Goya
- Autore: Tzvetan Todorov
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2015
Nel febbraio di sei anni fa moriva il prolifico Tzvetan Todorov, studioso di lungo corso che dagli esordi strutturalisti e letterari aveva allargato nei decenni i suoi interessi ad ambiti storico-sociali, autore di studi e riflessioni di diseguale incisività, compreso, fra gli ultimi, un denso saggio su Goya tradotto da Emanuele Lana per Garzanti nel 2015.
Quella che lo studioso esibiva dalle prime pagine era una lettura del pittore spagnolo le cui opere venivano interpretate non come mere tracce di un’esperienza artistico-formale, ma quali manifestazioni di un pensiero, di una visione del mondo concernente il destino umano in un’accezione sia individuale che - non troppo lateralmente - politica.
L’indagine tecnica (Todorov non era uno specialista) era scortata da una certa attenzione ai dati biografici più rilevanti, per evincerne, grazie anche alla lettura di vari scritti, le trasformazioni successive alla misteriosa malattia contratta da Goya nel 1792 in Andalusia – evento ad avviso di Todorov (ma non era una novità ermeneutica) decisivo.
Da lì difatti principia la sordità del pittore, sordità alla base di un viaggio agli inferi che si tradurrà in straordinaria mutazione creativa. Se fino a quel momento infatti Goya si era accontentato del plauso degli accademici e di una posizione prestigiosa come pittore di corte, da allora in avanti cambia tutto. E lì, per Todorov, inizia la storia di un genio (e la storia dell’arte moderna).
Quel che accade è che Goya riflette in maniera sempre più intensa non solo sulla propria ma sull’arte in generale, quale strumento di conoscenza della vita umana; ne fa l’espressione dei propri rovelli intellettuali, e, non ultimo, il proprio modo di interrogare la storia che gli passa sotto gli occhi.
Il suo illuminismo si fa problematico. Si accentua l’interesse già timidamente palesato verso zone marginali della società prima scarsamente frequentate dalla pittura.
Infermi, folli, carcerati, “streghe”, criminali e abietti di varia risma (“the wild side of life” insomma) popolano sempre più quadri e incisioni.
I tratti si fanno via via più grotteschi, cupi, deformi, brutali. L’angoscia della morte filtra ovunque come un rimosso della cultura illuministica, cui pure Goya non cessa di essere vicino. Da un lato si fa strada il pittore secondo il quale “bisogna consentire a ognuno di seguire l’inclinazione che gli detta l’animo suo”, dall’altro:
Il pittore che deve mostrare non il mondo così com’è, ma la visione personale che egli ne ha.
E qui è Todorov che scrive. In maniera coesa intanto emerge il “pensatore” che delle pretese razionalistiche del ‘700 scorge anche i limiti. Ne sono un esempio le incisioni I disastri della guerra, che decifrano il paradosso della violenza napoleonica perpetrata col sigillo rivoluzionario.
Le immagini sanguinarie raccontano anche la reazione degli spagnoli. Todorov ricorda come Goya non parteggi per nessuno dei due. E lascia intravedere quella che probabilmente sente come un’idealità affine alla propria: una vocazione sostanzialmente illuminista, ma contrassegnata dal rifiuto di ideologie esaustive e troppo sicure di sé.
Tzvetan Todorov, nato a Sofia, in Bulgaria, nel 1939, viveva in Francia dall’inizio degli anni Sessanta. Trai suoi titoli editi da Garzanti: La letteratura fantastica (1970), Teorie del simbolo (1984), Una tragedia vissuta (1995), Il nuovo disordine mondiale (2003), Lo spirito dell’illuminismo (2007), La letteratura in pericolo (2008), La paura dei barbari (2009), L’identità europea (2019).
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