Tra le tracce della prima prova dell’Esame di Maturità 2023 ritroviamo l’analisi di un brano di Gli indifferenti di Alberto Moravia.
Pioniere del romanzo borghese e della narrazione esistenzialista, Moravia narrò con lucido realismo e inedita capacità introspettiva la crisi esistenziale della società italiana dall’ascesa del fascismo al secondo dopoguerra.
I suoi romanzi possono essere considerati tuttora come opere di estrema attualità, prima tra tutti il suo esordio Gli indifferenti (1929), autentico capolavoro della letteratura del Novecento, considerato il primo romanzo esistenzialista italiano.
Scopriamo perché Gli indifferenti è un libro che tutti dovrebbero leggere e analizziamo più a fondo le ragioni della sua stringente attualità.
“Gli indifferenti”: il testo da analizzare alla Maturità 2023
Tutti lo guardarono. “Ma vediamo, Merumeci,” supplicò la madre giungendo le mani; “non vorrà mica mandarci via così sui due piedi?… ci conceda una proroga…”
“Ne ho già concesse due;” disse Leo “basta… tanto più che non servirebbe ad evitare la vendita…”“Come a non evitare?” domandò la madre.
Leo alzò finalmente gli occhi e la guardò: “Mi spiego: a meno che non riusciate a mettere insieme ottocentomila lire, non vedo come potreste pagare se non vendendo la villa…”
La madre capì, una paura vasta le si aprì davanti agli occhi come una voragine; impallidì, guardò l’amante; ma Leo tutto assorto nella contemplazione del suo sigaro non la rassicurò: “Questo significa” disse Carla “che dovremo lasciare la villa e andare ad abitare in un appartamento di poche stanze?”
“Già,” rispose Michele “proprio così.”
Silenzio; la paura della madre ingigantiva; non aveva mai voluto sapere di poveri e neppure conoscerli di nome, non aveva mai voluto ammettere l’esistenza di gente dal lavoro faticoso e dalla vita squallida. “Vivono meglio di noi” aveva sempre detto; “noi abbiamo maggiore sensibilità e più grande intelligenza e perciò soffriamo più di loro…”; ed ora, ecco, improvvisamente, ella era costretta a mescolarsi, a ingrossare la turba dei miserabili; quello stesso senso di ripugnanza, di umiliazione, di paura che aveva provato passando un giorno in un’automobile assai bassa attraverso una folla minacciosa e lurida di scioperanti, l’opprimeva; non l’atterrivano i disagi e le privazioni a cui andava incontro, ma invece il bruciore, il pensiero di come l’avrebbero trattata, di quel che avrebbero detto le persone di sua conoscenza, tutta gente ricca, stimata ed elegante; ella si vedeva, ecco… povera, sola, con quei due figli, senza amicizie ché tutti l’avrebbero abbandonata, senza divertimenti, balli, lumi, feste, conversazioni: oscurità completa, ignuda oscurità.
Il suo pallore aumentava: “Bisognerebbe che gli parlassi da sola a solo,” pensava attaccandosi all’idea della seduzione; “senza Michele e senza Carla… allora capirebbe”.
Guardò l’amante. "Lei, Merumeci," propose vagamente "ci conceda ancora una proroga, e noi il denaro lo si troverà in qualche modo".
“Gli indifferenti”: l’analisi del brano alla Maturità 2023
In questa scena troviamo riuniti tutti e quattro i protagonisti principali del libro: la madre Mariagrazia, l’amante di lei Leo Merumeci e i due figli della donna, Michele e Carla. Capiamo subito che ci troviamo nel mezzo di un punto di svolta determinante, uno dei maggiori momenti di climax del romanzo. Il ricco Leo minaccia di togliere all’amante e alla sua famiglia il sostegno economico di cui hanno sempre beneficiato e la donna, Mariagrazia, si vede improvvisamente perduta: privata di una rendita stabile, messa alla berlina dalla società borghese in cui era così ben inserita.
La donna precipita nell’oscurità della sua psiche, smarrita all’idea di perdere tutto e di non poter più sostenere lo stile di vita mondano cui è ormai abituata. Una cospicua parte del brano è dedicata proprio al suo tormento interiore che all’esterno traspare sottoforma di supplica: “Non vorrà mica mandarci via così su due piedi?” lo dice giungendo le mani, come in una preghiera.
L’amante pare irremovibile, ma la donna nel suo oscuro lavorio mentale già medita di poterlo corrompere servendosi delle armi della seduzione.
