarebbe morto giovane. Ecco perché ha fatto quello che ha fatto – lasciare la madre e un lavoro sicuro nella sartoria di famiglia, il sesso con altri uomini, la droga, il balletto, l’amore..., fino alla malattia, allora sconosciuta: un “tumore raro osservato negli omosessuali”.
Se non fosse stato per quella previsione, non avrebbe mai seguito Klara a San Francisco, non avrebbe mai conosciuto Robert, non avrebbe imparato a ballare. Probabilmente sarebbe ancora a casa ad aspettare che la sua vita cominci:
È arrabbiato con la malattia. E’ furioso con la malattia. Per tantissimo tempo ha odiato anche la donna di Hester Street. Con che coraggio fai una rivelazione tanto terribile a un bambino? Adesso però pensa a lei in altri termini, come a una seconda madre o una divinità, colei che gli ha mostrato la porta e gli ha detto: «Vai».
Klara, invece, ha sempre avuto una passione per la magia: è un’esperta dei classici trucchi tramandati dai maestri, ma quello che non è in grado di fare – quello che non smetterà mai di provare a fare – è riportare indietro suo fratello. Perdere Simon ha significato perdere se stessa, la persona che era in relazione a lui. Ha perso anche il “tempo”, interi pezzi di vita di cui il fratello era stato testimone.
Il rimorso per aver incoraggiato la sua fuga a San Francisco è una ferita che non si rimarginerà mai:
Tredici anni più tardi la previsione su Simon si era rivelata esatta, proprio come aveva temuto. Ma la donna aveva davvero dei poteri, oppure era stata Klara a far sì che la profezia si avverasse?
E quale delle due ipotesi era la peggiore? Se la morte di Simon era evitabile, un imbroglio, allora la colpa è di Klara e forse anche lei è un’imbrogliona.
Negli anni ha messo a punto uno spettacolo, "L’Immortalista", con il numero del Distacco: tenendo un morso fra i denti e appesa a una fune collegata a una carrucola, Klara si solleva da terra fluttuando come un fantasma e vorticando su se stessa; quando la corda viene rilasciata, scende velocissima in picchiata, tanto che il pubblico pensa subito ad un incidente. Il trucco è che non c’è trucco: la prodezza della corda richiede semplicemente forza e coraggio che sfidano la morte.
Con questo spettacolo arriverà fino a Las Vegas, dove però continua ad essere tormentata dai fantasmi del passato e dalla consapevolezza che, se l’indovina ha ragione, morirà proprio la sera della prima.
Per tutti quegli anni ha aspettato un segno che le dimostrasse che la profezia era giusta. Ma il trucco è questo: Klara deve dimostrarlo da sé. E’ lei la risposta all’enigma, l’altra metà del cerchio. Adesso lei e la veggente lavorano in tandem: fianco a fianco, testa a testa.
Dopo la laurea e la specializzazione, Daniel si è arruolato e ha trascorso i primi dieci anni a West Point, al Keller Army Community Hospital: un lavoro che prevede grandi rischi e tanti imprevisti, orari impossibili e molta sofferenza. Quando si è aperta una posizione alla stazione di reclutamento, ha presentato la sua candidatura. Forse la sua preferenza alla routine è in realtà una forma di codardia e il paradosso del suo lavoro – verificare che i giovani soldati siano abbastanza sani da andare a morire in guerra – non gli sfugge.
È convinto di essersi scrollato di dosso l’esperienza sgradevole avuta da ragazzino con la donna di Hester Street, ma anche se non le ha concesso credito, ricorda bene la sua data.
Verso Simon, che allora aveva sette anni ed era il più vulnerabile, prova sentimenti contraddittori:
Il risentimento di Daniel nei confronti del fratello, però, nasconde qualcosa di più profondo, di più oscuro: ce l’ha con se stesso. Per non essere riuscito a conoscere Simon – il vero Simon – quando era ancora vivo. Per non essere riuscito a capirlo, neanche da morto. Era il suo unico fratello e lui non lo aveva protetto.
Anche Klara era stata instabile, emotiva, e Daniel comincia a pensare che la sua vulnerabilità innata possa essere stata innescata o aggravata dalla visita alla veggente – per un medico ci sono senz’altro situazioni in cui la sovrapposizione tra psicologia e fisiologia è innegabile, anche se non pienamente comprensibile. Tuttavia, si rende conto che se non può salvare Simon e Klara – loro appartengono al passato – forse può cambiare il futuro, proprio il giorno in cui è stata profetizzata la sua morte.
