Giovedì 6 giugno alle ore 18.30 presso la Sala della Passione della Pinacoteca di Brera a Milano in via Brera 28, Harry Bellet presenterà il suo volume “Falsari illustri” (Skira 2019, pp. 128 pagine, €19,00). Alla presentazione interverranno il gallerista Marco Voena e l’antiquario Tomaso Piva, modererà l’evento il giornalista Oreste Bossini.
Nato nel 1960, Harry Bellet ha studiato storia dell’arte prima di lavorare al Centre Pompidou a Parigi e alla Fondation Maeght di Saint-Paul-de-Vence. Dal 1998 si è occupato di argomenti culturali per “Le Monde”.
Quando Thomas Hoving, ex direttore del Metropolitan Museum di New York, dichiarò nel 1997 che il 40% delle opere nel suo museo erano false, pensammo a un’esagerazione tipicamente americana. Di fatto, ci si domanda invece se la cifra non sia inferiore alla verità.
Il presente testo è un viaggio sconcertante, divertente e appassionante nel vasto mondo dei falsi d’arte. Vengono posti all’attenzione del lettore casi affascinanti, dalle truffe che nell’antichità il greco Pasitele escogitava ai danni di collezionisti romani, a Michelangelo, che in gioventù non disdegnò pratiche altrettanto discutibili, fino ai casi più recenti, eclatanti e a volte tragici di personaggi come Han van Meegeren, denominato “Vermeer redivivo” che beffò Hermann Göring, o l’inglese Eric Hebborn, geniale autore di disegni capaci di ingannare i maggiori esperti dei maestri rinascimentali.
Da queste vicende, sostiene l’autore, emergono due fondamentali verità. La prima è che il falsario “geniale” non esiste, eccetto quelli che non si sono fatti prendere, la seconda è che i falsi si trovano ovunque e sono difficili da scoprire. Il mestiere di falsario, in fondo altro non è che un artista fallito, abile nell’imitare lo stile di un celebre pittore, ha sempre affascinato e attratto, suscitando sempre la simpatia del pubblico e la relativa clemenza della giustizia nei confronti dei falsari. Eppure pensiamo allo smacco per uno sfortunato collezionista che è stato vittima di una truffa, per una galleria o per il curatore di un museo il cui orgoglio, per non parlare della sua reputazione, difficilmente riescono a riprendersi dalla batosta.
Bellet ricorda due casi celebri: “Il falso numero uno”. La tiara di Saitaferne, un re sciita la cui corona era stata presumibilmente scoperta in Crimea fu acquistata nel 1896 dal Museo del Louvre di Parigi per 200.000 franchi oro. L’acquisizione ebbe altissima risonanza e lo storico dell’arte Salomon Reinach fu incaricato da “Le Figaro” di stilare una vita di Saitaferne. La storia fece il giro del mondo e arrivò fino a Odessa dove viveva Israel Roukhomovsky, orafo di mestiere. Era lui l’autore del manufatto: gli era stato commissionato alcuni anni prima da due tizi che lo avevano pagato 7000 franchi sull’unghia. L’onesto artigiano arrivò a Parigi per rivendicare la paternità della tiara, che i curatori del Louvre rifiutarono di riconoscergli, finché egli non la rifece davanti a loro. Una storia che ricorda quella dei falsi Vermeer di Han van Meegeren (1889-1947): arrestato alla fine della II Guerra Mondiale per aver venduto un capolavoro del pittore olandese a Hermann Göring, sostenne che il dipinto in questione lo aveva fatto lui. Davanti all’incredulità generale, ne fece uno nella cella in cui era stato rinchiuso. Incredibile, ma vero.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Harry Bellet presenta "Falsari illustri" alla Pinacoteca di Brera
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