Ciò che sgomenta Mariagrazia non è tanto la perdita dell’appoggio dell’amante, quanto l’idea di precipitare nella “povertà”, una condizione per lei inammissibile. Interessante la riflessione sulla “turba dei miserabili” che Moravia intesse in alcune battute illuminanti che mettono in luce l’ipocrisia borghese. La donna non può accettare la prospettiva di guadagnarsi da vivere tramite il lavoro manuale, la fatica, il sudore della fronte; si ritiene intimamente superiore rispetto a coloro che lavorano con le mani e, a suo giudizio, sono privi di sensibilità, conducono una vita più semplice, elementare. La differenza di classe viene descritta con un realismo crudo, a tratti spietato.
Tramite questi pochi paragrafi già intuiamo la sua natura parassitaria, così come quella dei figli, Carla e Michele Ardengo, che paiono incapaci di provare sentimenti autentici e sono ormai adagiati sulla loro vita comoda, sui privilegi che non vogliono e non sanno abbandonare.
In realtà, come sappiamo, dietro la decisione di Leo c’è un precedente: l’uomo infatti si è invaghito di Carla, la giovane figlia di Mariagrazia, e ha tentato di violentarla facendola ubriacare nel giorno del suo ventiquattresimo compleanno. La donna tuttavia ignora questa spiacevole situazione ed è convinta che l’amante la rifiuti perché non è più bella e giovane come un tempo.
L’aspetto interessante di questo dialogo è proprio la quantità di sottintesi, di “non detti”, celati tra le righe. Assistiamo a un vero e proprio dramma che tuttavia all’esterno non traspare del tutto; dietro le parole pronunciate si nasconde ben altro e Moravia è abile a farci avvertire, nelle pause tra una battuta e l’altra, il peso dei silenzi. Viene usata proprio la parola “Silenzio”, come la chiusura di un sipario che apre il monologo interiore di Mariagrazia: in quel silenzio è celata la verità. L’apparente compostezza di Mariagrazia nasconde un abisso di smarrimento, mentre la ferma decisione di Leo Merumeci è pervasa da un sentimento torbido che getta sull’intera scena un alone di scandalo.
Il lettore sa che l’uomo non è guidato da ragioni e interessi puramente economici, ma che c’è dell’altro dietro il suo comportamento in apparenza irreprensibile da uomo d’affari. Nello sviluppo della trama la vera natura di Leo verrà svelata, così come quella di Mariagrazia - e la sua inconsapevolezza - ma soprattutto sarà palese l’evoluzione di un personaggio, la ragazza Carla, che è non così ingenua e pulita come appare ma nel finale sarà disposta a sposare l’amante della madre pur di assicurarsi uno stile di vita agiato. Ciascuno indossa una maschera - la maschera che Pirandello identifica con il vivere sociale - ma proprio in questo dialogo assistiamo all’inizio di un disvelamento: cadono le maschere e si stanno per svelare i veri volti, anche se tutto ha inizio da quanto appare come un terribile “malinteso”.
“Gli indifferenti”: il romanzo di esordio di Alberto Moravia
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Alberto Moravia iniziò la stesura de Gli indifferenti giovanissimo, appena diciottenne, mentre trascorreva un lungo periodo di convalescenza presso la clinica svizzera di Bressanone. Sin dalla tenera età Moravia soffriva di una forma di tubercolosi ossea detta “Morbo di Pott”, che lo privò dei divertimenti e dei giochi dell’infanzia costringendolo a trascorrere molte ore in solitudine. Fu proprio la malattia, con tutte le sue drammatiche conseguenze, a rafforzare la sua vocazione di scrittore ponendo sugli occhi di Alberto quella lente peculiare che in futuro gli avrebbe consentito di sviscerare a fondo le dinamiche sociali.
Il giovane Alberto Pincherle decise di pubblicare il libro a sue spese, a un costo di circa cinque mila lire, presso la casa editrice milanese Alpes. Lo firmò con lo pseudonimo di Alberto Moravia, in omaggio al cognome da nubile della propria nonna. Gli indifferenti, sin dalla sua prima pubblicazione in un numero ancora ridotto di copie, fu accompagnato da una certa aura di scandalo. La critica lo considerò da subito come uno degli “esperimenti più interessanti della narrativa italiana.”
