Grande fratello, espressione che tutti abbiamo fatto nostra da una decina d’anni a questa parte, da quando con essa intendiamo un reality show molto noto che negli ultimi anni ha visto anche la partecipazione di star e starlette del cinema e della TV in più o meno avanzato stato di decadenza (Grande Fratello VIP). Trash, insomma, servito in salse diverse ma pur sempre fedele a se stesso, per solleticare la nostra voglia di guardare dal buco della serratura, i nostri inconfessabili bisogni di vouyer, intenti a scrutare quel che succede quando un gruppo di individui alquanto differenti vengono rinchiusi in uno spazio ben sorvegliato da telecamere.
Lasciamo da parte, per ora, lo scontato epilogo che ogni volta si consuma sotto le coperte, i confessionali, le puzzette e le crisi isteriche da astinenza da nicotina a cui il piccolo schermo ci ha costretto nel corso degli anni, quando il Grande Fratello riusciva almeno a strapparci una risata.
Guardiamo piuttosto a dove nasce questa espressione – molti, per fortuna, ricordano ancora che ha acquistato la sua notorietà grazie a un celebre romanzo distopico – e domandiamoci come, riguardo al Grande Fratello, si arrivi dal romanzo “1984” di George Orwell si arrivi al reality show.
Il Grande Fratello: alcune premesse
Alla base di “1984” il romanzo di George Orwell che ha reso celebre la figura del Grande Fratello, un personaggio o, meglio, un’idea che lo scrittore inglese descrive nel suo libro vi sono concetti e temi che è importante richiamare, a titolo di premesse.
Il modello di un controllo onnipervasivo e costante è, in realtà uno dei tanti lati oscuri dell’illuminismo, una deriva della razionalità dei lumi che prende corpo nel “Panopticon”, un’opera dove lo scrittore inglese Jeremy Bentham ci dà conto di una prigione immaginaria di forma circolare al cui centro vi è una torre. Dalla torre i sorveglianti possono controllare in ogni momento i prigionieri: un unico guardiano, addirittura, può osservare (optikon) tutti (pan) i prigionieri in ogni momento, i quali, invece, non hanno alcuna possibilità di comprendere se sono davvero osservati in quel momento e sono, quindi, obbligati ad osservare una disciplina costante.
Della grande efficacia di questo dispositivo di controllo ci dà conto Michel Foucault in opere come “Nascita della clinica” e “Sorvegliare e punire”, dove ci ricorda che il Panopticon rappresentava anche una versione laica dell’onniscienza divina dove l’osservatore, come Dio, era invisibile.
È comunque improbabile che Orwell per il suo romanzo si sia ispirato al “Panopticon” di Bentham ed è vero, d’altra parte, che romanzi utopici erano già stati scritti prima di “1984”, nel primo e nel secondo dopoguerra. Proprio a questo genere, e in particolare a “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley, che fu anche insegnante di Orwell, occorre guardare per individuare la maggiore fonte di ispirazione di il romanzo dove compare il Grande Fratello.
Piuttosto che a un confronto tra i due romanzi, in questa sede è sufficiente richiamare un’osservazione di Geno Pampaloni in proposito:
“Mentre nel libro di Huxley si parla veramente di un altro mondo, di un’altra civiltà, in 1984 è il nostro mondo che agonizza davanti a noi”
Il romanzo distopico, genere al quale afferisce anche “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury (1953), è il sintomo letterario, di un profondo pessimismo che nell’immediato dopoguerra (sia primo che secondo) pervadeva la società: una crisi di valori profonda che minava costantemente la fiducia della borghesia e degli intellettuali nel positivismo ma anche nelle ideologie che ad esso si ispiravano maggiormente, come il comunismo.
Lo testimoniano bene anche altre due fonti d’ispirazione di George Orwell: “Noi” (1924), un romanzo distopico dove il russo Evgenij Ivanovič Zamjatin, muoveva pesanti accuse alla Russia sovietica di Lenin e al romanzo “Buio a mezzogiorno” (1940) di Arthur Koestler dove l’autore, militante del partito comunista tedesco, svelava alcuni dei metodi di plagio e tortura del comunismo sovietico e dei partiti satellite che ad esso guardavano come modello.
Grande Fratello: il romanzo 1984 di George Orwell
Nel caso di George Orwell, un anarchico passato al socialismo che aveva combattuto nella guerra civile spagnola a fianco del POUM, l’intento era quello di criticare, attraverso una finzione letteraria che attingeva a piene mani alla storia recente e al presente, e fondeva al suo interno teoria politica e analisi sociologica, tutte le derive del totalitarismo, fosse esso fascista o comunista. Lo spiega bene una lettera dello stesso Orwell, del 16 giugno 1949, dove l’autore afferma:
“Il mio recente romanzo NON è inteso come un attacco al Socialismo o al Partito Laburista (di cui sono sostenitore), ma come la denuncia delle perversioni (...) che sono state parzialmente realizzate nel Comunismo e nel Fascismo”.
Lasciando da parte la trama di “1984”, per cui rimandiamo alla recensione del libro, è più interessante sottolineare alcuni elementi di fondo che ci consentiranno di comprendere meglio anche il reality show.
La società inglese del 1984 anno in cui è ambientato il libro di George Orwell è governata da un onnipotente partito unico al capo del quale vi è il Grande Fratello un personaggio che nessuno ha mai visto di persona ma che è ritratto in innumerevoli manifesti, riesce a controllare la vita di tutti i cittadini, attraverso telecamere e televisori installati in ogni abitazione.
