Gramsci in cenere
- Autore: Alda Teodorani
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
Anni fa a Roma, in pieno centro, a piazza San Silvestro, si trovava una libreria dal nome strano e intrigante, “Reminders”. Prima di imparare l’inglese, andando per assonanza, credevo che quel termine significasse ricordi, rammemorazioni; poi, col tempo, ho capito che i reminders sono i resi di magazzino, "quello che rimane" letteralmente, i libri invenduti che in quella libreria trovavano una seconda occasione. Gramsci in cenere (Stampa Alternativa, 2016) di Alda Teodorani è, allo stesso tempo, una rammemorazione e una ricognizione di quello che rimane, di un luogo, di una comunità, di molti ideali.
Gli sguardi alterni di Marco e Lara si incrociano e si fermano sulle vie di Massa Lombarda, un piccolo centro della Romagna che racchiude storie diverse di tante anime che spesso la vita l’hanno lasciata improvvisamente, quasi per caso, come l’hanno vissuta. Da due punti di vista complementari che scivolano impercettibilmente l’uno nell’altro fino a confondersi, affinati entrambi dalla distanza e accomunati dall’amore adolescenziale per la lettura, si snoda un unico viaggio a ritroso, una resa dei conti amara in cui le file dei sommersi sono di gran lunga più nutrite di quelle dei salvati.
Il Bar Sputafuoco è il cuore pulsante di un’antologia di Spoon River dove si incontrano partigiani e tossici, vecchi che assistono impotenti al disgregarsi della civiltà contadina e giovani che rincorrono l’ennesima dose prima che quella li uccida o, insieme all’elettroshock, li riduca ad "avanzi", residui manicomiali che il paese preferisce non vedere, internandoli nel buio di un armadio; destino non dissimile a quello dei vecchi, gettati nella casa per anziani "come rifiuti in una discarica", in attesa che la morte li seppellisca definitivamente.
Adolescenza e morte, d’altra parte, sono i due orizzonti esistenziali di tutta la narrazione.
Della prima nasce la curiosità che impone di uscire da Massa per scoprire Imola, camminare sotto i portici di Bologna e toccare con mano quel che agita i movimenti; dall’adolescenza prendono forma ricordi come quelli delle prime esperienze sessuali, che da gioco diventano cicatrice
“Lara si era ritrovata a guardare Glauco negli occhi (...) eppure proprio in quell’attimo si era improvvisamente accorta di quanto lo amava e che lo stava perdendo, e in quell’esatto momento, quando non era più possibile rimediare si era pentita di tutto”
o come quelli dei sapori che si imprimono indelebilmente nella memoria:
“Un tempo quando sua moglie mi disse che non avrebbero più tenuto i dolci di quella pasticceria pensavo ancora che ci fosse qualcosa che potesse durare per sempre (...) o quantomeno che le cose amate potessero tornare sotto la stessa forma, tale e quale o anche meglio. Invece non è così: credo che ogni qualvolta si subisce questo abuso, ogni volta che qualcosa finisce di essere meraviglioso sotto i tuoi occhi e si trasforma in altro che non ti piace e alla fine non è più lo stesso, è così che lentamente si muore”
La morte, appunto, sembra invece essere un colore di sfondo in cui quei ricordi, dopo essersi configurati svaniscono; è la stessa Massa Lombarda che
“odorava di morte, di decomposizione”
e, nell’ansia da futuro che l’Italia ha conosciuto negli anni Settanta, quell’odore di morte esala più forte dai vecchi alberi tagliati per far posto alle coltivazioni intensive; dai palazzi demoliti per lasciar spazio a costruzioni inutili, purché l’edilizia prosperi; dai monumenti spostati da una parte all’altra del paese e, così, ridotti a punti di disorientamento, più che di riferimento:
“la verità è che il passato ti segna con ferite sanguinanti e desolazione ma poi però svanisce senza lasciare tracce e anche se fosse ci pensano gli ex comunisti, ex partigiani, ex insomma, a cancellare tutto, riducendo ogni cosa in cenere, perfino Gramsci se dovesse caso mai succedere che il passato metta in pericolo le teorie e le pratiche politiche del presente”
Antonio Gramsci diventa, allora, simbolo di illusioni e ideali che, strangolati dalla comodità dell’esistenza, languiscono e muoiono, proprio come il pensatore sardo; Marco ad un certo punto si renderà conto che i suoi frequenti ritorni a Massa Lombarda hanno lo scopo di
“capire quanto era rimasto di essi. Li ho alimentati nella mia scrittura e sarà questa la mia unica eredità”
Se nel continuo sgretolarsi descritto nella pagine di “Gramsci in cenere”, l’unico luogo stabile di un mondo che fu sembra essere il cimitero con le sue lapidi – d’altronde
“chi non ha morti da piangere non ha mai amato davvero”
la scrittura che è l’altro, carsico, protagonista del libro, appare ai protagonisti come l’unica forma di rinascita. È dal lessico familiare del nonno che redigeva diari con le storie dei paesani che Marco ha imparato che nella scrittura:
“si tratta sempre (...) di avere a che fare con quel che resta della vita degli altri, quel che rimane dopo la loro morte e che ha fatto parte del nostro vissuto.”
Destrutturare e ricomporre quei ricordi che sono materia grezza per riciclarli, facendone uscire il meglio, trasformando, in un’attività alchemica, anonimi resti in un oggetto unico, da condividere e far circolare, per non farlo morire, come faceva già una mitica bibliotecaria, quando prestava libri ai due ragazzi.
Gramsci in cenere, bilancio impietoso di un mondo irrimediabilmente trascolorato, è un libro amaro e vibrante, dove la potenza dei ricordi si fonde con la meditazione esistenziale sulla morte – dal rosso al nulla, recita sapientemente il sottotitolo – quale orizzonte ultimo dell’esistenza; in un passo a due che disegna un unico, toccante, flusso di coscienza, Alda Teodorani regala, però, ai lettori anche un prezioso insegnamento sul mestiere di scrittore e sul valore che la scrittura può assumere per ognuno di noi.
Gramsci in cenere: Dal rosso al nulla
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