Varya è una studiosa che ha dedicato l’intera vita alla scienza: ora conduce ricerche con i primati per un importante istituto californiano. Lo scopo è contrastare l’invecchiamento o, meglio, favorire la longevità: non solo aumentare la durata della vita, ma della salute.
Si era sempre detta che conduceva la sua ricerca per amore – amore per la vita, per la scienza e per i suoi fratelli, che non avevano vissuto abbastanza da raggiungere la vecchiaia – ma in fondo temeva che la motivazione principale fosse la paura. Paura di non avere il controllo, paura che la vita le scivolasse via tra le dita in ogni caso. Paura che Simon, Klara e Daniel avessero vissuto nel mondo reale, mentre lei si era sempre limitata a vivere nella sua ricerca, nei suoi libri, nella sua testa.
Negli anni ha sviluppato un disturbo ossessivo-compulsivo: avverte un’inquietudine costante, la sensazione che la disgrazia incomba su di lei come un’ombra e che i suoi rituali possano impedire che questo accada.
Era sempre stata ansiosa, ma dopo la visita alla donna di Hester Street qualcosa era cambiato. Mentre era nell’appartamento della rishika, Varya era sicura che fosse una truffatrice, ma quando era tornata a casa, la profezia si era fatta strada dentro di lei come un virus. Aveva visto succedere la stessa cosa ai suoi fratelli: era evidente negli sprint di Simon, negli scoppi d’ira di Daniel, nel modo in cui Klara si estraniava, allontanandosi da loro.
Forse erano sempre stati così. O forse sarebbero comunque diventati così. E invece no: a Varya non sarebbero sfuggite le inevitabili, future personalità dei suoi fratelli.
La morte di Daniel non indicava un cedimento del corpo: indicava il potere della mente umana, un avversario completamente diverso e dimostrava che le parole hanno il potere di cambiare le cose: il passato e il futuro, persino il presente.
Ma ecco che cosa vorrebbe fare Varya: ricominciare da zero. Dire alla se stessa tredicenne di non andare dalla veggente; dire alla se stessa venticinquenne di perdonare Simon e di prendersi cura di Klara.
Ammettere che ciò che desidera davvero non è vivere per sempre, ma smettere di preoccuparsi.
Forse il suo destino è tracciato, ma spera non sia troppo tardi per lasciarsi sorprendere dalla vita, lasciarsi sorprendere da se stessa.
In Gli Immortalisti, Chloe Benjamin ha creato personaggi – non ci riferiamo solo i quattro protagonisti – reali, interessanti e dai tratti psicologici complessi. Voci originali intrecciate fra loro con sensibilità e profondità, soprattutto nella condivisione dei ricordi di vita familiare: pensieri sfuggenti; piccoli, ma significativi, dettagli che tornano inaspettatamente alla memoria; i moti più intimi e nascosti dell’animo… Un forte senso di attaccamento alla famiglia, legami fisici ed emotivi, che vediamo crescere e cambiare, ma così forti da non dissolversi con perdita delle persone amate.
Le tinte vivaci dei locali notturni del Castro a San Francisco, espressione della vitalità giovanile di Simon, e il luccichio di Las Vegas dove Klara, suo malgrado, è stata ingaggiata, si spengono gradualmente, in modo proporzionale al lutto di chi è rimasto, ma il romanzo non si incupisce, semplicemente scava sempre più in profondità.
Per i lettori sarà semplice e naturale immedesimarsi con uno dei Gold, sentire ciò che loro sentono, provare le stesse sensazioni e, forse, conoscere meglio se stessi attraverso la conoscenza di ciascuno dei protagonisti.
Ancor prima di chiederci come vivremmo la nostra vita se conoscessimo la data della nostra morte,“Gli Immortalisti” invita a chiederci se davvero vorremmo vivere con una rivelazione di tale portata.
Al di là della risposta che ciascuno di noi può dare – la conoscenza sarebbe una maledizione o una benedizione? Ci permetterebbe di vivere più liberamente o ci sentiremmo immobilizzati, privati del nostro libero arbitrio? – questo romanzo ci turberà.
E del turbamento rimarrà un’eco anche dopo averne concluso la lettura: resterà latente in un angolo della nostra mente e si ripresenterà di tanto in tanto, a ricordarci l’importanza delle scelte che facciamo, la necessità di apprezzare, comprendere e perdonare le persone a noi più care, la differenza fra vivere e sopravvivere, la fragilità dell’esistenza e, soprattutto, il grande privilegio che nonostante tutto ci è concesso:
“La libertà dell’incertezza. La libertà di un destino non scritto”.
Gli immortalisti
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