Ogni forma di privacy è annullata, con l’obiettivo di individuare anche la minima forma di dissenso all’ideologia del partito; ispirata ai principi del Socing questa società è monitorata dalla psicopolizia che interviene in ogni caso di sospetto deviazionismo da una onnipresente ortodossia.
L’unica forma di pensiero ammissibile è il Bispensiero, un credo dove proposizioni antitetiche sono contemporaneamente vere, ispirato al materialismo dialettico leninista. La stessa Neolingua, il linguaggio parlato in questo mondo distorto, non ammette parole che abbiano anche la minima sfumatura eterodossa e riduce a psicoreati tutti i termini sgraditi, impedendo così qualsiasi tipo di pensiero critico individuale e qualsiasi concetto che consenta una benché minima critica all’operato del partito.
Il Grande Fratello dopo “1984” di George Orwell
“1984” si configura come una critica feroce ai partiti totalitari e ai loro capi carismatici, per questo fu subito oggetto di aspre critiche: in Italia lo attaccò Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista, che lo giudicò il prodotto di una borghesia esangue pur riconoscendone l’attualità.
L’espressione Big Brother, intanto, era già diffusa nella cultura inglese, nella quale era utilizzata per identificare chi aveva compiti di supervisione, controllo e tutela nei confronti dei fratelli minori, anche per questo non faticò ad entrare nelle traduzioni italiane del romanzo dove fu sempre mantenuta.
Anche la letteratura distopica e fantascientifica successiva diede molta importanza a questo romanzo di George Orwell: il Grande Fratello fu inserito tra i migliori 100 personaggi del Novecento dalla rivista Book; Anthony Burgess, amico di Orwell, scrisse un romanzo dal titolo “1985” (dove rivelò che la figura del Grande Fratello nasce da un poster pubblicitario della Bennett’s, dove il fondatore della compagnia con il claim "Let me be your father") e Arthur C. Clarke, in “2001: odissea nello spazio”, utilizza l’espressione Big Brother per denominare un monolito che gravitava intorno a Saturno.
Innumerevoli i richiami al Grande Fratello nel cinema e nella musica: si ispirarono ad esso Kurt Wimmer per il film Equilibrium ma anche David Bowie, gli Eurythmics, i Rage against the machine, i Radiohead, i Muse e gli Artic Monkeys.
Da non dimenticare, infine, che in anni recenti, sempre per la sua grande capacità previsionale nei confronti dei destini della società moderna, “1984” di Orwell ha ispirato o influenzato romanzi come “L’elenco telefonico di Atlantide” di Tullio Avoledo, “1Q84” di Murakami Haruki e “Terre desolate” di Stephen King.
Il Grande Fratello: il reality show
In onda dal 2000 il reality show Grande Fratello continua a registrare un apprezzamento ininterrotto, con edizioni in molti paesi del mondo. Mettendo un gruppo di persone sotto l’occhio delle telecamere 24 ore su 24, questo programma diventa anche un esperimento sociale dove il pubblico ha un ruolo fondamentale, perché decreta l’eliminazione di alcuni concorrenti, nominati dagli altri inquilini, attraverso il televoto.
Se il nome di questo reality show ha ascendenze letterarie, lo spettacolo in sé, come esperimento sociale, trova i suoi antecedenti più prossimi negli zoo umani, nati nella seconda metà dell’Ottocento per osservare in prima persona le abitudini di popolazioni indigene ed esotiche come i samoani o i nubiani. L’idea ebbe molto successo nei secoli scorsi, quando al Jardin zoologique d’acclimatation di Parigi furono realizzate circa trenta mostre etnologiche.
Un esperimento sociale molto simile fu realizzato nel 1974 da William Griffitt e Russell Veitch, due psicologi statunitensi che studiarono gli effetti della convivenza in un rifugio antiatomico di tredici persone che per dieci giorni furono sottoposte a difficoltà di ogni tipo e a condizioni estreme.
Dopo un esperimento sociale simile tenutosi in Svezia nel 1997 e finalizzato a studiare gli effetti di condizioni difficili sulla convivenza di un gruppo, nel 1999 nasceva in Olanda il reality show che, ispirato al romanzo di Orwell, ha come suo simbolo universale un occhio onnisciente, simbolo di controllo e di attenzione continua.
Entrato nel Guinness dei primati (la quinta edizione olandese, tenutasi tra il 2004 e il 2005) per aver raggiunto il record della più lunga diretta della storia della TV, il Grande Fratello è ancora oggi un reality di successo perché capace di offrire una vicinanza senza precedenti alla vita delle persone, evidenziandone le motivazioni, le scelte e le reazioni. Seguono lo stesso filone anche altri reality show come L’isola dei famosi e Temptation Island
.
Accanto a questo presunto bagno di realtà occorre però ricordare che quel che uno spettatore vede nella trasmissione televisiva è una sapiente opera di montaggio degli spezzoni più interessanti e coinvolgenti, selezionati dagli autori per rendere la storia più efficace. E proprio di storia si tratta, dal momento che ogni episodio è montato con una logica da soap opera, molto attenta alle diverse linee narrative e all’evoluzione dei personaggi che, nel corso degli anni, sono stati selezionati con una cura sempre maggiore (a discapito della veracità delle prime edizioni) e sono stati sottoposti a prove sempre diverse per mantenere alta l’attenzione su di essi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Grande Fratello: dal romanzo 1984 di Orwell al reality show
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