Quel giovane scrittore ventenne puntava il dito contro una società ipocrita e bigotta, ne smascherava il conformismo e l’inettitudine con un stile asciutto ed essenziale che finalmente aveva l’ardire di chiamare le cose con il loro vero nome. Nelle sue pagine Moravia metteva in scena la tragedia grottesca dell’umanità moderna che si consumava nell’angusto palcoscenico delle mura domestiche.
I protagonisti del romanzo sono una tradizionale famiglia borghese, gli Ardengo, che vive nel quartiere più rinomato della capitale: i Parioli. Tramite le vicende dei quattro personaggi principali: la ragazza Carla, il fratello Michele, la madre Mariagrazia e il ricco Leo Merumeci, Alberto Moravia riesce a dar voce a un’umanità profondamente egoista e avida che guarda soltanto ai propri interessi. “Gli indifferenti” del titolo delinea infine una vera e propria condizione esistenziale che ciascuno dei protagonisti subisce, ognuno a proprio modo.
Nel libro si possono già cogliere tutte le tematiche fondanti della narrativa moraviana: la noia, il conformismo borghese, l’incapacità dei giovani di imporsi nel mondo attraverso le proprie scelte. Attraverso Gli indifferenti Moravia rivelava al pubblico il vero volto dell’uomo moderno, compiendo un’attenta analisi in chiaroscuro della società che appare ancora incredibilmente attuale.
“Gli indifferenti” di Alberto Moravia: la trama
Gli indifferenti è una tragedia che si consuma nello spazio chiuso, quasi claustrofobico, delle pareti domestiche. È la casa l’ambiente nel quale i quattro personaggi si muovono come burattini guidati da un abile prestigiatore. La crisi dei valori si consuma proprio nell’ambito dell’incorruttibile famiglia tradizionale, che diventa teatro della crisi di un’intera società.
I fratelli Carla e Michele Ardengo vivono in compagnia della madre vedova, Mariagrazia. Un giorno il ricco signor Leo Merumeci, amante di Mariagrazia, inizia a rivolgere le proprie attenzione alla figlia di lei, la giovane Carla. Inizia così un complesso gioco di triangoli amorosi governati da un’ipocrisia di fondo. Non è l’amore né il sentimento a guidare le azioni dei personaggi, ma l’egoismo dell’interesse personale.
Carla vede in Leo uno strumento utile per sfuggire dal destino del “buon matrimonio” che la madre le ha creato su misura, cucendoglielo addosso come un vestito; mentre Leo vede nella ragazza un nuovo divertente passatempo con cui dilettarsi. Dal canto suo, anche la borghese Mariagrazia è legata all’uomo da puro interesse, poiché è lui a consentirgli di continuare a condurre una vita agiata nonostante la vedovanza. Poi c’è Michele, emblema del giovane inetto e ammalato di noia, che si serve dell’amore per Lisa per dimostrare a sé stesso di provare ancora un sentimento autentico in un mondo che invece appare finto come una scatola di cartone. Persino l’azione finale compiuta da Michele - che dovrebbe essere la conclusione risolutiva dell’intera vicenda - è destinata a fallire ignominiosamente.
Tutti i personaggi abitano bene lo spazio della propria indifferenza tessendo una rete di diaboliche menzogne che, infine, fanno ben comodo alla vita di ciascuno. Il finale rimane volutamente sospeso, perché Alberto Moravia non vuole mostrarci un mondo in cui la verità sia rivelata, ma l’inscalfibile perbenismo borghese che tende maliziosamente ad occultare, a nascondere, a rimodellare la realtà per perseguire i propri fini di successo, carriera, realizzazione.
Recensione del libro
Gli indifferenti
di Alberto Moravia
Nel suo ritratto spietato della borghesia Moravia mostra al lettore personaggi imprigionati nel ruolo che la società ha cucito loro addosso, incapaci di vivere davvero, ma impegnati unicamente a perseguire i loro scopi, intrappolati in una serie di obblighi e apparenze. L’indifferenza dunque assume la veste di un malessere sociale opprimente da cui nessuno prova davvero a liberarsi. Sotto la patina di questa indifferenza che abita le cose vediamo un mondo sempre più materiale che ha trasformato le persone in oggetti, i sentimenti in merce di scambio collettiva. Gli indifferenti è la narrazione spietata di una società che ha perso il suo valore umano.
Perché “Gli indifferenti” è un romanzo attuale
L’epoca storica è mutata, eppure la condizione dell’uomo contemporaneo non è poi molto diversa da quella degli anni Venti del Novecento: l’indifferenza, anzi, è un sentimento che si è aggravato sviluppandosi come un cancro nella società sino a divenire una malattia silente e inguaribile.
