Gli occhi di Mrs. Blynn di Patricia Highsmith

Non solo scrittrice di romanzi, come "Idilli d’estate", ma soprattutto di racconti molto belli, Patricia Highsmith scrive questi quattordici racconti (pubblicati postumi nel 2003 da Bompiani) con mano magistrale.
Come scriveva di lei Graham Greene:

"Si entra nel suo mondo con una sensazione di pericolo personale".

Basta leggere l’attacco del primo racconto, che dà il titolo a tutta la raccolta, per accorgersene:

"Mrs Palmer stava per morire: non c’era alcun dubbio su questo., per lei o per chiunque altro nella casa... aveva la leucemia, dolori non ne aveva, ma si sentiva terribilmente debole".

Una scrittura straordinariamente asciutta, senza pietismi, che narra di esistenze banali, di cleptomanie ed efferatezze, di omicidi efferati, ma sempre con una scrittura piana.
Patricia Highsmith rende poco rassicuranti le feste comandate, i commensali ad una tavola, adolescenti presi come esempio di insicurezza e stupore, l’amore delle armi per il popolo statunitense.
Emerge uno straordinario ritratto della psiche degli Stati Uniti della metà del Ventesimo secolo.
Piccoli capolavori come l’ultimo racconto "Una ragazza come Phyl":

Stavolta lei reagì. "Ora parla come un americano". "Le ho detto di essere americano". Era furente, e adesso sapeva perché, esattamente. Quella ragazza lo avrebbe preso in giro e ciò si sarebbe ripetuto con uomini più giovani, proprio come aveva fatto Phyl, riducendoli all’infelicità se fossero stati tanto sciocchi da innamorarsi".

Il disincanto sentimentale, omicidi per noia: la scrittrice usa molto l’aggettivo "americano" quando vuole esprimere qualcosa di violento, di inascoltato, un grumo di sangue che non rimargina. Per una che era nata in Texas, vuol dire qualcosa quello di scrivere in Europa, abbandonando la natia patria. Non antiamericanismo di maniera, ma paura della gente, soprattutto di quella americana (e scusate se ho abusato di questo aggettivo, ripetuto fin troppe volte).