Henry Dunbar
- Autore: Mary Elizabeth Braddon
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Elliot
- Anno di pubblicazione: 2020
La casa editrice Elliot, nella sua Collana “Raggi”, pubblica per la prima volta in Italia Henry Dunbar (2020, titolo originale Henry Dunbar: The Story of an Outcast, traduzione e cura di Massimo Ferraris), pubblicato dall’autrice inglese Mary Elizabeth Braddon (Londra, 4 ottobre 1837 - 4 febbraio 1915) in tre volumi nel 1864.
“La ditta Dunbar, Dunbar e Balderby, banchieri dell’India orientale, era una delle più ricche società della City di Londra, così ricca che sarebbe stato impossibile cercare di valutare l’ammontare del suo patrimonio. La gente diceva che era qualcosa di favoloso”.
Talmente favoloso che i sotterranei della ditta, situata in una strada scura e stretta che sbucava da King William Street, era opinione comune fossero zeppi fino all’orlo di barili pieni di sovrane d’oro, di lingotti ammucchiati in cataste come legna da ardere e dimorassero inattaccabili casseforti stipate fino a traboccare di banconote, azioni ferroviarie, titoli di Stato e gioielli di famiglia.
Gli ultimi capi della ditta Dunbar, fondata agli albori della crescita della potenza inglese in India, una delle società più antiche della City londinese, erano stati due fratelli, Hugh e Percival Dunbar. Quest’ultimo, il più giovane, era morto da poco tempo all’età di ottant’anni, lasciando l’unico figlio, Henry Dunbar, solo erede della sua enorme fortuna.
Il patrimonio consisteva in una splendida proprietà nel Warwickshire, di un’altra proprietà, “appena meno splendida”, nello Yorkshire, di un palazzo signorile a Portland Place e tre quarti della banca. Il socio di minoranza, Mr Balderby non aveva mai posseduto più di un quarto del capitale azionario, mentre le rimanenti quote erano state divise tra i due fratelli, passate poi interamente nelle mani di Percival alla morte di Hugh. Quindi la fortuna che attendeva Henry Dunbar era notevole assai.
Ora la Dunbar, Dunbar e Balderby era in procinto di accogliere il nuovo capo della ditta, assente dall’Inghilterra e che nessuno dei dipendenti della banca, eccetto Sampson Wilmot, aveva mai visto. Henry Dunbar era salpato per Calcutta trentacinque anni prima e aveva lavorato da allora negli uffici della filiale indiana della banca, prima come impiegato e successivamente come direttore. L’uomo era stato mandato in India a causa di un grave errore, che aveva commesso nella prima gioventù.
Henry Dunbar si era macchiato di falsificazione, ma i signori Dunbar e Dunbar non avrebbero mai consentito che il loro erede finisse sul banco degli imputati in tribunale. Non c’erano stati quindi contrattempi, né uno scandalo o un’azione giudiziaria. Le cambiali erano state debitamente onorate, ma l’elegante giovane ufficiale era stato costretto a ricominciare da capo come apprendista impiegato presso la banca di Calcutta.
“Si era trattato di una terribile mortificazione per l’esuberante giovanotto”.
Mary Elizabeth Braddon, ideatrice con Wilkie Collins del “sensation novel” (romanzo sensazionale, pieno di trame ricche di mistero, intrighi e suspense), fu autrice di un’ottantina di romanzi, numerose commedie, poesie, saggi e racconti brevi, molti dei quali giudicati “scandalosi” per i riferimenti a delitti, omicidi, bigamia e adulteri.
“Scandalosa” per la bigotta società vittoriana fu anche la vita privata di Braddon. Mary Elizabeth, terza e ultima figlia di Fanny White, una giornalista irlandese, e di Henry Braddon, un avvocato della Cornovaglia, innamorata del suo editore John Maxwell, già sposato con una donna affetta da disturbi mentali e ricoverata in un ospedale psichiatrico, andò a vivere con lui e da Maxwell ebbe sei figli. La relazione adulterina fu regolarizzata solo alla morte dell’inferma, dopo tredici anni dall’inizio della convivenza, ma le nozze servirono solo a dare risalto all’immoralità in cui la coppia era vissuta per tutto quel tempo.
Nelle pagine del presente romanzo, ricco di colpi di scena, che precorre il giallo e il poliziesco, l’autrice pone l’accento sul diverso trattamento che la legge e la collettività riservano ai ricchi rispetto ai poveri. Inoltre Mary Elizabeth Braddon compie una severa critica sociale nei confronti di quella società, che non offre una seconda opportunità a chi abbia commesso un errore nella propria vita.
"Nessuna reale speranza di reinserimento per questi veri e propri “reietti” della società", come sottolinea nell’Introduzione al romanzo Massimo Ferraris.
Henry Dunbar
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