Nella sua narrazione esistenzialista Moravia ci presenta il prototipo dell’uomo moderno che, una volta soddisfatti tutti i suoi bisogni primari, non trova più alcuno scopo nella vita. L’uomo borghese descritto dall’autore appare incapace di provare emozioni e sentimenti che siano veri, autentici, sottratti alla freddezza del calcolo e dell’opportunismo sociale. L’incomunicabilità è l’unico collante che lega tra loro tutti i protagonisti del romanzo, che vivono in un’atmosfera di perenne menzogna, incapaci di essere sinceri l’uno con l’altro.
L’aria che si respira nella dimora degli Ardengo non è molto diversa che quella che tira oggi nelle nostre città. La Roma degli anni Venti che Moravia racconta: una Roma afflitta dalla crisi economica, che assiste all’ascesa implacabile del fascismo, non è poi molto diversa dalla Roma di oggi.
Il giovanissimo Moravia scrisse un romanzo neorealista fortemente calato nello spirito politico dell’epoca: ricordiamo che, quando l’autore iniziò a porre mano al manoscritto, il delitto Matteotti si era appena compiuto e il fascismo era agli albori. La società degli anni Venti scivolava verso una forma di tacito consenso e - attraverso la penna - Alberto Moravia ne smascherava l’ipocrisia ben celata dietro la bella maschera del perbenismo.
L’indifferenza rappresenta il primo segnale di egoismo, il primo campanello di allarme e Moravia decise di farne il titolo del proprio romanzo d’esordio che esplose come una bomba nell’ambiente socio-culturale degli anni Venti connotato dall’ascesa del fascismo.
Gli indifferenti oggi assume un significato ben più ampio e appare con un indice puntato di condanna: indifferenti non lo siamo anche noi? Non lo siamo forse tutti? Quanto siamo colpevoli dei nostri silenzi, delle nostre menzogne, delle nostre piccole meschinità? Indifferenti sono tutti coloro che non cercano di cambiare le cose e le accettano così come sono per quieto vivere, che preferiscono abitare una realtà desolante anziché lottare per una vita migliore, che attraverso la propria indolente apatia rimettono sempre la decisione nelle mani degli altri.
Alberto Moravia parla di quel sentimento di aridità morale che pervadeva una borghesia capace di rinnegare l’individualità personale a favore di un ipotetico superiore buonsenso comune, oggi come allora. Nel subbuglio di quel piccolo microcosmo familiare dell’agiata borghesia romana si agitava intanto, non visto ma onnipresente, lo spettro della Storia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Gli indifferenti” di Alberto Moravia alla Maturità 2023: trama e analisi del brano dell’Esame
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Sono molto colpito da questa analisi del romanzo di Alberto Moravia Gli indifferenti. Colta, piena di riferimenti all’attualità, scritta benissimo peraltro, da chi vive mangiando pane e libri. Una sola postilla, magari anche sbagliata che mi viene da fare. Noi, uomini e donne del nuovo millennio purtroppo non siamo così indifferenti e apatici. Scrivo purtroppo non perché l’indifferenza sia uno stato d’animo positivo, ma perché può diventare altro. Il romanzo di Moravia non è chiuso a chiave per sempre. Anzi ha spinto molti lettori a trovare un senso a questa apatia, a rispedirla al mittente come un sentimento borghese del primo Novecento che non ci appartiene già più.
In epoca social altro che indifferenti, molti di noi sono dei narcisisti compulsivi che pensano che la loro vita non è poi così male e la riproducono fedelmente sui social, soprattutto Instagram. Magari gli utenti di questo social fossero apatici e indifferenti. Farebbero meno guai. Invece il narcisista egoista che narra la sua storia tra foto e video adatte a Instagram pensa che sia già un bel biglietto da visita ricevere uno stock di mutande gratis, basta solo metterle in bella vista su una foto. Il profilo Instagram per le persone più belle, più cliccate, con più follower, diventa una specie di lavoro, anzi un lavoro a tempo pieno. Il narcisista individualista è tutto tranne che indifferente, e paradossalmente i personaggi di Moravia sembrano migliori dopo quasi un secolo dalla scrittura del libro. Mentre molti di noi sono mostri veri. Carla ora sarebbe una addetta alla moda online e una influencer, mentre Michele urlerebbe su Twitter tutto il suo disagio, per poi calmarsi per dare spazio alla pubblicità del suo corso yoga.